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Neoclassicismo.

Movimento artistico e letterario, sviluppatosi in Europa tra la metà del Settecento e gli inizi dell'Ottocento, in particolare negli anni dalla Rivoluzione francese fino alla caduta di Napoleone e alla Restaurazione. Il N., in stretto rapporto con l'Illuminismo, non fu un fenomeno meramente artistico e letterario, ma anche sociale. Le sue origini vanno ricercate nella reazione all'irrazionalità barocca e nella conseguente esigenza di dare un fondamento razionale al concetto di bello. Tale fondamento razionale veniva ricercato nelle forme dell'arte classica, considerate come esempio di perfezione, di semplicità, di simmetria e chiarezza. Il termine non fu coniato all'epoca della diffusione di questo stile ma nel 1880, dai fratelli Edmond e Jules Huot de Goncourt, che utilizzarono la parola in senso spregiativo. La connotazione negativa non faceva del resto che riprendere le critiche di freddezza, rivolte a molte opere neoclassiche da autori romantici. Ancora in epoca recente, tale connotazione è stata ripresa da studiosi come Lionello Venturi, Roberto Longhi e Cesare Brandi. Solo nell'ultimo trentennio del XX sec. ha avuto inizio una vera e propria interpretazione critica del movimento. Non è possibile discutere il N. prescindendo dal suo grande antagonista: il Romanticismo. Queste due tendenze artistiche e culturali sono state a lungo considerate distinte e contrapposte; soltanto recenti studi hanno prospettato la possibilità di interpretarle come aspetti differenti della stessa corrente di gusto. Del resto il N. che, come abbiamo detto, si è manifestato pienamente a partire dalla metà del Settecento fino ai primi trent'anni del Ottocento, ricopre un periodo tanto vasto da convivere con esperienze artistiche e culturali differenti (Illuminsimo, Preromanticismo, Ossianesimo, Sturm und Drang, Romanticismo). È quindi indiscutibile che, negli autori che lo rappresentano, si senta traccia di altri stili e tendenze artistiche. È necessario notare che questa caratteristica, che potremmo definire eclettica, del N. rende complessa una netta definizione del movimento e vanifica i tentativi di catalogare i suoi principali esponenti. ● Arte - Il richiamo all'antichità, rafforzato nel corso del Settecento dalle scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei, era stato costantemente presente nella produzione pittorica precedente al XVIII sec. Rispetto agli altri movimenti che avevano preso a modello la classicità, il N. si distinse però per aver messo in atto il tentativo di affermare l'autonomia dell'arte, elevandola a scienza. L'arte venne intesa, infatti, non più come imitazione della natura, ma come imitazione di un principio teorico e ideale, riscontrabile nella produzione classica greca. I trattati di A.R. Mengs (Pensieri sulla bellezza e il gusto nella pittura, 1762) e quelli di J.J. Winckelmann (Storia dell'arte nell'antichità, 1764), teorizzarono quindi il principio del bello ideale inteso come il raggiungimento di una "nobile semplicità e di una quieta grandezza", dove la ragione mostrasse di prevalere sulle passioni. La freddezza che spesso si è rimproverata agli artisti neoclassici fu quindi il prodotto dell'applicazione di principi teorici al processo artistico. ║ Architettura: la complessità del N., la difficoltà a delimitarne le caratteristiche sono ancora più evidenti in architettura. L'esigenza di purificazione e di semplificazione portò gli architetti a ricercare solidità, stabilità, solennità, in costruzioni prive dei giochi di modanature e di ornamenti scultorei. In architettura l'ideale del Bello, che aveva contraddistinto la teoria dell'arte di Winckelmann, veniva a fondersi anche con l'idea della funzionalità. Da qui la fusione tra N. e razionalismo e la nascita dell'idea che ogni cosa, posta in rappresentazione, dovesse anche essere precisamente funzionale a uno scopo pratico. Così M.A. Laugier, con il suo Saggio sull'architettura del 1753 infranse il mito della corretta applicazione degli ordini classici e superò per la prima volta l'idea della decorazione a favore del principio di funzionalità. Nello stesso tempo l'architettura si aprì ai problemi dell'urbanistica, della città intesa come luogo di vita civile, che andava organizzato funzionalmente al di là delle esigenze puramente estetiche. In Francia, l'opera di E.L. Boulée e di C.