(dal latino
molinum, der. di
molere: macinare). Macchinario atto
alla macinazione di cereali (in particolare del grano) o materiali solidi di
tipo alimentare o di altra natura. ║ Per estens. - Edificio in cui sono
installati i macchinari necessari alla lavorazione completa delle materie prime.
● Encicl. - Gli antichi sistemi per la macinazione domestica (le macine a
sella o i mortai a pestello), che sfruttavano la forza muscolare dell'uomo,
possono considerarsi all'origine dei primi
m. Da essi infatti
derivò il
m. a mola rotante, formato da una mola conica smussata
in punta, su cui veniva fatta ruotare, grazie all'utilizzo della trazione
animale, una seconda mola cilindrica, cava all'interno, da cui il cereale da
macinare scivolava tra le superfici giustapposte delle due mole. Il
m. a
pestelli, che sfruttava la forza di gravità, era invece costituito da
una serie di vasche in pietra in cui periodicamente ricadevano i pestelli,
sollevati mediante diverse tecniche. Questi due tipi, pur variamente
perfezionati, vennero usati in Europa fino all'XI sec. Il
m. idraulico,
pur noto anche nel mondo classico fin dal I sec. a.C., ebbe a lungo scarsa
diffusione poiché, sfruttando l'energia cinetica del flusso idrico,
richiedeva la presenza di corsi d'acqua a portata abbondante e costante e una
tecnologia idraulica piuttosto complessa. Fu a partire dall'XI sec., con
l'affinamento delle tecniche edilizie, metallurgiche e della lavorazione del
legno, che questo tipo di
m. si sviluppò e si diffuse in
concomitanza con i
m. a vento, per altro già noti da tempo in Cina
e nell'area islamica. Lo sfruttamento dell'energia eolica avveniva mediante una
ruota ad asse orizzontale recante lunghe pale, spesso a vela, mosse dal vento.
Il movimento, tramite diversi tipi di ingranaggi, ma per lo più
attraverso ruote dentate, veniva trasmesso alla mola macinante. Il funzionamento
non sempre risultava essere economico, in quanto l'irregolarità del vento
poteva causare una pesante intermittenza della molatura. Con l'avvento della
macchina a vapore i
m. a vento e ad acqua caddero in molti casi in
disuso. ● Tecn. - I
m. possono essere classificati, oltre che
secondo il tipo di energia sfruttata, anche secondo il criterio dell'apparato di
macinazione (a cilindri, a dischi, a palle, a rulli, a pendolo, ad attrito,
ecc.). I
m. di vecchio tipo, tuttora esistenti in impianti di modesta
importanza, sono quelli
a macine: essi constano di due mole circolari di
pietra, poste l'una sull'altra in modo che siano a contatto due facce (superfici
lavoranti). Queste sono provviste di una solcatura a spigoli vivi. Una delle due
ruote, quella inferiore, è fissa, mentre quella superiore, detta anche
macinante, essendo montata su un albero verticale, mosso attraverso lo
sfruttamento di diversi tipi di energia (V.
SOPRA), è costretta alla rotazione. Il movimento dell'albero viene
comandato in vario modo. Gli impianti più perfezionati si fondano sul
laminatoio a cilindri di ghisa dura, rigati o lisci a seconda dell'utilizzo
(rispettivamente, per la prima rottura o per la rimacina). La distanza tra i
cilindri può essere regolata mediante meccanismi accessori; altri
impianti accessori si hanno per l'alimentazione costante delle tramogge di
carico e per il raffreddamento delle superfici lavoranti. Per l'abburattatura,
il tipo più diffuso di buratto moderno è costituito da una serie
di setacci, ai quali viene impresso un moto rotatorio piano. Fino a qualche
tempo fa l'operazione di macina veniva compiuta in un solo passaggio di
lavorazione; attualmente, invece, si preferisce operare una graduale
frantumazione attraverso successivi passaggi di macinazione. Tale sistema
risulta vantaggioso rispetto al precedente soprattutto per quanto riguarda la
separazione della crusca che, eseguita su frammenti di maggiori dimensioni,
riesce più agevole. Nella macinazione graduale si operano da cinque a
nove passaggi di rottura in seguito ai quali si hanno le semole; seguono due o
tre altri passaggi, detti di svestimento, e una diecina di successivi passaggi
detti di rimacina, in seguito ai quali si perviene al prodotto finito
(farina).