Dottrina e prassi politica basata sull'esaltazione dell'idea di Nazione intesa
come entità assoluta (V. NAZIONE). ║
Attaccamento forte e spesso acritico alla propria Nazione, in tutti i suoi
aspetti caratteristici. ● St. - Nell'accezione moderna del termine, ossia
nel senso di desiderio di ogni comunità nazionale di affermare la propria
unità e la propria indipendenza, il
n. è un prodotto tipico
del pensiero liberale sette-ottocentesco. La Rivoluzione francese introdusse il
concetto di Nazione come entità collettiva - il popolo - dotata di
autocoscienza politica e titolare del diritto alla sovranità. Le
conquiste napoleoniche diffusero e alimentarono forme diverse e talvolta
contrastanti di
n. Dapprima esso fu inteso come resistenza alla pesante
tutela straniera e perciò durante la dominazione napoleonica assunse un
carattere essenzialmente antifrancese. In seguito esso diede nuova importanza
alle istituzioni locali, alle usanze tradizionali, alla lingua nazionale. Con la
sua esaltazione spesso irrazionale dei valori locali, il nuovo
n.
ispirò il movimento romantico, in contrapposizione all'ideale
cosmopolitico e universalistico che aveva animato il pensiero razionalistico e
illuministico. In Germania, dove gli ideali del
n. erano particolarmente
vitali, Herder e Fichte insegnarono l'amore e il rispetto per il
Volksgeist, ossia per il carattere peculiare della Nazione, base
essenziale della cultura e della civiltà. Il principale sostegno
intellettuale allo sviluppo del
n. tedesco fu l'università di
Berlino, dove Hegel espose una nuova filosofia dell'autorità e dello
Stato, destinata ad avere una profonda influenza su molti pensatori di tutta
Europa. La dottrina hegeliana dello Stato nazionale affonda le sue radici nel
pensiero illuministico, soprattutto tedesco, secondo cui tutti gli elementi di
una cultura formano un'unità nella quale religione, filosofia, arte e
moralità si influenzano reciprocamente e questi diversi rami della
cultura esprimono tutti lo "spirito" del popolo che li crea. Il concetto di
Stato nazionale riveste un'importanza primaria nella filosofia hegeliana della
storia: essa ha infatti lo scopo di mostrare, per mezzo della dialettica, come
le conquiste di ciascuna Nazione non rappresentino che un elemento di una
civiltà universale in evoluzione. Il genio, o lo spirito della Nazione
(
Volksgeist), che agisce attraverso gli individui, pur essendo quasi del
tutto indipendente dalla loro volontà o dalla loro intenzione
consapevole, viene considerato da Hegel come il vero creatore dell'arte, della
legge, della morale e della religione. La storia della civiltà è
quindi una successione di culture nazionali, in cui ciascuna Nazione porta il
suo contributo peculiare al progresso umano. Lo Stato guida lo sviluppo della
Nazione e ne è il fine. Esso abbraccia e include tutto ciò che la
Nazione produce e che ha valore morale e spirituale per la civiltà.
Togliendo al
n. gli elementi radicali e individualistici che esso
conteneva nell'età rivoluzionaria, Hegel caratterizzò
concretamente lo svolgersi del
n. tedesco. Del resto, a cavallo tra XIX e
XX sec. non solo in Germania, ma dovunque in Europa, il
n. andò
perdendo il significato liberale che aveva avuto nei decenni precedenti e
assunse caratteri sempre più marcatamente reazionari, sino a sfociare in
movimenti totalitari come il Fascismo e il Nazismo. Un'ondata di
n.
sciovinistico sommerse tutti i Paesi europei all'inizio del Novecento. In
Italia, il primo documento ideologico del movimento nazionalistico fu elaborato
da Enrico Corradini che, nel 1903, fondò la rivista "Il Regno"; a lui si
unirono successivamente altre personalità fautrici di un
n.
più moderato, come Prezzolini e Papini. Nel 1910 si tenne a Firenze il
congresso costitutivo del Movimento Nazionalista Italiano e l'anno seguente
Corradini e Federzoni lanciarono l'organo ufficiale del nuovo partito, "L'Idea
Nazionale". Il periodico, nato come settimanale, si trasformò in giornale
quotidiano nel 1914 e si deve alla propaganda svolta su di esso, come su altre
pubblicazioni nazionaliste, l'inizio di quell'opera di corruzione e di attacco
alle istituzioni liberali e democratiche che ebbe come sbocco il Fascismo. Il
Nazismo in Germania e il Fascismo in Italia si proclamarono regimi socialisti
adattati a fini nazionali. Nella concezione nazista,
n. significava
l'unione di tutti i Tedeschi in una grande Germania e l'espulsione da questo
nuovo
Reich di tutti gli elementi estranei, principalmente gli Ebrei.
Quanto al Fascismo, si deve ad Alfredo Rocco, che era stato uno dei capi del
n. italiano e che divenne ministro della Giustizia nel Governo Mussolini,
l'enunciazione, nel 1925, del principio secondo cui il Fascismo era una forma di
Socialismo nazionalista: la Nazione è la società alla quale
ciascuno appartiene, ogni classe e ogni interesse dovrebbero perciò
collaborare all'interesse della Nazione. Dal punto di vista economico, sia il
Nazismo che il Fascismo sostenevano la necessità del controllo totale
dell'economia da parte del Governo nell'interesse della Nazione, opponendosi sia
al Liberalismo, quale tendenza a limitare il controllo politico sull'economia,
sia al Marxismo, quale tendenza a considerare la politica come determinata
dall'economia. Nel secondo dopoguerra il
n. rappresentò il motivo
ispiratore del processo di decolonizzazione dell'Asia e dell'Africa,
contribuendo alla formazione di nuovi Stati nazionali. Negli ultimi decenni del
XX sec., tuttavia, la concezione tradizionale del
n., che puntava alla
creazione di unità politiche sempre più vaste, lasciò il
posto a un nuovo tipo di
n., mirante piuttosto al decentramento, alla
frammentazione politica ed economica in unità sempre più piccole,
fondate esclusivamente sull'appartenenza al medesimo gruppo etnico (
n.
etnico) e che non teneva più conto degli altri fattori unificanti
(lingua, storia, cultura, ecc.) insiti nell'idea tradizionale di Nazione. Questa
nuova forma di
n., che si basa esclusivamente su elementi primari
dell'uomo (come, appunto, l'appartenenza a una stessa etnia) tende a sfociare in
forme di discriminazione e di razzismo volte a isolare le minoranze e può
rappresentare un fattore di forte destabilizzazione politica. Ciò si
è reso particolarmente evidente nei Paesi dell'Europa dell'Est dopo il
crollo dell'Unione Sovietica, ma anche in molte regioni dell'Asia (India, Iran,
Iraq, Turchia, Srī Lanka) e dell'Africa (Corno d'Africa, Liberia, Ruanda,
Burundi, ecc.).