Complesso delle azioni organizzate degli operai e del proletariato in genere
nella società capitalistica. ● Encicl. - La nascita e lo sviluppo
del
m.o. e sindacale europeo avvenne nell'ambito della Rivoluzione
industriale, iniziata in Inghilterra verso la fine del XVIII sec. ed estesa poi
in tutta Europa. Il periodo compreso tra il 1815 e il 1914 vide infatti l'intera
Europa passare da un'economia essenzialmente agricola, in cui la grande
maggioranza della popolazione viveva in piccoli villaggi isolati, a un'economia
industriale e a un regime di produzione capitalistico, con il conseguente
formarsi di una nuova classe di salariati concentrata nei grandi centri urbani.
Nell'arco di alcuni decenni si ebbe il più intenso e radicale processo di
trasformazione delle basi economiche, sociali e politiche mai sino allora
avvenuto. Il primo embrione di
m.o. si costituì in Inghilterra a
partire dal 1792, anno di costituzione della prima
corresponding society,
fortemente influenzata dai principi e dagli avvenimenti della Rivoluzione
francese. L'emanazione dei
Combination acts (1799-1800), che negavano
alle
corresponding societies il diritto di esistere, provocò una
lunga fase di grandi lotte di massa. Tra il 1811 e il 1816 si concentrò
anche l'azione violenta del
luddismo, movimento ostile all'introduzione
delle nuove macchine (in particolare nell'industria tessile e nelle miniere),
ritenute causa di disoccupazione e bassi salari. Le leggi contro
l'associazionismo sindacale vennero abrogate in Inghilterra nel 1824 e
sostituite con disposizioni che consentivano alle organizzazioni operaie di
uscire dalla clandestinità. In un contesto politico-legislativo ancora
molto arretrato com'era quello dell'Europa, la stessa classe borghese
rappresentava un elemento di rottura e le forze del vecchio conservatorismo, che
ancora dominavano la vita politica, si trovarono a dover fronteggiare quasi
contemporaneamente le pressioni della borghesia e del proletariato. Nel 1830
scoppiarono rivoluzioni liberali in tutta Europa con l'obiettivo di adeguare le
strutture politiche alle nuove condizioni economiche, istituendo più
stretti rapporti tra governo e società civile. La battaglia per i diritti
democratici venne combattuta con particolare decisione in Gran Bretagna dal
movimento cartista, nato dal malcontento popolare per il
Reform Act del
1832, nonché dal fallimento dei primi esperimenti di rivendicazione
sindacale e dall'opposizione al mondo imprenditoriale. Il cartismo prese il nome
dalla People's Charter (Carta del popolo), redatta nel 1838 da W. Lovett e F.
Place per esporre il programma politico del movimento, che all'inizio fu
espressione della piccola borghesia artigiana londinese; ben presto però
il nucleo più attivo dei suoi seguaci si spostò tra le popolazioni
industriali dell'Inghilterra settentrionale. L'azione rivendicativa
culminò con la presentazione al Parlamento di una petizione firmata da
oltre un milione di persone. Nel luglio 1839 essa venne respinta dalla Camera
dei Comuni; ne seguirono scioperi e tumulti che, tuttavia, non assunsero le
dimensioni di un vero e proprio moto rivoluzionario. Nuove petizioni vennero
presentate nel 1842 e nel 1848, ma anch'esse furono respinte dal Parlamento. In
seguito, pochi settori della classe operaia inglese rimasero fedeli al cartismo,
presto diviso da divergenze sui contenuti e sulle iniziative, e l'azione si
spostò su basi di rivendicazione sindacale. Contemporaneamente al
movimento cartista erano andate diffondendosi idee socialiste, soprattutto
grazie all'attività e agli scritti di R. Owen, la cui influenza fu
determinante per il costituirsi delle due successive più importanti forme
di organizzazione operaia, il sindacalismo e il cooperativismo. Dal 1842 il
m.o. produsse mobilitazioni e scioperi di massa che prepararono il
terreno sociale e culturale all'approvazione, nel 1847, della legge che fissava
la giornata lavorativa a dieci ore. Allo scoppio della grande rivoluzione
sociale europea del 1848, il
m.o. inglese aveva elaborato i principali
obiettivi e strumenti di lotta per tutto il
m.o. europeo, rimasti
costanti durante l'intera fase storica del capitalismo industriale: l'astensione
collettiva dal lavoro (sciopero) sia come mezzo di pressione sul padronato e
sullo Stato sia come momento di coesione e di identità dei lavoratori; le
rivendicazioni economiche (dal salario all'orario) e la richiesta di diritti
collettivi e contrattati nell'ambito del rapporto di lavoro; la costituzione di
strutture organizzate di rappresentanza per stabilizzare le conquiste economiche
e normative e per esercitare un controllo sul mercato del lavoro. In Francia il
m.o. si andò sviluppando sull'onda degli sconvolgimenti
rivoluzionari con una forte connotazione democratico-radicale. I primi anni del
Regno di Luigi Filippo furono segnati da numerose sommosse, scioperi e
dimostrazioni. Un durissimo colpo al
m.o. francese venne inferto nel 1831
in seguito a un'agitazione scoppiata a Lione, capitale della seta, che il
Governo soffocò con la forza. Le organizzazioni dei lavoratori furono
dichiarate illegali e questo portò i capi del
m.o. francese ad
aderire alle società segrete repubblicane. La cospirazione politica
produsse un tentativo insurrezionale (12 maggio 1839), il cui fallimento,
insieme all'aggravarsi della situazione economica nel corso degli anni Quaranta,
stimolò la riflessione dei socialisti utopisti (C. Fourier, P.-J.
