Corrente filosofica tendente a rivalutare l'esistenza obiettiva del reale, in
polemica soprattutto con il soggettivismo della filosofia idealistica. ║
Corrente letteraria e artistica che si richiama, con sensibilità moderna,
ai principi e ai modi del Realismo. ● Filos. - Corrente filosofica
anglo-americana sorta negli Stati Uniti nei primi decenni del XX sec. che, in
opposizione al soggettivismo espresso dalle filosofie idealistiche,
pragmatistiche e intuizionistiche, afferma l'indipendenza degli oggetti come
realtà a sé stanti che il soggetto si limita a riflettere nel
procedimento di conoscenza. La corrente americana, che annovera tra i suoi
protagonisti E.B. Holt e W.T. Marvin, ricollegandosi a E. Mach e W. James,
sopprime ogni distinzione fra soggetto e oggetto, natura e spirito (monismo
neutro), sostenendo che non si può mai uscire dall'essere e non si entra
mai nel pensiero. Tra i rappresentanti del
N. inglese si segnalano invece
S. Alexander, G.E. Moore e B. Russel. ● Lett. - Corrente letteraria
sviluppatasi in Italia nell'immediato secondo dopoguerra e rimasta attiva fino
alla metà degli anni Cinquanta. Sorto nel clima rinnovatore della nuova
democrazia nata dall'abbattimento della dittatura fascista, il
N. legava
strettamente la propria ispirazione alla situazione politica del tempo, che per
la prima volta vedeva le forze popolari partecipare attivamente al governo del
Paese, mentre cominciavano anche le grandi lotte sociali che accompagnavano la
necessaria ricostruzione economica. L'iniziale esaltazione dell'antifascismo,
inteso come valore morale fondamentale, si allargava perciò alla diretta
e organica partecipazione alla lotta del movimento democratico e progressista
italiano segnando al tempo stesso, in questa mancanza di autonomia, i limiti
culturali del movimento che concluse la propria vicenda nel momento in cui le
condizioni politiche si evolvevano in senso conservatore. Richiamandosi
idealmente ad alcune rare opere del decennio precedente, tra cui principalmente
Gli indifferenti di A. Moravia e
I tre operai di C. Bernari, il
N. era maturato soprattutto attraverso l'opera di C. Pavese e E.
Vittorini che, con specifici intenti programmatici che oltrepassavano
l'interesse più strettamente culturale, a partire dagli anni Quaranta
avevano svelato con le loro traduzioni quella narrativa americana
otto-novecentesca che la censura fascista aveva proibito. L'apertura a questa
nuova esperienza letteraria significava proporre un modello narrativo di tipo
naturalistico e realistico in alternativa al classicismo e al formalismo in cui
la letteratura italiana del ventennio si era necessariamente rifugiata. La
suggestione di un modello letterario consono a una società libera,
democratica e in espansione venne applicata, a volte in modo alquanto meccanico,
alla situazione politica e culturale italiana ponendo l'attenzione su alcuni
grandi problemi nazionali tra cui, in primo luogo, la questione meridionale e i
problemi delle classi meno abbienti. Su questa nuova ispirazione si innestava
però la diversa formazione intellettuale e ideale degli scrittori
italiani intrisa di pessimismo e lirismo invece che del vitalismo e dello
spirito d'avventura propri dei narratori statunitensi. Troppo spesso
perciò, a seconda poi delle diverse inclinazioni dei molti autori che
parteciparono alla grande esperienza del
N. italiano, l'attenzione alla
realtà si tramutava in documentarismo o in bozzettismo. Al di là
di questi limiti, però, il
N. ha costituito un tentativo
importante della cultura italiana di impostare il rapporto tra mondo
intellettuale e società secondo esigenze maggiormente collettive,
nell'intenzione di fornire una dimensione effettivamente democratica anche alla
cultura. Tra i protagonisti del
N. si segnalano Vasco Pratolini, autore
di moltissimi romanzi tra cui
Cronache di poveri amanti (1947) e
Metello (1955), Francesco Jovine, il cui romanzo più importante fu
