Cosa nuova, novità, in senso generico. ║ Narrazione, racconto.
║ Annuncio di un fatto nuovo, notizia di un avvenimento. ║ Per
estens. -
La Buona N.: il Vangelo, ossia l'annunzio e la predicazione del
Regno di Dio. ● Dir. - Nel linguaggio degli assicuratori,
a buona e
cattiva n. indica una condizione inserita nei contratti di assicurazione
marittima, stipulati dopo l'inizio del viaggio, per mezzo della quale vengono
addossati all'assicuratore i rischi di tutto il viaggio, anche anteriori alla
data del contratto, purché non ancora conosciuti dall'assicurato. ║
Ciascuna delle costituzioni degli imperatori romani o bizantini raccolte sotto
il titolo di
N. Sono contraddistinte da una rubrica o, secondo un uso
più moderno, da un numero d'ordine. In mancanza di altre indicazioni,
s'intendono quelle di Giustiniano. ● Lett. - La
n. occupa un posto
marginale nelle letterature classiche, greca e latina. In alcuni autori si fa
riferimento a
fabulatores, a personaggi che raccontano a pagamento, ma
tutto con riferimento a una tradizione orale. Per quanto riguarda la forma
scritta, esempi di
n. si trovano solo come digressioni di opere storiche
(ad esempio, nelle
Storie di Erodoto, il racconto dell'anello di
Policrate e la favola egiziana del tesoro di Rampsinito). Nel IV sec. a.C. erano
però diffuse sicuramente le
Favole Sibaritiche, una serie di
racconti buffi che prendevano in giro gli abitanti di Sibari. Al II sec. a.C.
risalgono, invece, le
n. erotico-avventurose delle
Fabule milesie,
andate perdute. Altri cenni di
n. si hanno, più tardi, nel
Satyricon di Petronio e nell'
Asino d'oro di Apuleio. Il genere
n. assunse caratteri propri solo nel Medioevo, allorché si
diffusero i
fabliaux, sviluppatisi in Francia tra i secc. XII e XIV d.C.,
che si rifacevano alla tradizione giullaresca e goliardica, i
lais di
Maria di Francia (seconda metà del XII sec.) e i racconti fiabeschi, che
traevano spunto da episodi biblici e agiografici, o da poemi cavallereschi. Tali
generi furono all'origine dei due filoni principali della novellistica
medievale: i racconti mimetico-realistici (favolelli italiani, componimenti
farseschi, ecc.) e quelli a sfondo storico e fantastico-avventuroso (parafrasi
di leggende indiane, quali
Il Libro dei sette savi, mitizzazioni di
personaggi storici, i
Conti d'antichi cavalieri). Né va
dimenticato il ruolo dell'
exemplum latino, un piccolo episodio conforme
alla
locutio brevis dell'
ars dictandi, introdotto in periodo
cristiano dagli scrittori mistici come esemplificazione degli argomenti
trattati. Nel Medioevo gli
exempla vennero elaborati e giunsero ad essere
articolati maggiormente (ad esempio, nel
Novellino, nel libro degli
Esempi del conte Lucanor e di Petronio del 1335, fino a suggellarsi nel
Decameron di Boccaccio, 1349-53). È, infatti, con Boccaccio che la
n. assunse una sua autonomia e divenne genere autonomo, specchio della
società; è con Boccaccio che iniziò la grande narrativa
realistica e borghese. Al
Decameron si rifecero
I Racconti di
Canterbury, almeno per quanto riguarda l'idea della cornice esterna. Sulla
scia di Boccaccio si mossero, quindi, G. Sercambi, autore di
Novelle, e
Ser Giovanno Fiorentino Pecorone. Con Sacchetti e le sue
Cento novelle si
assistette alla rinuncia alla cornice che ben testimoniava la crisi della
società borghese e il passaggio alla cultura umanistica. Nel Quattrocento
si affermò la facezia (P. Bracciolini), assai apprezzata come segno di
raffinata cultura e di superiore dominio di sé durante il Rinascimento,
che la codificò (il
Cortegiano di B. Castiglione). Nella
n.
si innestarono, inoltre, elementi classici con Piccolomini e L. Bruni. Nello
stesso tempo, il modello di Boccaccio venne superato dal
Novellino di M.