Proudhon, H. de Saint-Simon). La loro opera ispirò la partecipazione
attiva del
m.o. francese alla rivoluzione del 1848, nel corso della quale
vennero rivendicati il diritto al lavoro e quello all'organizzazione; ma la
sconfitta della rivoluzione portò il
m.o. e sindacale francese a
una crisi che la restaurazione monarchica contribuì ad aggravare. Il
m.o. tedesco si ispirò ai contenuti e alla prassi dei più
maturi movimenti inglese e francese; un gruppo di esiliati tedeschi fondò
a Parigi, poco dopo il 1830, la
Lega dei Giusti, un'associazione legata
al movimento di Buonarroti e degli altri discepoli di Babeuf. Ad essa
aderì, tra gli altri, W. Weitling, che nel 1842, con la pubblicazione del
libro
Garanzie dell'armonia e della libertà si affermò come
il leader del
m.o. tedesco. Nel 1847 Marx entrò a far parte della
Lega dei Giusti, ribattezzata
Lega dei Comunisti, e alcuni mesi
più tardi, insieme con Engels, elaborò per essa il
Manifesto, pubblicato a Londra nel 1848 e destinato a diventare uno dei
più importanti documenti della storia moderna. Con esso il Socialismo
utopistico veniva sostituito da una concezione "scientifica" della lotta di
classe e della rivoluzione, destinata a diventare nel giro di un secolo la
dottrina politica ufficiale di circa la metà della popolazione mondiale.
Dopo le rivoluzioni e controrivoluzioni del 1848, il
m.o. europeo
entrò in una nuova fase. Nei paesi industriali più progrediti il
Socialismo riuscì a mettere radici nel proletariato industriale,
favorendo l'allargamento dell'organizzazione e della cultura del
m.o. a
livello sovranazionale. I tempi erano maturi per la nascita
dell'
Internazionale delle associazioni operaie (
Prima
Internazionale, Londra, 1864), che ebbe tra i fondatori Marx e nella quale
confluirono, accanto ai sindacati inglesi e ai movimenti francese e tedesco, le
associazioni di ispirazione anarchica provenienti da Paesi a economia ancora
prevalentemente agricola come l'Italia e la Spagna. Nel 1872, però, essa
si scisse in due parti in seguito all'accentuarsi dei dissensi tra anarchici e
marxisti e fu sciolta nel 1876. Nel frattempo, si era verificato il fallimento
della
Comune di Parigi (1871). L'espansione economica seguita al 1871 e
l'allargamento del diritto di voto favorirono la riorganizzazione delle
società operaie. In quegli anni i sindacati furono riconosciuti
legalmente in Inghilterra (1871), Francia (1884), Germania (1890) e via via
negli altri Paesi. La Gran Bretagna precedette gli altri Paesi nello sviluppo
delle associazioni sindacali
Trade Unions, che sin dal 1868 si
coordinarono nel Trade Unions Congress: nel 1886 gli operai inglesi organizzati
erano 1.250.000 contro i 300.000 tedeschi e i 50.000 francesi. Tra il 1886 e il
1898 si ebbe un periodo di relativa prosperità economica dopo la
depressione del quadriennio precedente. A partire dagli anni Ottanta la
formazione dei partiti proletari e socialisti in Europa si rafforzò, nel
segno dell'internazionalizzazione delle esperienze della lotta di classe e del
dibattito politico; la conseguenza fu la fondazione della
Seconda
Internazionale (Parigi, 1889). Questo periodo fu caratterizzato da una serie
di lunghi e violenti scioperi. L'ingresso nei sindacati delle masse operaie meno
qualificate, sinora marginalmente coinvolte nella sindacalizzazione,
modificò sotto vari aspetti la fisionomia del
m.o. In Gran
Bretagna si costituirono le
General labour unions (1889), che
raccoglievano tutte le categorie e i tipi di lavoratori. Questo passaggio
dell'associazionismo sindacale a base ristretta alla grande confederazione
generale avrebbe segnato lo sviluppo del sindacalismo inglese del Novecento. Dal
sindacalismo nacque l'esigenza di una presenza politica autonoma dalle altre
