Pubblico ufficiale avente il compito di ricevere gli atti tra vivi e di ultima
volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito,
rilasciarne copie ed estratti. Oltre ad essere pubblico ufficiale il
n.
è anche un libero professionista che, in quanto tale, instaura rapporti
contrattuali con le parti cui presta la propria consulenza. Ai
n.
è concessa anche la facoltà di: 1) sottoscrivere e presentare
ricorsi relativi agli affari di volontaria giurisdizione; 2) ricevere con
giuramento atti di notorietà in materia civile e commerciale; 3) ricevere
le dichiarazioni di accettazione di eredità con il beneficio
dell'inventario; 4) procedere, in seguito a delega dell'autorità
giudiziaria: a) all'apposizione e rimozione dei sigilli nei casi previsti dalla
legge; b) agli inventari in materia civile e commerciale, salvo che il pretore,
su istanza e nell'interesse della parte, non creda di delegare il cancelliere;
c) agli incanti e alle divisioni giudiziali e a tutte le operazioni a questo
scopo necessarie; 5) rilasciare i certificati di vita ai pensionati ed agli
altri assegnatari dello Stato; 6) ricevere in deposito atti pubblici, in
originale o in copia, scritture private, carte e documenti, anche se redatti
all'estero; 7) ricevere le dichiarazioni di rinunzia ad eredità; 8)
firmare e vidimare i libri commerciali secondo le disposizioni del codice
civile; 9) ricevere atti di asseverazione con giuramento di perizie e di
traduzioni di atti o di scritti in lingua straniera; 10) rilasciare copie o
estratti di documenti e di libri e registri commerciali. I requisiti richiesti
dalla legge per la nomina a
n. sono: essere cittadino italiano, avere
un'età compresa fra i 21 e i 50 anni, essere incensurato, non rientrare
in nessuno dei casi per cui si è esclusi o si è incapaci ad
assolvere l'ufficio di giurato, essere laureato in Giurisprudenza, aver
frequentato per due anni uno studio notarile, aver sostenuto con approvazione un
esame di concorso dopo la pratica di cui sopra, classificandosi nel numero dei
posti messi a concorso dal relativo bando. L'ufficio di
n. è
incompatibile con qualunque impiego stipendiato o retribuito dallo Stato, dalle
Province o dai Comuni aventi una popolazione superiore ai 5.000 ab., con la
professione di avvocato, di procuratore, di direttore di banca, di commerciante,
di mediatore, di agente di cambio o sensale, di ricevitore del lotto, di
esattore di tributi o incaricato della gestione esattoriale e con la
qualità di ministro di qualunque culto. Sono eccettuati, gli impieghi
puramente letterari e scientifici, dipendenti da accademie, biblioteche, musei
ed altri istituti di scienze, lettere ed arti; gli impieghi ed uffici dipendenti
da istituti od opere di beneficenza; quelli relativi a pubblico insegnamento;
quelli di subeconomo dei benefici vacanti e l'esercizio del patrocinio legale
presso gli uffici di pretura. I
n. vengono nominati con decreto del
presidente della Repubblica. Il
n. è obbligato a prestare il suo
ministero ogni volta che ne è richiesto, ma non può prestarlo
fuori del territorio del distretto in cui si trova la sede notarile. Il
n. che in qualche modo comprometta, con la sua condotta pubblica o
privata, la sua reputazione e il prestigio della classe notarile, o faccia ai
colleghi illecita concorrenza, è punito con la censura o con la
sospensione fino ad un anno, e nei casi più gravi con la destituzione. La
destituzione è sempre applicata quando il
n., dopo essere stato
condannato per due volte alla sospensione per contravvenzione alla disposizione
predetta, vi contravvenga nuovamente. ● Encicl. - In epoca romana il
notarius era il liberto incaricato di registrare le arringhe o di
prendere appunti durante le orazioni pubbliche. Successivamente il
notarius, in qualità di cancelliere dei tribunali, assunse il
titolo di ministro dello Stato. Si istituirono, in seguito, collegi di
notarii con compiti di controllo. Anche la Chiesa ebbe un proprio
notarius e man mano, sull'esempio del
notarius romano, ogni
magistratura ebbe dei propri
notarii. È da notare, però,
che la figura incaricata di redigere atti per conto di privati non era il
notarius bensì il
tabellio, i cui atti avevano valore solo
dopo essere stati depositati negli uffici delle magistrature deputate. In epoca
longobarda emersero le figure del
notarius civitatis e del
notarius
ecclesiae. L'origine del notariato medioevale e moderno è
controversa: a lungo se ne è sostenuta la derivazione dal
tabellio
romano. La tesi attualmente più accreditata ne riconduce l'origine al
notarius ecclesiae longobardo. Durante il dominio longobardo la nascita
di una nuova aristocrazia fondiaria diede vita a numerose attività di
scambio, rendendo necessaria l'istituzione di figure che garantissero
giuridicamente il trapasso. Liutprando stabilì le funzioni dei
notarii e volle che avessero anche una preparazione particolare. In epoca
franca vennero stabilite nuove regole per i
notarii come redattori di
placiti. Sempre in epoca franca crebbe il numero dei
notarii
ecclesiastici e dei
notarii con titolo di giudice. Nei territori non
occupati dai Longobardi la situazione fu differente. A Roma le mansioni di
notarii vennero svolte da
scriniarii, mentre i
tabelliones
vennero incaricati di redigere gli atti privati. Successivamente i
tabelliones meno preparati vennero sostituiti dagli
scriniarii, a
loro volta sostituiti nel XII sec. dai
praefecti urbis. Analoga fu la
situazione a Ravenna. Nell'Italia meridionale, oltre che
scriniarii,
operavano
notarii ecclesiastici e municipali (
curiales), che nel X
sec. si fusero in una sola categoria. Tra l'XI e il XII sec. il
n.
italiano ottenne la
pubblica fides, ossia i suoi atti non ebbero
più bisogno di essere sottoscritti da un giudice per essere validi.
Inoltre, dal XII sec. molti
n. si riunirono in collegi con propri statuti
e istituirono anche scuole per la formazione. Nello stesso secolo l'
ars
notariae divenne materia di insegnamento all'università. In epoca
moderna la funzione del
n. andò specializzandosi; in Italia, nel
1770, il Regno di Sardegna promulgò un regolamento specifico per le
funzioni notarili, cui seguì la legislazione napoleonica del 1803.