Fenomeno di diffusione tra due liquidi miscibili attraverso una membrana di
separazione. L'
o., scoperta da J.A. Nollet nel 1748, può essere
provocata da cause di natura termica (
termoosmosi), di natura elettrica
(
elettroosmosi), o dalla differenza di concentrazione fra due soluzioni
di uguali componenti e, al limite, fra soluto e solvente. Condizione essenziale
perché si manifesti un fenomeno di
o. è che la membrana sia
semipermeabile, cioè lasci passare il solvente ma non il soluto;
membrane di questo genere sono diffusissime in natura, e l'
o. è
uno dei fenomeni fondamentali connessi al funzionamento degli organismi viventi,
sia animali che vegetali. Le prime esperienze diffuse in materia furono condotte
nel 1877 da W.F.P. Pfeffer: egli osservò che le membrane di alcune
cellule vegetali sono dotate di comportamenti differenti nei confronti di
soluzioni diverse. In particolare, tali cellule, immerse in acqua distillata, si
rigonfiano fino a scoppiare; immerse in una soluzione molto concentrata,
raggrinziscono; immerse in soluzioni di concentrazione molare opportuna, dette
isotoniche, non raggrinziscono né si gonfiano; egli
osservò, inoltre, che soluzioni isotoniche di diversi solventi sono fra
loro
equimolecolari, cioè contengono lo stesso numero di moli di
soluto per litro di soluzione. Il fenomeno venne spiegato tramite il
comportamento della membrana cellulare: se la soluzione esterna è
più concentrata di quella interna alla cellula, si ha fuoruscita di acqua
da questa, che quindi raggrinzisce; se la soluzione esterna è più
diluita, si ha ingresso di acqua nella cellula, che si rigonfia; la soluzione
isotonica, infine, è quella con la stessa concentrazione molare della
soluzione interna alla cellula. L'efficienza delle membrane semipermeabili
è sempre limitata: esse, sia pure con estrema lentezza, lasciano in
realtà passare anche il soluto, per cui, in un tempo molto lungo, viene
raggiunto l'equilibrio delle concentrazioni; un'efficienza elevatissima è
mostrata, invece, dalle membrane delle cellule degli organismi viventi. ║
Pressione osmotica: pressione esercitata dal solvente, che tende a
passare nella soluzione a concentrazione maggiore, sulla membrana
semipermeabile. Questa grandezza, usualmente indicata con il simbolo π,
può essere anche interpretata come la pressione che è necessario
esercitare sulla soluzione più concentrata per impedire l'afflusso ad
essa di solvente, attraverso la membrana. Dalle esperienze condotte da Pfeffer e
da altri scienziati, si ricavarono le prime leggi della
o.; innanzitutto,
si osservò che vale, per la pressione osmotica, una legge simile a quella
di Boyle per i gas, a temperatura costante:
π
/C =
costante
ove C è la concentrazione di soluto in moli/litro,
cioè è l'inverso di un volume. Inoltre, si ottenne una legge di
dipendenza della pressione osmotica dalla temperatura uguale a quella di
Gay-Lussac per la pressione dei gas. Basandosi su un completo parallelismo fra
gas perfetti e soluzioni pure, J.H. van't Hoff enunciò, nel 1885, la
legge che governa il comportamento osmotico delle soluzioni:
la pressione
osmotica che si esercita in una soluzione è uguale a quella che subirebbe
un gas contenente un numero di molecole uguale a quelle di soluto e che occupi
un volume pari a quello della soluzione. Pertanto, una soluzione che
contenga
n moli di soluto sciolte in un volume V avrà una
pressione osmotica π data dalla legge
π
V =
n
RTove
T è la temperatura assoluta e
R la
costante dei gas. Questa legge è perfettamente identica, almeno
formalmente, alla legge
PV =
nRT dei gas, in cui
P è
la pressione,
V il volume ed
n il numero di moli del gas; in
entrambi i casi, la costante
R ha il valore di 1,986 calorie, o 84,787
g·cm, o ancora 0,00821 l·atm. Poiché la concentrazione
C
è definita come il rapporto fra il numero di moli del soluto e il volume
della soluzione (
C =
n/V), la legge di van't Hoff può
essere scritta anche nel modo seguente:
π =
C·
RTNel caso in cui la membrana semipermeabile
separi due soluzioni, e non solvente puro da soluto, la concentrazione
C
da considerare è la differenza fra le concentrazioni dello stesso soluto
nelle due diverse soluzioni. Basandosi sull'analogia proposta da van't Hoff, si
può dare una spiegazione qualitativa dell'
o. Si consideri un
recipiente diviso in due parti, A e B, da una membrana porosa semipermeabile S;
in A poniamo il solo solvente, in B una soluzione avente concentrazione
C, fino a raggiungere lo stesso livello. Il soluto presente in B,
interpretato come un gas, invade tutto lo spazio occupato dal liquido in B; come
tutti i gas, esso ha tendenza ad espandersi, ma è bloccato dal setto S.
Tale setto, tuttavia, consente il passaggio del solvente da A in B: ne segue che
il volume del liquido in B aumenta, pertanto il soluto, sempre paragonato ad un
gas, può espandersi. Il travaso di solvente da A in B provoca,
contemporaneamente, un dislivello di liquido tra le due vasche, e quindi una
pressione idrostatica sul setto S, che tende a far fluire il solvente da B ad A.