formazioni liberali che si concretizzò nel 1906 con la nascita del
Partito laburista. Pur introducendo l'idea di unità della classe
lavoratrice, esso si caratterizzò immediatamente per il suo scarso
dottrinarismo e per un'azione riformatrice che gli consentì di attrarre
un numero crescente di adesioni. Inoltre il
m.o. inglese esercitò
una fortissima azione di tutela legislativa: in particolare, citiamo le leggi
varate tra il 1897 e il 1920 sul sistema pensionistico (
Pensionism act,
1908) e sull'assicurazione contro la disoccupazione (
Unemployment insurance
act del 1912, ulteriormente esteso nel 1920). L'esigenza di costituire
federazioni nazionali unitarie si estese presto alla Francia, dove i sindacati
si unirono nel 1895, dando vita alla
Confédération
Générale du Travail (CGT), al cui interno sarebbero maturate
le tendenze del sindacalismo rivoluzionario teorizzate da G. Sorel e tradotte in
progetto politico-sindacale nel 1906 nel Congresso di Amines. Dall'unificazione
dei sindacati italiani nel 1906 si costituì la
Confederazione generale
italiana del lavoro (CGIL), ispirata al Socialismo riformista, da cui
rimasero fuori frange sindacali di orientamento laico non socialista e i
sindacati cattolici. A loro volta i lavoratori cattolici, che erano stati
incoraggiati dalla cauta apertura alle questioni sociali da parte della Chiesa
(in particolare, l'enciclica
Rerum novarum di Leone XIII, 1891) a
costituire sindacati autonomi per ostacolare la formazione di un movimento
troppo forte, diedero vita nel 1919 alla
Confederazione italiana del
lavoro. Analoghe divisioni conservò il
m.o. tedesco, per
quanto il sindacato di orientamento socialista risultasse nettamente prevalente,
con oltre due milioni e mezzo di iscritti nel 1913, contro i poco più di
300.000 dei sindacati cristiani e i 100.000 dei liberali. La maggior parte degli
altri Paesi europei non si discostò da queste linee di tendenza generale.
Per altri versi, grande rilevanza ebbe il
m.o. russo, tra i primi a
subire una decisa influenza marxista che portò alla costituzione
clandestina del Partito operaio socialdemocratico russo (1898). In seguito agli
avvenimenti rivoluzionari del 1905, nella Russia zarista fu consentito
l'associazionismo operaio, ma non fu concesso il diritto di sciopero; ciò
non impedì il verificarsi, negli anni seguenti, di numerosi scioperi. Lo
sviluppo sindacale coincise in tutta Europa con l'ascesa dei movimenti politici
della classe operaia che non mancarono di utilizzare l'organizzazione sindacale
per appoggiare e rafforzare l'attività politica. Molto dibattuto e
controverso era il problema se circoscrivere l'attività sindacale a un
ambito puramente economico o intraprendere invece una più vasta azione
politica. A questo problema si agganciava il dilemma tra riforma e rivoluzione.
In Germania il primo Partito socialista venne fondato nel 1863 da F. Lassalle
(
Associazione generale degli operai tedeschi). Si trattava di un
movimento politico essenzialmente elettorale in contrasto col Partito marxista
fondato da W. Liebnecht e A. Bebel. Nel 1875 i due gruppi si fusero, dando vita
al
Partito socialdemocratico tedesco (congresso di Gotha) che, negli anni
seguenti, si affermò come il maggiore partito socialista europeo. Dopo
l'abolizione del divieto di coalizione (1869) prese le mosse l'imponente
espansione del
m.o., che con la grande agitazione dei minatori (1889)
travolse le limitazioni alla libertà di organizzazione poste dal Governo
di Bismarck con le leggi antisocialiste (1878). Nel 1891 al Congresso
socialdemocratico di Erfurt furono stabiliti come capisaldi del movimento
l'azione legale e l'utilizzo dello sciopero come strumento delle lotta di
classe. In Francia, il primo partito marxista venne fondato nel 1880 da J.
