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Onnipotenza.

(dal latino omnipotens: onnipotente, che può tutto). Nel linguaggio teologico e filosofico, uno degli attributi essenziali della divinità, ovvero la capacità di Dio di fare tutto ciò che non implica contraddizione in sé o rispetto agli altri attributi divini. ║ Per estens. - Potere che non conosce limiti. ● Encicl. - L'idea teologica di o. trae origine dalla Bibbia: nell'Antico Testamento Dio è rappresentato come più potente rispetto agli altri dei e unico padrone del tempo e delle cose; nel Nuovo Testamento l'infinita potenza di Dio Padre si esplica nella sua azione salvifica, mentre l'o. di Gesù si manifesta attraverso i miracoli. Nella teologia ebraico-cristiana il termine o. indica la perfetta potenza creatrice di Dio, fornendogli insieme il carattere di infinità, proprio di ogni attributo divino. L'Islam ha ereditato da questa tradizione il concetto di o. che fa parte dei 99 attributi di Dio. Per la filosofia scolastica l'o. deve considerarsi limitata alle cose possibili ad essere, dato che ciò che è impossibile ad essere è impossibile a farsi. Quello dell'o. di Dio fu un tema molto dibattuto dai filosofi medioevali. Per San Tommaso l'o. è uno degli attributi di Dio razionalmente dimostrabile. Secondo Duns Scoto, invece, è un attributo non dimostrabile, in quanto essa rappresenta un intervento diretto di Dio nel mondo. Infine Occam, distinguendo tra o. divina in se stessa e o. divina in rapporto alle leggi del creato, aprì la strada alla separazione tra riflessione teologica e indagine scientifica. Dalla Scolastica è derivata la formulazione secondo cui l'o. si manifesta anzitutto nella creazione, quindi nella conservazione di tutte le cose nel loro essere, affinché non scompaiano nuovamente nel nulla da cui furono tratte e, infine, in quegli interventi eccezionali (miracoli) che trascendono l'ordine delle forze e delle leggi naturali. ● Psicol. - O. del pensiero: tale espressione, introdotta da S. Freud, indica la convinzione che i pensieri equivalgano all'atto e possano, quindi, avere la forza di apportare mutamenti al mondo esterno, ossia di realizzare ciò che si è pensato. L'idea che i pensieri e i desideri possano influenzare i processi esterni è una conseguenza della fede nella magia, nell'imperfetta distinzione tra immagini mentali e realtà, propria dei primitivi, dei bambini e di alcune forme di nevrosi e psicosi. Sulla base dell'esperienza tratta dall'indagine psicanalitica infantile, è stata formulata l'ipotesi che tutti i bambini, durante la prima infanzia, credano nell'o. del pensiero nella sua accezione ambivalente: positiva, quando è avvertita come illimitato potere creativo; negativa, quando invece è avvertita come illimitato potere distruttivo. Solo grazie alla loro esperienza di frustrazione i bambini imparano poi ad adeguarsi alla realtà. La credenza nell'o. del pensiero sarebbe alla base anche delle pratiche religiose e della nevrosi ossessiva. In entrambi i casi, l'o. permetterebbe il controllo dell'oggetto esterno oppure interno: i rituali religiosi altro non sarebbero che tentativi per cercare di controllare, in qualche modo, l'o. di Dio; mentre quelli della nevrosi ossessiva sarebbero meccanismi per controllare l'o. del soggetto stesso.