-N. Ledoux, legata all'Illuminismo e all'ideologia rivoluzionaria, creò architetture, nelle quali la ricerca dell'ideale portò a forme quasi astratte: forme simili a figure geometriche riproducibili e nello stesso tempo simboliche. Parigi divenne oggetto di numerosi interventi urbanistici: la ristrutturazione delle Tuileries, della Piazza della Concordia, di rue de Rivoli e di Piazza Vendome, degli Champs-Elysées. In Italia un caso simile a quello di Parigi, anche se in tono minore, si verificò a Milano. Nella città lombarda, infatti, vi fu un'intensa attività degli architetti L. Pollack, L. Cagnola, L. Canonica e si elaborò il progetto utopistico della sistemazione di Foro Bonaparte. Minori, anche se sempre frutto della volontà di razionalizzazione urbana, furono gli interventi a Torino e quelli di Valadier a Roma. Agli architetti italiani va inoltre attribuita la diffusione delle forme neoclassiche in Russia: particolarmente significativa fu l'attività di G.A.D. Quarenghi e C. Rossi a Pietroburgo. In Inghilterra il N. si pose in una sorta di continuità con il Palladianesimo nelle opere degli architetti R. Adam e J. Soane; non mancarono anche interventi urbanistici propriamente neoclassici, come quelli effettuati a Londra ad opera di J. Nash. È tuttavia opportuno sottolineare che in Inghilterra il N. non ebbe quel posto di rilievo che ebbe negli altri Paesi europei; non riuscì mai, infatti, a prevalere su altre forme artistiche, ma tutt'al più si fuse con esse (ad esempio nelle forme preromantiche delle decorazioni dei giardini). I modelli inglesi ebbero un deciso influsso negli Stati Uniti, in particolare nell'opera di T. Jefferson e nella sistemazione della città di Washington, elaborata da P.-C. L'Enfant. In Germania, invece, il N. si espresse in opere di marcata monumentalità e archeologizzanti: gli architetti continuarono a riferirsi ai modelli greci, raggiungendo risultati revivalistici e generando forme standardizzate, diffuse in Svezia, in Polonia e in Danimarca. ║ Scultura: l'ideale del Bello, inteso come aspirazione a cui tendere e identificato con le forme dell'arte classica, fu particolarmente importante nel campo della scultura. Proprio nelle opere scultoree, infatti, i Greci, secondo J.J. Winckelmann, avevano realizzato la perfezione. Gli scultori neoclassici cercarono di realizzare i principi della semplicità e della nitidezza dei Greci, presentando opere prive di passionalità, caratterizzate da linee pure e impersonali: note distintive, queste, che furono oggetto di critica da parte dei romantici. I massimi esponenti della scultura (A. Canova, B. Thorvaldsen) realizzarono opere di grande valore, dove la ricerca dell'ideale non consisteva affatto in una mera riproposizione delle statue greche, ma in uno studio delle stesse, in una continua ricerca di ritmi armonici e di perfezione lineare. Canova, vissuto a Roma, produsse opere di un raffinato estetismo, ora rievocando episodi mitologici, ora celebrando la figura di Napoleone; così Thorvaldsen che però, volendo ancora più di Canova rifarsi in modo intransigente ai modelli greci, giunse a sfiorare il dogmatismo. ║ Pittura: la pittura classica da un lato si mostrò legata alla scultura, riprendendo spesso gli stessi soggetti e il principio della linea intesa come elemento razionale e puramente