Guesde, ma la presenza di un vasto elettorato incoraggiò lo sviluppo di
un Socialismo meno dottrinario, di orientamento riformista. Nel panorama
generale del
m.o. europeo cominciarono a precisarsi due linee di tendenza
che portarono a una netta distinzione tra quei partiti socialisti che sin dalle
prime fasi del loro sviluppo erano venuti a patti con le istituzioni del sistema
parlamentare e che avevano i loro punti di forza nell'organizzazione sindacale e
nei movimenti cooperativi, e quelli di ispirazione anarchica e marxista che si
proponevano la rottura rivoluzionaria dell'ordinamento borghese. Il primo
decennio del XX sec. fu caratterizzato in tutta Europa da agitazioni operaie e
da conflitti tra lavoro organizzato, capitale e Stato borghese. Allo scoppio
della prima guerra mondiale, l'internazionalismo che caratterizzava il
m.o., che in Europa organizzava ormai buona parte dei lavoratori e aveva
quasi ovunque consistenti rappresentanze politiche, arretrò di fronte al
prevalente spirito nazionalista; gli anni successivi alla guerra videro la
ripresa delle lotte di massa e la riproposizione del problema del rapporto della
classe operaia con la classe borghese e l'autorità politica.
L'instaurarsi del Fascismo in Italia e del Nazismo in Germania portò alla
soppressione delle organizzazioni operaie e sindacali precedenti, sostituite da
strutture statali asservite al regime, che soffocarono ogni iniziativa
rivendicativa e di partecipazione popolare. Nei regimi liberali e democratici i
sindacati e i partiti operai tesero a stabilire con lo Stato un rapporto basato
sul confronto aperto a intese strategiche, senza escludere però momenti
di scontro aspro. Negli anni Venti il Governo conservatore britannico, a seguito
dello sciopero generale dei minatori del 1926, varò misure limitative
delle libertà e dei poteri del sindacato (nel 1927 fu proclamato illegale
ogni sciopero non corporativo). Solo durante la seconda guerra mondiale, in
cambio dell'appoggio del
m.o. e del sindacato alla sua azione politica,
il Governo conservatore di Churchill diede inizio a un programma di riforme
sociali che, a guerra finita, assegnò al lavoro quei diritti civili e
quelle conquiste economiche che si sarebbero protratti fino alla grande crisi
degli anni Settanta e alla svolta conservatrice del primo ministro M. Thatcher.
In Francia il
m.o. e sindacale rimase sotto la guida della CGT fino alla
scissione del 1921 e alla nascita della
CGTU
(
Confédération Générale du Travail Unitaire),
di forte orientamento comunista. Riunificatasi tra il 1925 e il 1928, la CGT
apparve tuttavia trasformata nella sua composizione socio-professionale con il
prevalere dei lavoratori pubblici e dei servizi, il che orientò il
movimento sindacale verso una funzione rappresentativa e di tutela dei salari,
dell'occupazione, delle conquiste legislative. Dopo la guerra, dalla
ricostituita CGT nacque per scissione la
CFDT
(
Confédération Française Démocratique du
Travail), svincolata dalle rigide posizioni ideologiche che caratterizzavano
il nucleo storico del movimento e più in sintonia con i mutamenti sociali
che si sarebbero manifestati nelle lotte della fine degli anni Sessanta. Nella
Germania federale del dopoguerra il sindacato (
Deutscher
Gewerkschaftsbund, 1949) costituì uno dei fattori decisivi della
ricostruzione economica e politica del Paese. A ciò contribuirono il
carattere unitario del movimento, dove confluirono lavoratori di ispirazione
cristiana, socialista, liberale e comunista, una forte politica sociale e
assistenziale pubblica, un sistema di partecipazione dei lavoratori e del
sindacato alla vita dell'azienda. Nei Paesi socialisti la funzione di
rappresentanza sindacale fu demandata a un'organizzazione ricalcata sul modello
dell'Unione Sovietica, che includesse ogni categoria e ogni qualifica
professionale, con autonomia e potere contrattuale scarsi e, in genere, con il
riconoscimento statutario della subordinazione al partito. Quando, nel corso
degli anni Ottanta, il modello economico del Socialismo reale entrò
definitivamente in crisi, nuove formazioni del
m.o. entrarono in
conflitto con i poteri costituiti, contribuendo (è il caso della Polonia)
in modo rilevante al crollo dei regimi comunisti. Infine, in conseguenza dei
mutamenti politici, economici e di organizzazione del lavoro, nei Paesi
sviluppati l'espressione
m.o. e sindacale si è venuta estendendo
ad altri comparti del lavoro dipendente (dagli impiegati privati ai pubblici
dipendenti, ai lavoratori del commercio e dei servizi), allargando la
rappresentanza sindacale all'intero universo del lavoro salariato e stipendiato.
