Dottrina, o anche solamente insieme di idee, che condanna la guerra come mezzo
per risolvere le controversie internazionali e considera la pace permanente fra
gli Stati come fine possibile dell'attività politica. ║ Di
conseguenza viene così definito anche il movimento che propaga questa
dottrina per ottenerne l'attuazione pratica. ║ Per estens. - Atteggiamento
di chi nutre una generica aspirazione alla pace; può essere usato
talvolta in senso dispregiativo, soprattutto dai fautori della guerra
(bellicisti o nazionalisti). • Encicl. - Nella sua accezione più
ampia il
p. trova precedenti nell'antichità classica (Senofonte,
Isocrate) e nelle concezioni religiose dei principali profeti biblici e dei
primi cristiani (irenismo evangelico), a cui si ispirano talune moderne sette
religiose protestanti, quali quaccheri e chiesa dei fratelli. A livello
politico, anticamente il concetto di pace aveva comunque un carattere più
impositivo, sia come
pax romana, in epoca augustea, sia come
pax
universalis, somma aspirazione politico-intellettuale durante il Medioevo:
in entrambi i casi si intendeva infatti una sorta di "pace nella sottomissione"
all'autorità di origine divina dell'imperatore. Con il superamento
dell'universalismo cristiano iniziato nel Rinascimento e proseguito nei secc.
XVI-XVIII, il
p. assunse importanza in relazione al problema
dell'equilibrio reciproco fra i vari Stati nazionali che si andavano formando in
quel periodo. Nel corso del Settecento illuminista andò gradualmente
determinandosi una divergenza fra teoria e prassi pacifista, fra la riflessione
dei filosofi e l'opera dei politici. In ambito filosofico spiccano le
riflessioni di Rousseau e di Kant sui fondamenti politici della pace, ovvero
libertà e uguaglianza garantite dalla forma di Stato repubblicana. Una
tappa importante della riflessione pacifista fu poi il commento dei saggi del
Federalist alla Costituzione degli Stati Uniti d'America (1787), nel
quale si indicava il disordine internazionale, conseguente alla divisione del
mondo in Stati nazionali, come la causa prima delle guerre. Il superamento di
questo disordine, attraverso forme di federalismo fra gli Stati, veniva ritenuto
la condizione indispensabile alla salvaguardia dei rapporti di pace nel mondo.
All'inizio del XIX sec. nel mondo anglosassone nacquero i primi movimenti
pacifisti propriamente detti: la New York Peace Society (1815), la Society for
the Promotion of Permanent and Universal Peace (nota come London Peace Society,
1816) e la American Peace Society (1828), tutte ispirate al liberismo come
fondamento di uno sviluppo pacifico delle relazioni fra gli Stati. Sempre di
questo indirizzo erano la svizzera Société de la Paix (1830) e la
francese Ligue Internationale de la Paix (1867), nel complesso movimenti elitari
e moderati, di carattere filantropico, ispirati al
p. giuridico, ossia
alla ricerca di ordinamenti internazionali capaci di impedire il ricorso alla
guerra. Sul finire del secolo il
p. entrò in una nuova fase di
sviluppo, adeguandosi alla maturazione dell'economia capitalista e delle
questioni nazionali e coloniali nel mondo. I movimenti socialisti e comunisti
andarono sviluppando diverse riflessioni, ispirate a Marx ed Engels, che si
espressero nella Prima e nella Seconda Internazionale, come movimenti di ferma
opposizione a quella che veniva considerata la guerra di sopraffazione
imperialista (opposizione condotta, per esempio, attraverso lo strumento dello
sciopero). Una tendenza pacifista trovò spazio anche all'interno del
movimento operaio, in relazione all'internazionalismo della dottrina socialista.