mentale; dall'altro ebbe un raggio di imitazione maggiore, prendendo a modello autori rinascimentali quali Raffaello e secenteschi quali N. Poussin. Al posto dei colori brillanti o pastello della pittura barocca e di quella rococò, si preferirono colori chiari tendenti a tonalità primarie. La ricerca di semplificazione portò, in alcuni casi, addirittura all'abolizione del colore a favore delle tecniche lineari. Nella composizione si cercò di abbandonare la disposizione in diagonale, preferendo quella frontale con prospettive chiare e semplici. Differenti furono tuttavia le esperienze: in David si ebbe la realizzazione del N. etico e civile, in A. Appiani quella del N. celebrativo. Venata di Preromanticismo appare invece la cronaca di Gros, con il prevalere del paesaggio sentimentale, mentre in Ingres si realizzò l'idea della purezza delle linee e dei volumi. ● Lett. - La poetica neoclassica riprese l'idea del Bello ideale, cercando di fondere antico e moderno, in conformità con il celebre verso di A. Chenier, che recita: "sul pensiero dei moderni facciamo versi antichi". Nello stesso tempo, come nell'architettura e nella scultura, anche nella letteratura il N. presenta aspetti affini a quelli del Preromanticismo. Il ritorno al passato, fu così, per molti intellettuali, una sorta di nostalgia per una mitica età dell'oro: sentimento, questo, che costituì una importante caratteristica dei preromantici tedeschi Lessing, Holderlin, Goethe. In Italia, la reazione al secentismo si ebbe già, alla fine del XVII sec., con l'Arcadia, la quale recò sempre l'impronta classicistico-razionalistica datale all'inizio soprattutto dal cartesiano G.V. Gravina. Durante il Settecento, tale Classicismo si configurò soprattutto nella tendenza all'espressione controllata, al decorativo e al grazioso (si pensi agli Amori del Savioli) e ciò per influsso anche della decorazione ellenistica allora venuta in luce a Ercolano e a Pompei. Impossibile è scindere il N. primitivo dal N. puro, anche perché in molti autori N. e Preromanticismo si fusero in modo così profondo che, secondo l'opinione di molti studiosi, è possibile parlare di N.-romantico: è il caso di Manzoni, di Leopardi, di Foscolo. Del resto anche negli autori dichiaratamente neoclassici quali V. Monti, L. Mascheroni, P. Giordani, P. Coletta, I. Pindemonte, A. Bertola si avverte talora il ripiegamento nostalgico o un atteggiamento preromantico. Si usa anche chiamare N. la tendenza letteraria che fece capo, nel primo dopoguerra alla rivista "La Ronda", per il suo richiamo, sull'esempio dei classici, alla misura e al decoro formali. ● Mus. - Con il termine N. si indica una corrente musicale, sviluppatasi nella seconda metà dell'Ottocento e affermatasi tra il 1920 e i 1930, che si proponeva di ritornare ai modelli bachiani. Principali teorizzatori furono J. Brahms e M. Reger. Il N. fu una reazione al cromatismo postwagneriano; principali esponenti furono i membri del cosiddetto gruppo dei Sei, comprendente J. Cocteau, D. Milhaud, A. Honegger, G. Tailleferre, L. Durey, G. Auric. Contro i romantici e gli impressionisti essi si fecero promotori di una musica elementare, oggettiva, lontana dalla ricerca di ogni tipo di suggestione psicologica o poetica. I Sei non elaborarono, tuttavia, un loro proprio stile, mentre costruttiva fu l'attività di P. Hindemith che, dopo aver aderito all'espressionismo, si avvicinò al gruppo di Nuova oggettività ed elaborò una musica basata solo sui valori della forma e del contrappunto. Anche Stravinskij sulla base della ricerca dell'oggettività elaborò uno stile che si basava sull'accostamento di autori differenti. In Italia con A. Casella e G.F. Malipiero il N. si richiamò alla tradizione melodrammatica; solo per analogia il termine indica le manifestazioni musicali coeve all'omonimo movimento letterario ed artistico (L. Cherubini e G. Spontini).