Fuori dall'Europa la formazione di un
m.o. e sindacale si ebbe negli
Stati Uniti e, marginalmente in quei Paesi latino-americani interessati,
più che da una vera e propria industrializzazione, da un processo di
rapida urbanizzazione. Nonostante la presenza tra gli immigrati di elementi
socialisti fortemente politicizzati, il
m.o. nord-americano si
sviluppò nel XIX sec. su basi essenzialmente sindacali e i socialisti non
ebbero alcuna possibilità di stabilire sui sindacati un efficace
controllo. Nel 1881 nacque l'
American Federation of Labour, organismo per
la stipula dei contratti e la difesa delle condizioni di vita più che
strumento di lotta; da questa si separarono i minatori per costituire
l'
American Labour Union of the West, socialista, primo nucleo degli
Industrial Workers of the World, costituito nel 1905, organizzazione
rivoluzionaria che si allargò ai non qualificati, i neri, gli immigrati e
subì una durissima repressione durante la prima guerra mondiale. Per
quanto la storia del
m.o. americano sia disseminata da violenti scontri,
essa rimase fine a se stessa, poiché il conflitto fondamentale si
svolgeva tra operai e datori di lavoro e non tra classe lavoratrice e Stato
capitalista, e ciò non consentì di costituire organizzazioni
politiche stabili. Il Socialismo americano, dopo aver conseguito buoni risultati
nel primo decennio del Novecento, decadde, non essendo riuscito a ottenere
l'appoggio del
m.o. organizzato. L'Australia, come la Nuova Zelanda, pur
presentando una struttura sociale completamente diversa, dagli ultimi decenni
dell'Ottocento ebbe attivi
m.o., sviluppatisi su basi sindacali. In
Nazioni come il Sudafrica non si costituì nessun
m.o. prima
dell'inizio del Novecento, ma poi esso ebbe un rapido sviluppo. L'organizzazione
toccò dapprima gli operai di origine inglese, ma dopo il 1914 il
sindacato andò perdendo il suo carattere prevalentemente britannico per
acquistare una spiccata impronta razziale, poiché divenne il movimento
degli operai bianchi che aspiravano a mantenere per sé livelli salariali
e condizioni di privilegio, impedendo ai datori di lavoro di spostare il
rapporto in favore degli operai di colore. Quanto a questi, cominciarono ad
organizzarsi separatamente dai bianchi, con la fondazione dell'
Unione dei
lavoratori nel 1919. Data l'arretratezza del loro contesto
economico-sociale, i Paesi dell'America latina parteciparono in misura assai
modesta allo sviluppo del
m.o. Solo Argentina e Uruguay furono
rappresentati nella Seconda Internazionale. Il primo partito socialista
latino-americano si costituì in Cile nel 1887, favorito dalla concessione
del voto a tutta la popolazione maschile alfabetizzata. Ma il Paese dell'America
Latina in cui nel primo decennio del Novecento si verificarono gli sviluppi
più importanti fu il Messico dove, sino allora, pressoché assente
era stata l'attività del
m.o. Gli eventi rivoluzionari dell'inizio
del secolo consentirono al Messico di sviluppare il più grande
m.o. dell'America Latina e di avviare nel 1934, sotto la presidenza di L.
Cardenas, una politica di riforme democratiche, differenziandosi da tutti gli
altri Paesi latino-americani. In Africa e in Asia non si ebbero organizzazioni
sindacali, tranne che in Giappone, avviato sulla via dello sviluppo industriale,
dove il primo sindacato fu costituito nel 1897. Ciò che i sindacati
riuscirono ad organizzare fu però cancellato nel 1911 quando la
maggioranza dei dirigenti furono arrestati e, in gran parte, condannati a morte.
In Cina, la rivoluzione del 1911-12 non si connotò come rivoluzione
operaia e socialista, giacché a quel tempo il Socialismo era ancora
considerato una dottrina occidentale. Lo stesso Partito comunista cinese nacque
nel 1921 su basi estremamente ristrette e per iniziativa non di operai, ma di un
gruppo di intellettuali legati all'università di Pechino.