(o
neurosi). Affezione del sistema nervoso cui non fanno
riscontro evidenti lesioni anatomo-patologiche. I disturbi nevrotici, dunque,
anche quando presentano una precisa localizzazione dei sintomi, non comportano
una lesione organica corrispondente. Il termine
n. fu introdotto per la
prima volta dal medico scozzese W. Cullen alla fine del XVIII sec. per indicare
le malattie funzionali (malattie
sine materia), in contrapposizione a
quelle organiche. La comprensione e l'esatta definizione delle
n. sono
però scaturite dagli studi di J.M. Charcot e soprattutto di S. Freud, che
interpretò i sintomi nevrotici come l'espressione simbolica di un
conflitto irrisolto, che si deve far risalire all'infanzia del soggetto, e
rappresenta un compromesso tra il desiderio e le pulsioni libidiche, da un lato,
e la difesa che il soggetto stesso oppone ad esse, dall'altro. Freud fu il primo
a ricercare le cause della
n. sulla base di una eziologia puramente
psichica. Oggi il termine definisce più genericamente una turba
psicologica causata dal mancato superamento di una situazione conflittuale o
ambientale. Secondo la gravità del disturbo stesso, si possono disporre i
disturbi di natura psichica in un continuum costituito dai disturbi
psicosomatici, dalle
n., dalle perversioni, dalle psicopatie e dalle
psicosi. La
n. si distingue dalle varie forme di psicosi (schizofrenia,
paranoia, psicosi maniaco-depressiva) per il fatto che, mentre la psicosi
implica la compromissione del "fondo" della salute mentale, con disgregazione
della struttura profonda della personalità, e pregiudica il contatto con
la realtà esterna, che risulta assente o gravemente deformato, nella
n., per quanto il soggetto risulti sofferente e menomato nella sua
capacità di svolgere le normali funzioni dell'esistenza (nella
capacità di "amare e lavorare", secondo la celebre definizione
freudiana), il contatto con la realtà viene mantenuto. Quindi, al
contrario dello psicotico, che generalmente non si rende conto della propria
malattia, il nevrotico è consapevole della propria condizione patologica.
I disturbi psicosomatici, invece, si distinguono dalle
n. perché
in essi i disturbi fisiologici sono effettivi, anche se si prestano ad essere
interpretati psicologicamente. La caratteristica peculiare della
n., in
tutte le sue forme, è da individuarsi nella presenza di meccanismi di
difesa. Tali meccanismi difensivi sono elaborati dalla parte sana della
personalità e finiscono per assorbire buona parte dell'energia del
soggetto, impedendogli di condurre una vita soddisfacente dal punto di vista
affettivo e produttivo. Il conflitto interiore presente nel soggetto nevrotico,
infatti, pur non alterandone la personalità in modo grave, gli lascia
poca energia disponibile per far fronte alle normali esigenze della vita. Il
nevrotico, nel tentativo di sfuggire all'ansia, che è generata in lui
dalla situazione di conflittualità interna, tende a ripetere in modo
coatto pensieri, azioni e comportamenti, e a riproporre continuamente a se
stesso la situazione conflittuale. Da ciò può derivare la
alterazione delle funzioni motorie e sensoriali e la difettosa integrazione
della personalità con il mondo esterno. La terapia della
n.
può avvalersi di trattamenti farmacologici (sedativi, ansiolitici, ecc.)
solo per attenuare i sintomi della malattia, che necessita soprattutto di un
intervento psicoterapeutico. Per spiegare l'insorgere delle
n. sono state
formulate varie teorie: la teoria sociogenetica, per esempio, ritiene la
n. legata alla pressione esercitata dall'ambiente sociale sull'individuo,
mentre Janet considera la
n. derivata dalla fissazione dell'individuo ad
un determinato stadio evolutivo, con compromissione della normale evoluzione
delle funzioni psichiche. La teoria più diffusa, che conserva ancora oggi
una sua validità, in particolare per i seguaci dell'indirizzo
psicoanalitico, è quella freudiana, secondo cui la
n. sorge dal
conflitto tra le pulsioni istintuali rimosse e le istanze etico-sociali
rimoventi. Più precisamente, per la psicoanalisi freudiana, le
n.
sono dovute alla mancata mediazione svolta dall'
ego nei confronti
dell'
es e del
super-ego, sfociante nello sviluppo dell'ansia,
sintomo tipico della
n. stessa. Freud propose una sua classificazione
nosografica delle tipologie di
n., distinguendo innanzitutto le
n.
attuali (
n. d'angoscia, nevrastenia, ipocondria), la cui origine non
andrebbe ricercata in conflitti infantili ma nel presente, da quelle che
chiamò
psiconevrosi, in cui i motivi attuali sarebbero solamente
la causa scatenante per la riattivazione di un conflitto psichico infantile con
le figure parentali. Successivamente, Freud distinse ulteriormente le
psiconevrosi in
n. di transfert (isteria di conversione,
n. fobica
o isteria di angoscia,
n. ossessiva) e
n. narcisistiche (quelle
che la psichiatria classica definiva come psicosi). La differenza consiste nella
diversa qualità dell'investimento libidico. Nelle prime, la libido
è trasferita su un oggetto, e questo fatto, che favorisce lo sviluppo del
transfert terapeutico, le rende accessibili al trattamento psicanalitico. Nelle
seconde, la libido viene invece diretta sull'Io, con conseguente ripiegamento
del soggetto su se stesso e impossibilità di impiego della terapia
analitica. Questa classificazione nosografica risponde a un'esigenza di
chiarezza concettuale, ma nella pratica clinica si hanno per lo più
n. miste, i cui sintomi rimandano a eziologie diverse, mentre esistono
anche i cosiddetti
borderline o casi limite, in cui i tratti generali
della
n. si combinano addirittura con i tratti generali della
psicosi.