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Palio.

(dal latino pallium: drappo). Nel Medioevo, drappo o stendardo riccamente dipinto o ricamato che veniva dato in premio al vincitore di competizioni tradizionali, soprattutto equestri, che si svolgevano in numerose città italiane (p. di Siena, di Asti, di Legnano, giostra del saracino ad Arezzo, gioco del calcio a Firenze, gioco del ponte a Pisa, p. marinaro a Livorno). ║ In seguito il termine indicò la gara stessa, con particolare riferimento a quella di Siena. Le competizioni venivano generalmente organizzate per celebrare avvenimenti di particolare importanza per la vita della città, oppure si svolgevano presso una città sconfitta in guerra, per schernirne la popolazione. Inizialmente, oltre alle gare equestri venivano disputate corse su bufali, poi abolite per la loro pericolosità. ║ P. di Siena: si disputa nella città toscana il 2 luglio (festa della Madonna di Provenzano, patrona della città) e il 16 agosto (giorno successivo alla festa dell'Assunta) di ogni anno. In circostanze particolari si può organizzare un terzo p. straordinario, come quello che si è corso nel settembre 1972 per celebrare il centenario del Monte dei Paschi di Siena. Probabilmente, il p. trae origine dalle gare che si svolgevano a Siena fin dal 1200, forse per rievocare la battaglia di Montaperti. Verso la metà del XV sec., quando sorsero le cosiddette contrade, associazioni popolari di carattere rionale con propri poteri giuridico-economici, si decise che la corsa doveva essere disputata dai rappresentanti di ogni contrada. Il pallium di seta dipinta con immagini relative alla vita cittadina venne dato in premio per la prima volta nel 1559. Nel 1656 si stabilì che la gara doveva svolgersi il 2 luglio nella Piazza del Campo e, nel 1701, che andava ripetuta il 16 agosto. A partire da quella data furono 17 le contrade partecipanti: Aquila, Bruco, Chiocciola, Civetta, Drago, Giraffa, Istrice, Leocorno, Lupa, Nicchio, Oca, Onda, Pantera, Selva, Tartuca, Torre, Valdimontone. Nel 1720 il numero venne limitato a 10, estratte per sorteggio. Dall'edizione successiva vennero sorteggiate tre fra le partecipanti al p. precedente, che si aggiunsero alle sette escluse l'anno prima. La corsa, brevissima e preceduta da una sfilata dei rappresentanti delle contrade con armi e bandiere, si svolge su tre giri della piazza, nella quale viene ricavata una pista delimitata da parapetti di legno e il cui fondo è costituito da tufo. Per ogni contrada partecipa un berbero, che il fantino monta senza sella ("a pelo") e senza staffe. Munito di un caschetto di metallo contro le cadute e di un nerbo di bue, il fantino può colpire anche il cavallo e il fantino avversari. La linea di partenza è costituita da una fune (canapo) che viene abbassata per ordine del mossiere, il quale aspetta che nove cavalli siano perfettamente allineati, mentre il decimo parte di rincorsa. Alla fine dei tre giri vince il cavallo che taglia per primo il traguardo, anche se il fantino è caduto. Nei giorni antecedenti il p. si svolgono gare di prova, per abituare i cavalli alle difficoltà della pista. Prima della corsa i cavalli vengono assegnati per sorteggio alle contrade e benedetti la sera della vigilia nella chiesa della contrada; infine si svolge il caratteristico corteo storico, nel quale sfilano personaggi in costume e si cimentano gli sbandieratori. Sfila anche il carro sul quale è issato il p. (chiamato cencio dai contradaioli). Al termine della gara iniziano le cerimonie di ringraziamento e i festeggiamenti, tra i quali il più caratteristico è la cena cui partecipa anche il cavallo vincitore. ║ P. di Asti: le sue origini risalgono al 1275, quando venne organizzato alle porte di Alba, per beffeggiarne la popolazione. Il regolamento del p. moderno fu redatto nel 1688 e rimase valido fino al 1861 per poi tornare, nel 1929, più simile alla versione originale.