Pubblicista e uomo politico inglese. Fu attivo nel periodo delle Rivoluzioni
americana e francese, e di entrambe si fece protagonista e sostenitore,
esprimendo riflessioni teoriche, nella sua battaglia per l'affermazione della
democrazia. Militante del radicalismo inglese, dietro sollecitazione di B.
Franklin si recò nel 1774 in America, a Filadelfia; qui divenne redattore
del "Pennsylvania Magazine", su cui scrisse i primi infuocati articoli
anti-inglesi. Contemporaneamente divulgò i suoi pamphlet, tra cui
Riflessioni sui nobili, suscitando le prime entusiastiche adesioni da
parte delle masse americane. Nel 1776 pubblicò
Senso comune,
pamphlet rivoluzionario per eccellenza, appassionato invito alle colonie
americane a combattere per l'indipendenza, nella convinzione che i diritti
dell'uomo non dipendono dalla legge o dal costume, ma affondano le proprie
radici nella stessa natura umana. Il testo riuscì a scuotere anche coloro
che ancora esitavano, inducendoli a prendere posizione in favore della guerra
contro l'Inghilterra.
P. era infatti riuscito a fare presa sui sentimenti
più profondi del popolo americano attraverso la proposta di creare una
società nuova e di darsi una forma istituzionale repubblicana. Egli,
inoltre, con parole ironiche e pungenti aveva messo in discussione la supposta
eccellenza della Costituzione inglese e il suo attaccamento alla Corona: "come i
re siano venuti nel mondo così superiori a tutto il resto
dell'umanità e diversi da tutti gli altri esseri umani, come una specie a
sé, è un problema che mette conto di studiare". Durante la guerra,
alla quale partecipò come volontario, continuò a incitare gli
Americani con una serie di scritti che raccolse poi in volume col titolo
La
crisi americana, sul ruolo internazionale degli Stati Uniti. Nel dopoguerra
fu nominato segretario del Comitato per gli Affari Esteri del Congresso, e in
tale veste combatté contro la corruzione e gli intrighi in cui erano
implicati alti funzionari. Nel 1787, ritornato in Inghilterra, pubblicò
Vedute sul Rubicone in cui criticò la politica del primo ministro
Pitt. Come gli altri leader del radicalismo inglese, accolse con entusiasmo la
Rivoluzione francese, considerandola l'avvenimento più importante
dell'epoca insieme con la Rivoluzione americana. Nel 1791, pubblicò
I
diritti dell'uomo, con cui si oppose alle tesi di E. Burke (sostenute nel
testo intitolato
Riflessioni sulla rivoluzione francese, 1790) e
attaccò il sistema oligarchico inglese e la Monarchia, che
dichiarò illegittima anche perché non sostenuta da una
Costituzione scritta. Messo sotto accusa nel 1792, riparò in Francia dove
l'Assemblea nazionale gli aveva conferito il titolo di "cittadino francese".
Eletto deputato alla Convenzione, appoggiò la politica dei girondini ed
entrò in contrasto con i giacobini perché contrario all'esecuzione
di Luigi XIV (fu sempre avverso alla pena di morte); venne arrestato. Rimasto in
carcere per quasi un anno, dopo la caduta di Robespierre ritornò alla
Convenzione rimanendovi sino al 1795. In carcere, tra il 1793 e il 1794 scrisse
L'età della ragione, testo fondamentale del Deismo settecentesco.
P. attaccò nel suo libro il lato superstizioso della religione e
l'ingerenza di questa nella politica, sostenendo la tesi di una moralità
basata sulla religione naturale. Nello stesso anno uscì il suo scritto
Diritto agrario, in cui erano esposti alcuni principi ispirati a un
moderato socialismo. Nel 1796 pubblicò un articolo contro G. Washington e
nel 1802, in seguito all'elezione a presidente di Thomas Jefferson, suo amico ed
estimatore, tornò in America. Ma la popolarità di un tempo si era
tramutata in avversione ed egli fu attaccato per le sue posizioni di pensatore
libertino: le sue proposte rimasero inascoltate, in un contesto politico ormai
profondamente mutato. Rimase a New York, in posizione di isolamento e di
povertà, fino alla morte, dopo la quale la sua salma fu esclusa dai
cimiteri consacrati (Thetford, Norfolk 1737 - New York 1809).