Contrari alla guerra, considerata espressione del principio di autorità,
furono anche i movimenti anarchici, sorti fra la fine del XIX sec. e l'inizio
del XX sec., mentre non si possono trascurare nei primi anni del Novecento i
movimenti pacifisti originati da diverse matrici culturali, in particolare il
gandhismo. Questo movimento, ispirato all'azione del Mahatma Gandhi, ebbe parte
rilevante nelle lotte per l'indipendenza dell'India dall'Inghilterra, condotta
secondo i principi di una resistenza non-violenta. All'esempio di Gandhi si
sarebbero successivamente ispirati altri movimenti di resistenza pacifica, come
quello contro l'apartheid in Sudafrica e quello contro la discriminazione dei
neri negli Stati Uniti guidato da Martin Luther King, entrambi negli anni
Sessanta. Nel primo dopoguerra i movimenti pacifisti ebbero nuovo impulso:
nacque l'International Fellowship for Reconciliation (IFOR, 1919), d'ispirazione
religiosa, e la War Resisters' International (WRI, 1921), di ispirazione
cristiana e socialista, sorta con l'intento di sostenere il diritto
all'obiezione di coscienza. Nel secondo dopoguerra il rischio legato alla
proliferazione delle armi atomiche e le tensioni della guerra fredda diedero
alla causa pacifista una diffusione rilevante. In Occidente, i gruppi pacifisti
erano legati soprattutto all'ideologia comunista, a causa dell'egemonia militare
degli Stati Uniti in questa parte del mondo; le varie campagne promosse con
l'appoggio di movimenti, intellettuali, sindacati si opponevano soprattutto
all'incremento delle risorse atomiche militari. Nel 1958 fu fondata in Gran
Bretagna la Campaign for Nuclear Disarmament (CND), nata per iniziativa del
filosofo B. Russel, del pacifista cristiano C. Collins e del laburista M. Foot;
la CND si opponeva ai test nucleari mediante manifestazioni e presidi presso le
basi militari, oltre che con manifestazioni come le famose marce di Pasqua, da
Aldermaston a Londra. Alla fine degli anni Sessanta la tematica pacifista
entrò a far parte dei programmi della nuova sinistra, dei movimenti
ecologisti e di quelli femministi. Sempre di questi anni sono le iniziative
contro l'invasione statunitense del Vietnam, le già citate campagne
contro il razzismo e a favore dei diritti civili condotte dal movimento di
Martin Luther King negli Stati Uniti, oltre alle manifestazioni d'opposizione
alla diffusione delle armi chimiche e nucleari attuate in Europa: tra queste, da
ricordare quelle contro la bomba al neutrone (Paesi Bassi, 1977) e contro
l'installazione dei missili nucleari Pershing e Cruise in tutti i Paesi della
NATO coinvolti (Belgio, Gran Bretagna, Germania Federale, Francia, Italia).
Protagonista della nuova fase del movimento pacifista fu l'European Nuclear
Disarmament (END), rete di associazioni sorta nel 1980 per iniziativa della
fondazione Bertrand Russel. Vennero coinvolte forze politiche, religiose,
sindacali e del mondo della cultura, e vennero organizzate molte iniziative a
sostegno del disarmo militare, culminanti, il 22 ottobre 1983, in una giornata
di protesta contemporanea in tutte le città europee, che coinvolse circa
cinque milioni di persone. Con l'attenuarsi del conflitto Est-Ovest, anche il
movimento subì un declino, pur restando vive le istanze per la riduzione
delle spese militari, la restrizione del commercio delle armi, la riconversione
dell'industria bellica. Negli ultimi anni il movimento pacifista si è
trovato a fronteggiare nuove questioni, conseguenti all'insorgere di conflitti
interetnici (guerra nella ex Jugoslavia, deportazione delle popolazioni curde),
agendo però talvolta in modo confuso e non unitario; tuttavia la strada
del coordinamento delle varie associazioni continua ad essere percorsa: nel 1990
è stata costituita la Helsinki Citizens' Assembly, ispirata alla carta
dei diritti umani stilata ad Helsinki nel 1975.