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Occam, Guglielmo di.

(o Ockham). Filosofo e teologo inglese. Studiò all'università di Oxford, dove fu baccelliere di Teologia tra il 1316 e il 1320. Tra il 1321 e il 1323 insegnò logica e teologia presso alcune scuole dell'ordine francescano, cui apparteneva. Nel 1324 dovette interrompere l'insegnamento e recarsi alla curia papale di Avignone, per rispondere dell'accusa di eresia, mossa alle sue opere da G. Lutterell, ex cancelliere dell'università di Oxford. Fuggito da Avignone nel 1328, O. riparò dapprima in Italia e poi, a Monaco, al seguito dell'imperatore Ludovico il Bavaro che era in lotta con il pontefice e che sosteneva i Francescani, accusati di eresia da papa Giovanni XXII per le loro tesi sulla povertà di Cristo. A sostegno dell'imperatore, O. pubblicò varie opere di carattere politico e, sotto la sua protezione, visse a Monaco di Baviera per il resto della sua vita. È possibile dividere la produzione filosofica di O., distinguendo due periodi: quello precedente la fuga da Avignone e quello successivo ad essa. Durante gli anni dell'insegnamento in Inghilterra e del soggiorno ad Avignone, O. si occupò principalmente di questioni relative al commento, alla critica e all'interpretazione dei testi aristotelici; tra le opere di questo periodo ricordiamo Commento alle sentenze e Summa logicae. Dopo il 1328, invece, O. si dedicò, quasi esclusivamente, alla stesura di opere di carattere politico e polemico. In Opus nonaginta dierum (1333-34), affrontò la questione della povertà francescana; nelle opere De dogmatibus papae Johannis XXII, Tractatus contra Benedictum XII, Compendium errorum papae Johannis XXII, pubblicate tra il 1334 e il 1338, discusse l'ecclesiologia dei papi del tempo. Infine, i volumi in cui O. prende in esame l'origine dello Stato e i rapporti tra Chiesa e Stato sono: Dialogus, Octo Quaestiones, Breviloquium de potestate papae e De imperatorum et pontificum potestate. Il pensiero di O. costituisce, insieme a quello di Duns Scoto, il punto di rottura rispetto alla precedente tradizione della Scolastica; esso, infatti, è caratterizzato dalla tendenza al confronto critico con le posizioni dei maestri dell'età antica e medioevale. Per quanto riguarda le riflessioni di O. sulla logica, è necessario ricordare che O. si propose il compito di liberare il pensiero umano dalla confusione tra entità linguistiche ed entità reali. Le parole e i segni che usiamo per comunicare non sono altro che simboli che stanno al posto di altro da sé, cioè che rinviano a precise realtà individuali. Netto fu il suo rifiuto per ogni soluzione realistica del problema degli universali. Per O. la realtà non è composta da enti individuali e da enti universali, ma soltanto dai primi. La natura, in altre parole, è concepibile come la totalità degli enti individuali. L'idea di universale è semplicemente frutto dell'intelletto umano, che classifica in un unico concetto gli individui contraddistinti da caratteristiche simili. La conoscenza umana deriva quindi, in primo luogo, dalle percezioni sensibili e, solo in seconda istanza, subentra la funzione astrattiva, quella dell'universale che è in grado di cogliere e riunire in sé una molteplicità di individuali. Le riflessioni di O. sulla metafisica si distaccano nettamente da quasi tutti gli scolastici del XIII sec. Secondo questi pensatori la dimostrazione dell'esistenza di Dio non può essere che fondata sul fatto che è impossibile procedere all'infinito nell'ordine delle cause efficienti. In altre parole, gli scolastici sostenevano che, non essendo possibile risalire all'infinito nella catena causale, è necessario che esista una causa prima, generatrice di tutte le altre: tale causa è Dio. O. non è d'accordo con questa soluzione del problema e considera più valida la dimostrazione che si richiama all'impossibilità di continuare all'infinito nell'ordine delle cause conservanti, cioè di quelle cause che rendono possibile che gli enti finiti continuino a esistere, pur essendo stati prodotti dal nulla. Nel campo della filosofia della natura, è importantissimo l'assunto metodologico conosciuto con il nome di rasoio di O. Con tale assunto O. affermava la necessità di non postulare entità inutili, cioè di evitare le ipotesi complesse e, in particolar modo, quelle che non possono essere confermate e suffragate dall'esperienza. Risultano perciò da eliminare sia le nozioni di spazio e di tempo, considerate come entità autonome e distinte dall'estensione e dal moto; sia la quinta essenza, in quanto la dinamica celeste è spiegabile anche assumendo che la materia degli astri non differisca da quella dei corpi sublunari. Sul piano teologico, O. fu sostenitore della tradizione francescana e del volontarismo teologico. Da un lato, affermò che la libera volontà di Dio non può essere soggetta ad alcuna predeterminata norma razionale; dall'altro, sostenne l'importanza di basare qualsiasi asserzione su solide fondamenta empiriche. Il principio di verificazione empirica proposto da O. trova riscontro, in campo teologico, nel continuo richiamo al testo rivelato. Tale richiamo, infatti, garantisce la teologia da qualsiasi eccesso di razionalità astratta. In questa prospettiva, trovano legittimazione, sia l'ideale francescano di povertà, ampiamente propugnato nel Vangelo, sia l'esistenza di un potere civile indipendente da ogni investitura papale, che è riconosciuta nelle Sacre Scritture. A proposito dei rapporti che devono intercorrere tra Stato e Chiesa, è interessante notare che, secondo O., le due istituzioni sono caratterizzate da origini e compiti diversi: l'autorità di cui si avvale l'Impero è, infatti, espressione della volontà del popolo e, quindi, storicamente antecedente e oggettivamente superiore all'autorità del Papato. Poiché tale volontà popolare, tramandata da una generazione all'altra, era ancora presente, l'imperatore aveva il diritto di intervenire, oltre che nell'elezione dei vescovi, anche in quella del papa, potendolo dichiarare eretico e, in caso di necessità, deporlo. D'altra parte, l'Impero, divenuto cristiano, deve collaborare con la Chiesa, in modo tale da facilitare ai cittadini il compito di raggiungere la salvezza eterna (Ockham, Surrey 1290 circa - Monaco di Baviera 1349 circa).