Riformatore italiano. Entrato giovanissimo tra i minori osservanti, assunse il
nome di
O. dalla contrada dell'Oca, in cui era nato. Conseguito il titolo
di maestro di Medicina a Perugia verso il 1510, si dedicò con crescente
interesse agli studi di teologia e filosofia. Passato, quindi, tra i Cappuccini
(1534), ne fu vicario generale dal 1538 al 1542. Durante questo periodo
viaggiò attraverso l'Italia, incontrandosi a Napoli con Juan de
Valdés e Pietro Martire Vermigli. Tali contatti, oltre alla sua assidua
meditazione sul problema della giustificazione, lo avvicinarono al
Protestantesimo. Pur non attaccando direttamente i dogmi della Chiesa,
cercò di diffondere anche in Italia alcune tesi proprie della Riforma.
Chiamato a Roma da papa Paolo II, per fornire chiarimenti sulla sua ortodossia,
dopo qualche esitazione, preferì fuggire a Ginevra (1542). Nominato
pastore della comunità italiana di Ginevra, qualche tempo dopo
sposò una lucchese, anch'essa costretta ad espatriare per motivi
religiosi e, nel 1547, dopo aver soggiornato a Basilea e ad Augusta, si
recò a Londra, dove rimase fino al 1553. Costretto a lasciare il Paese
dopo l'ascesa al trono della cattolica Maria Tudor,
O. si rifugiò
dapprima a Strasburgo, poi a Zurigo dove, dal 1555 al 1563, fu pastore della
comunità protestante italiana. Le sue prese di posizione circa la
dottrina calvinista della predestinazione e la teoria zwingliana della cena del
Signore, ben presto lo portarono in conflitto sia con i riformatori svizzeri,
sia con quelli tedeschi.
O. entrò, quindi, in quel gruppo di
riformatori radicali italiani, capeggiati da Francesco Stancaro e Lelio Socini,
che trovarono ospitalità in Polonia. Dopo il bando degli stranieri non
cattolici
O., rifiutando di prendere la cittadinanza polacca, si
recò in Moravia dove trascorse l'ultima parte della sua vita tra gli
anabattisti. Sino al 1540 i suoi scritti, per quanto dettati dall'inquietante
esperienza erasmiana e resi poi sospetti dalla sua apostasia, si collocano
nell'ambito della letteratura mistica cattolica. Si ricordano, in particolare,
le
Prediche nove (1539). Di ispirazione prevalentemente mistica sono
anche i suoi scritti successivi, a partire dai
Dialoghi sette (1542),
aventi come tema centrale quello dell'amore e l'interiorità
dell'esperienza religiosa. Di qui la svalutazione di tutto ciò che
è oggettivo ed esteriore: chiesa, riti, dottrine, sacramenti. Tra le sue
opere del periodo protestante spiccano, oltre ai cinque volumi delle
Prediche, il
Catechismo (1561),
Labirinti del libero e servo
arbitrio (1561),
Dialoghi XXX (1563) (Siena 1487 - Slavkov, od.
Austerliz, Moravia 1564).