Terre del Sacramento (1950), Carlo Cassola, con
Il taglio del
bosco (1953) e
La ragazza di Bube (1960), Giorgio Bassani, con
Cinque storie ferraresi (1956) e soprattutto
Il giardino dei Finzi
Contini (1962), e Beppe Fenoglio, il cui principale romanzo,
Il
partigiano Johnny, è uscito postumo nel 1968 e del quale si ricordano
anche
La malora (1954) e
I ventitré giorni della città
di Alba (1952). Altri autori, invece, attraversarono semplicemente il
N. per evolvere poi verso altre esperienze; al periodo neorealista di
Italo Calvino, per esempio, risalgono
Il sentiero dei nidi di ragno
(1947) e
L'entrata in guerra (1954), mentre Leonardo Sciascia ha
partecipato al movimento soprattutto con
Gli zii di Sicilia (1958) e
Il giorno della civetta (1961). La prima produzione narrativa di Pier
Paolo Pasolini, tra cui spiccano i romanzi
Ragazzi di vita (1955) e
Una vita violenta (1959) e la raccolta di versi
Le ceneri di
Gramsci (1957), costituisce infine lo sviluppo in senso "sperimentalistico"
di alcune premesse neorealistiche. ● Arte - La reazione al formalismo
dell'arte astratta che si sviluppò nel fervido clima successivo alla
seconda guerra mondiale assunse la denominazione di
N. esprimendo,
analogamente a quanto avveniva in letteratura e nel cinema, la necessità
di ricondurre l'arte figurativa a forme di immediata comunicazione e a contenuti
più storicamente attuali. Dalla scoperta dell'opera di Picasso e
dell'esperienza cubista trassero un'ispirazione fondamentale le varie esperienza
maturate in questa corrente, in cui emersero gli appartenenti al Fronte Nuovo
delle Arti, tra cui Guttuso, Morlotti e Vedova. E proprio intorno a Guttuso si
riorganizzò, a partire dagli anni Cinquanta, l'estrema fioritura
neorealistica dedicata più specificamente al "Realismo sociale". ●
Cin. - L'esigenza di una rappresentazione della realtà nei suoi aspetti
più umani e priva di quelle idealizzazioni o mistificazioni che potevano
derivare da arricchimenti di tipo letterario ed estetico si realizza con
pienezza nel cinema italiano del secondo dopoguerra, teso in particolare a
fornire una veritiera documentazione della vita nella sua nuda realtà
quotidiana vista soprattutto nel doloroso contesto del recente conflitto bellico
e della altrettanto difficile ricostruzione. Tra mille difficoltà di
carattere materiale ma anche ideologico, tra cui principalmente la
preoccupazione politica di dare un'immagine negativa del Paese, il
N.
cinematografico italiano prende l'avvio subito nel 1945, quando con
Roma
città aperta R. Rossellini apre la trilogia dedicata al dramma della
guerra, seguito da
Paisà (1946) e
Germania anno zero
(1947). Contemporaneamente a Rossellini altri cineasti si muovono in questo
clima di grande libertà espressiva e rinnovata tensione morale e, pur
esprimendosi con linguaggi diversi, offrono all'attenzione generale del pubblico
veri capolavori, come L. Visconti e il suo
La terra trema (1948) e i film
scaturiti dalla collaborazione tra V. De Sica e C. Zavattini:
Sciuscià (1946),
Ladri di biciclette (1948),
Miracolo a
Milano (1950) e
Umberto D. (1952). Tra i precursori del nascente
N. si possono annoverare A. Blasetti, attivo già dal 1930, e in
parte anche alcuni autori del Realismo francese, come J. Renoir, J. Duvivier e
M. Carné; si possono ritrovare altre tracce anche nel Verismo di alcuni
film italiani del periodo 1914-1915 derivati soprattutto dal teatro napoletano,
come
Assunta Spina o
Sperduti nel buio; tuttavia l'esperienza del
N., amatissima dal pubblico di tutto il mondo, si qualifica come un
momento estremamente originale e creativo che, con la bellezza delle sue
immagini e l'uso spregiudicato di nuove tecniche come l'uso di attori non
professionisti e le riprese dal vero, ha fortemente ispirato anche le
cinematografie di altri Paesi. Tra gli altri registi che hanno contribuito allo
sviluppo del
N. sono da ricordare A. Lattuada, P. Germi, G. De Sanctis,
R. Castellani e L. Zampa.