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Mori.

(dal latino Mauri: abitanti della Mauritania). Termine con cui gli Spagnoli indicarono i musulmani che occuparono la penisola iberica a partire dal 711. Con la reconquista cristiana la posizione dei moros, poi spregiativamente denominati moriscos, si fece sempre più precaria, sinché furono definitivamente assoggettati nel 1492, con la caduta di Granada, l'ultimo Regno arabo di Spagna. Le condizioni della resa (25 novembre 1491) furono generose, ma presto esse vennero violate. Sulla base di tali condizioni, il Regno fu sottoposto all'autorità di un governatore castigliano, e venne riconosciuto agli abitanti il diritto di continuare a praticare la religione musulmana, di conservare le loro leggi e i loro giudici. Inoltre gli Spagnoli si impegnavano a rispettare le tradizioni, la lingua, i costumi e il diritto alla proprietà della popolazione musulmana e fu data assicurazione che le tasse non sarebbero state più gravose di quelle imposte dai sovrani mori. Queste condizioni vennero rispettate finché a dirigere il tentativo di convertire i musulmani al Cristianesimo fu Hernando de Talavera, arcivescovo di Granada dal 1493 al 1507. La lentezza con cui procedeva l'opera di conversione indusse la regina Isabella a inviare a Granada Francisco Jiménez de Cisneros, col compito di indurre l'arcivescovo ad accelerare il processo di cristianizzazione. Sotto la pressione delle autorità, venne adottata una politica di intolleranza religiosa e di conversione in massa, mentre i libri sacri islamici venivano bruciati pubblicamente. Questa situazione provocò la rivolta dei m., alla quale fece seguito (12 febbraio 1502) l'espulsione dal Regno di Granada dei musulmani di età superiore ai 14 anni che rifiutassero il battesimo. Ad essi non fu però consentito di riparare nell'Africa nord-occidentale o nei territori della corona d'Aragona. Gli espulsi potevano solo dirigersi verso l'Egitto o attraversare la frontiera con la Biscaglia. I nuovi convertiti, noti con l'appellativo di moriscos, furono poi sottoposti ai rigori dell'Inquisizione. Nel 1525 Carlo V emanò un decreto che vietava di mantenere nomi arabi e di portare gioielli decorati con disegni arabi. Inoltre fu proibito di concludere contratti di matrimonio in base alle leggi musulmane. Nel 1556 furono imposti l'uso del castigliano e il bando della lingua araba, con pene severissime per i trasgressori. Nonostante questi provvedimenti, la politica di assimilazione diede scarsi risultati, anche perché il Governo si mostrò piuttosto restio a spendere denaro per un effettivo sistema di educazione cristiana. D'altra parte, esistevano notevoli discriminazioni anche per i convertiti che non potevano diventare sacerdoti, né entrare nell'esercito, né seguire la carriera legale e altre professioni, rimanendo così sudditi di seconda categoria. Queste discriminazioni fecero sì che quando i m. nord-africani, approfittando dell'offensiva lanciata dai Turchi nel Mediterraneo tra il 1560 e il 1570, compirono incursioni sulle coste di Granada, ad essi si unirono numerosi moriscos spagnoli. Le autorità emanarono allora nuove leggi repressive; nel giorno di Natale del 1568 i moriscos di Granada vennero deportati a migliaia nelle regioni dell'interno, suddivisi in piccoli gruppi e mescolati alla popolazione cristiana dell'Andalusia e della Castiglia. Il governo inoltre, cedendo alle crescenti pressioni, decise di attuare l'espulsione in massa dei m. dal territorio spagnolo. Con decreti del 1609 e del 1610, fu ordinato ai moriscos di Castiglia, Valencia, Catalogna e Aragona di abbandonare immediatamente il Paese. Si calcola che fossero costretti ad abbandonare la Spagna 300.000 persone, con disastrose conseguenze economiche per un Paese in cui un secolo prima era avvenuta l'espulsione degli Ebrei e in cui buona parte delle attività artigiane e mercantili erano svolte dalla popolazione di origine araba.