Il processo continua fino a che i due effetti si compensano: allora, la
quantità di solvente che attraversa la membrana in un senso è
uguale a quella che la attraversa nel senso opposto, ovvero non si ha più
passaggio netto di solvente. In definitiva, tutto avviene come se il soluto-gas,
nella sua espansione, creasse una pressione crescente, che contrasta la sua
ulteriore espansione. ║
Potenziali termodinamici: una spiegazione
più rigorosa dell'
o. può essere espressa in termini di
potenziale termodinamico delle specie interessate; ci limitiamo qui a darne un
breve cenno. Consideriamo ancora un recipiente diviso in due parti A e B dal
setto semipermeabile S; in B si abbia una soluzione di solvente M con soluto N.
Come è noto, il passaggio di una specie fra una fase e l'altra è
legata al potenziale termodinamico di queste ultime, e non avviene se non in
presenza di differenza di potenziale; si può dimostrare, inoltre, che in
B il potenziale termodinamico del solvente M è inferiore che in A, a
causa della presenza di soluto N, e che esso è tanto più basso
quanto più è elevata la concentrazione di N. Pertanto, per
impedire il passaggio di solvente M da A a B è necessario aumentare il
potenziale termodinamico di B, ad esempio sottoponendolo ad una certa pressione
P superiore a quella che agisce su A (che supponiamo nulla per convenzione): per
definizione, P non è altro che la pressione osmotica π. In
realtà, i valori che si trovano sperimentalmente sono leggermente diversi
da quelli previsti da van't Hoff, in quanto ciò che interessa è
l'attività del soluto N nella soluzione, ovvero la concentrazione C,
corretta con un fattore che tiene conto delle mutue interazioni fra le specie
presenti nella soluzione. Il calcolo termodinamico e l'esperienza mostrano che
per una concentrazione molare di una sostanza (cioè una mole di soluto
per litro di soluzione) la pressione osmotica (rispetto al soluto puro) è
di 22,4 atm circa; valori proporzionali si ottengono con soluzioni meno
concentrate, mentre per quelle più concentrate occorre tener conto che
l'attività del soluto può essere discosta anche sensibilmente
dalla sua concentrazione. ║
Peso molecolare: il fenomeno
dell'
o. può essere sfruttato per misure di peso molecolare. Si
abbia, infatti, un soluto N di cui si ignora il peso molecolare, e lo si usi per
fare un'esperienza di
o., sciogliendone una quantità pesata:
poiché la pressione osmotica è proporzionale al numero di moli,
con un semplice rapporto si ottiene il peso molecolare di N. È da
osservare che tale metodo non è applicabile alle sostanze che nella
soluzione subiscono modificazioni molecolari: in caso di dissociazione, ad
esempio, la pressione osmotica aumenta, proprio come accadrebbe alla pressione
di un gas. Nel fenomeno osmotico, infatti, interessa solo il numero di
particelle di soluto presente nella soluzione (le concentrazioni sono espresse
in moli, e una mole contiene sempre lo stesso numero A di particelle,
indipendentemente dalla sostanza); nel caso di una reazione di dissociazione, da
ogni molecola di soluto si generano in soluzione
n particelle, e
l'effetto osmotico osservato è pari a quello che ci si aspetta con una
concentrazione
n volte superiore di soluto. ║
Azione
biologica: l'
o. è un fenomeno fondamentale negli organismi
viventi, nei quali le membrane che circondano tutte le cellule si comportano
come membrane semipermeabili. La loro azione, tuttavia, è molto
più efficace di quelle preparate artificialmente, poiché non solo
sono permeabili al solvente (che per gli organismi viventi è sempre
acqua) e semipermeabili a certi soluti, ma sono anche del tutto impermeabili ad
altri soluti inutili o dannosi alla vita degli organismi: si tratta, quindi, di
membrane semipermeabili e selettive, la cui permeabilità può
essere variata per assecondare particolari condizioni ambientali o per effetto
di determinati stimoli. L'
o. viene utilizzata dagli organismi per il
trasporto interno fra cellule e fluidi circolanti (linfa, sangue, ecc.), sia per
assumere da questi le sostanze nutritive, sia per cedere ad essi i prodotti di
rifiuto; anche il trasporto macroscopico all'interno delle piante appare
connesso a fenomeni di
o. Le estese ricerche condotte sulle cellule
animali hanno portato a una certa conoscenza del loro processo osmotico. Le
membrane cellulari mostrano un'elevata permeabilità al sodio e al
potassio, che, tuttavia, non sono assorbiti o emessi liberamente: attraverso un
meccanismo non ben noto, gli ioni sodio vengono continuamente espulsi
dall'interno verso l'esterno delle cellule, provocando un richiamo di ioni
potassio verso l'interno. L'effetto appena descritto, detto
pompa sodica,
può essere talvolta invertito, ad esempio a causa di un'improvvisa
alterazione della membrana, che diventa altamente permeabile al sodio;
ciò provoca una brusca alterazione del potenziale elettrico esistente a
cavallo della membrana, che si propaga in un tempo molto breve. La
modificazione, comunque, ha carattere temporaneo, e in pochi millisecondi la
pompa sodica ritorna in funzione, ripristinando lo stato originale. ║
O. inversa: fenomeno inverso all'
o., detto anche
iperfiltrazione. Tale processo si basa sul fatto che, applicando a una
membrana semipermeabile che separa due soluzioni saline di diversa
concentrazione una pressione opposta e maggiore, in modulo, a quella osmotica,
il flusso del solvente si inverte. L'
o. inversa appare uno dei più
promettenti processi di dissalamento delle acque salmastre e può trovare
applicazione anche nel trattamento delle acque di scarico urbane (separazione di
sostanze organiche, di nitrati, di fosfati, di tensioattivi non biodegradabili)
e industriali.