Salernitano, che eliminò la cornice e adottò un linguaggio
dialettale. Nel Cinquecento furono numerosi gli scrittori di
n. e
numerosi i tentativi di imitare e superare il modello boccacciano: ad esempio,
Fiorenzuola fuse insieme la
n. e la fiaba antropomorfa nella
Prima
veste dei discorsi degli animali (1540). Ma fu soprattutto nell'Italia
settentrionale che si registrarono le maggiori novità con Matteo
Bandello, che scrisse
n. rifacendosi non alla cronaca cittadina ma alla
storia in una forma volutamente trasandata. Nell'età della Controriforma,
il gusto per l'orrore e il cupo caratterizzò le
Ecatommiti di G.B.
Giraldi Cinzio (1565). La
n. italiana fece scuola in Europa nel corso del
Quattrocento e del Cinquecento. In Inghilterra l'imitazione boccacciana è
palese in Shakespeare e in Chaucer; in Francia nell'
Eptameron di M.
d'Angoulême (1559) e nelle
Novelle tratte dal Boccaccio e
dall'Ariosto di J. de La Fontaine. In Inghilterra si sviluppò anche
il genere della burla con R. Greene, il cui modello avrebbe avuto notevole
influenza anche in Germania. In Spagna la novellistica italiana si legò
con quella spagnola picaresca, generando un tipo di racconto romanzato, il cui
capolavoro sono le
Novelle esemplari di Cervantes. Durante l'età
barocca la
n. non godette di grande prestigio, come pure nel Settecento,
nonostante l'invenzione di Voltaire della
n. filosofica e la presenza
della
n. erotico-galante degli intellettuali libertini italiani. La
rinascita della
n. si ebbe nel corso dell'Ottocento, in connessione con
lo sviluppo del romanzo con cui la
n. si sarebbe poi confusa. Durante il
Romanticismo, fra i più importanti scrittori di
n. furono T.
Grossi e A. Fogazzaro che si espressero in versi e, nella prosastica, G. Keller,
G. de Maupassant, E.A. Poe, A. Puskin, A. Cechov, G. Verga, L. Pirandello. Nella
letteratura contemporanea la
n. ha ceduto il campo, almeno in Italia e in
Francia, a un tipo di narrazione che si preferisce chiamare
racconto, e
che tratta per lo più del divario fra interiorità ed
esteriorità esistente nel mondo attuale. ║ Sull'origine della
n. si è a lungo soffermata la critica. Ne sono derivate una serie
di interpretazioni differenti (antropologica, folkloristica, ecc.). Per molto
tempo è prevalsa l'idea di un'origine orientale della
n.,
diffusasi successivamente in Occidente intorno al XII sec., grazie ai frequenti
scambi con l'Oriente. La critica più recente, invece, giunta alla
conclusione dell'impossibilità di tracciare un'origine unitaria della
n., si è orientata su studi differenti. Considerando il vasto
repertorio e le diverse forme in cui la
n. si è nel tempo
articolata, essa ha puntato su quelle che sono le costanti della
n. Tra i
formalisti russi, Propp ha individuato le
funzioni presenti nella
n., mentre V.B. Sklovskij ha distinto i diversi
tipi di
n.
(
n. che elaborano una metafora, quelle a gradini in cui l'intreccio si
basa sul cumulo di eventi, quelle circolari). I semiologi francesi, da parte
loro, hanno supposto l'esistenza di una forma originaria astorica, che man mano
si sarebbe andata adattando alle diverse esigenze. La scuola americana con
Kellog e Scholes, rifacendosi in parte al positivismo di Taine e all'idea dei
generi come organismi viventi soggetti a evoluzione, ha ipotizzato la presenza
nella
n. di schemi ciclici; inoltre, ha considerato alla base della
n. l'
epos, nei suoi due elementi costitutivi di nucleo descrittivo
e fantastico da cui sarebbero derivati, rispettivamente, i generi del racconto
storico e quello del racconto fantastico.