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Nazionalsocialismo.

(o Nazismo). Ideologia, elaborata da A. Hitler nell'opera Mein Kampf (1925-27) e da A. Rosenberg nel volume Il mito del XX secolo (1930), affermatasi in Germania come sistema di governo dal 1933 al 1945, in seguito alla presa del potere da parte del Partito nazionalsocialista. Elementi centrali nel complesso di idee e valori alla base del N. erano la dottrina razziale (strettamente connessa con l'antisemitismo) e il complementare principio dello "spazio vitale". ║ La dottrina razziale: la teoria della superiorità della razza ariana enunciata nel Mein Kampf, da cui derivava la convinzione della necessità di procedere con forza al ripristino e alla tutela della purezza ariana, può essere sintetizzata nei seguenti punti: 1) Ogni progresso sociale avviene attraverso una lotta per la vita in cui i più capaci sono selezionati, mentre i più deboli soccombono, e poiché questa lotta avviene nell'ambito di una razza, essa dà origine a una élite naturale. 2) L'ibridazione, che avviene attraverso l'incrocio di individui di razza diversa, comporta la degenerazione di quella superiore e la sua decadenza culturale, sociale e politica. Tuttavia una razza può purificarsi, dato che gli ibridi tendono a scomparire rapidamente. 3) Tutte le civiltà o le culture di rilievo sono state create da una sola razza, poiché esiste una sola razza creatrice di cultura, quella ariana. Vi sono poi razze portatrici di cultura, capaci di operare adattamenti e modifiche, ma non di creare una propria cultura. Infine esiste la razza distruttrice della cultura, ossia la razza ebraica. Nell'opera di Rosenberg, intitolata Il mito del XX secolo, è enunciata la concezione secondo la quale tutta la storia dovrebbe essere riscritta e reinterpretata sulla base del principio della "lotta di razza" e, più in particolare, "della lotta tra la razza ariana, creatrice di cultura, e tutti i prodotti inferiori dell'umanità". Rosenberg supponeva che gli ariani, originari delle regioni settentrionali del globo, si fossero diffusi, attraverso varie ondate migratorie, in Egitto, India, Persia, Grecia, Roma, dando vita a tutte le civiltà antiche, poi decadute per il mescolamento degli ariani con razze inferiori. Secondo il teorico del N., a salvaguardare l'integrità della razza ariana rimasero i rami teutonici, impegnati in una lotta secolare contro il caos razziale dell'Impero romano. Essi realizzarono tutto ciò che aveva valore morale o culturale (scienza, arte, filosofia, istituzioni politiche, ecc.) negli Stati dell'Europa moderna. In contrapposizione alla razza ariana creatrice, Rosenberg, poneva l'"antirazza parassitaria, quella dei giudei", alla quale si doveva, da un lato la produzione di tutti i moderni veleni, capitalismo, finanza, democrazia, marxismo, intellettualismo, dall'altro la creazione degli "ideali effemminati di amore e di umiltà del Cristianesimo". Secondo l'autore de Il mito del XX secolo tutte le facoltà mentali e morali dell'uomo erano legate alla razza; egli affermava che poiché esse si fondavano su intuizioni o forme di pensiero innate, qualsiasi impostazione e soluzione di problema, da parte di individui e popoli, traeva origine da caratteri razziali. Pertanto non esistevano norme generali di valore morale o estetico né principi generali di verità scientifica ed ogni razza avvertiva la necessità di sopprimere ciò che fosse estraneo ad essa. Rosenberg aveva inizialmente presentato le proprie teorie come un mito; tuttavia, dopo l'assunzione del potere da parte dei nazisti, la dottrina razziale venne sviluppata come un'antropologia scientifica. Essa ebbe notevoli ripercussioni pratiche sulla politica nazista, producendo la legislazione eugenetica del 1933 e quella antisemita del 1935 e del 1938. La prima, formalmente destinata a impedire la trasmissione di malattie ereditarie, consistette in pratica, nella sterilizzazione e nello sterminio dei minorati fisici e mentali; anche la legislazione antisemita destinata, in linea teorica, all'accrescimento e alla conservazione della purezza della razza ariana, si trasformò progressivamente in una politica di totale sterminio degli ebrei. In effetti, l'antisemitismo costituì un potente mezzo psicologico di coesione della società tedesca e di consolidamento del N., poiché consentì per scaricare su un nemico fittizio le intolleranze e gli antagonismi di classe: il risentimento degli operai nei confronti dei datori di lavoro si trasformò nell'odio per il capitalismo giudaico; la paura della piccola borghesia nei confronti del comunismo divenne la paura per il marxismo giudaico; la mancanza di sicurezza economica si trasformò nell'odio per la finanza giudaica e la mancanza di sicurezza politica divenne il timore di una cospirazione giudaica per il dominio del mondo. La dottrina razziale, inoltre, servì per legittimare l'idea della costruzione di un grande Stato tedesco nell'Europa centrale, sottraendo ai Paesi confinanti quello che venne denominato lo spazio vitale, il Lebensraum. ║ Lo spazio vitale: come per la dottrina razziale, gli elementi fondamentali della dottrina del territorio traevano origine da una serie di luoghi comuni pseudoscientifici. Il concetto geopolitico dello "spazio vitale" si basava sul presupposto che la prosperità economica si fondasse sul controllo politico e che entrambi questi elementi si reggessero a loro volta sulla potenza militare; gli Stati venivano visti come "organismi" e i loro rapporti erano considerati come fondati sulla selezione naturale. Uno Stato che non avesse la capacità di espandersi era ritenuto in decadenza, oppure espressione di un popolo "spazialmente limitato" con scarsa abilità nella costruzione politica. Non avendo uno Stato limiti fissi "naturali", ma solo una linea di fronte temporaneo, secondo la teoria dello "spazio vitale" i trattati e le leggi internazionali non potevano limitare le possibili forze naturali di un popolo. Poiché la forza e l'aggressività costituivano per il N. i principi alla base del progresso, qualsiasi limitazione volontaria della lotta, esercitata attraverso il pacifismo o il controllo delle nascite, non faceva altro che abbandonare il futuro in mano alle razze inferiori. Sostanzialmente, la dottrina nazista dello "spazio vitale" non rappresentava altro che la giustificazione del dominio politico attraverso la potenza militare; essa mirava a legittimare il mantenimento di un alto tenore di vita da parte della potenza dominante, attraverso un sistema di sfruttamento delle popolazioni ritenute "inferiori". In attesa di una supremazia mondiale da parte di una singola potenza, il mondo sarebbe stato diviso in poche grandi sfere di influenza, dominate ciascuna da una potenza egemone. Nell'ambito di ogni area il gruppo razziale dominante avrebbe assegnato ai gruppi subalterni la loro funzione economica e il loro stato politico. I rapporti tra sfere d'influenza erano concepiti come rapporti di forza, così che i trattati che sancivano patti o accordi dovevano essere considerati alla stregua di semplici compromessi temporanei.
I gerarchi nazisti al processo di Norimberga

Adolf Hitler