Moralista e scrittore francese. Nacque da una famiglia della piccola
nobiltà provinciale e fu educato con metodi liberali di impronta
erasmiana. Il padre, che aveva combattuto in Italia con Francesco I, possedeva
una vasta e profonda cultura umanistica che si impegnò a trasmettere al
figlio. Dal 1539 al 1546 frequentò il collegio di Duyenne, a Bordeaux, e
in seguito si dedicò agli studi di Diritto a Périgueux e a Tolosa.
Nel 1557 venne eletto al Parlamento di Bordeaux, mantenendo questo incarico fino
alla morte. Trasferitosi nel castello di famiglia nel 1569, cominciò a
dedicarsi con grande impegno agli studi, accettando solo occasionalmente
missioni e incarichi diplomatici. Nel 1580 pubblicò i primi due libri dei
Saggi, quindi compì un viaggio in Italia per curare una malattia
dalla quale era affetto. Da questa esperienza ricavò forti impressioni,
esposte in seguito nel volumetto
Giornale di viaggio in Italia (postumo,
1774). Di ritorno dalla penisola fu nominato sindaco di Bordeaux e
ricoprì brillantemente questo incarico (1581-83), in un periodo di
violenta guerra civile che sconvolgeva la Francia, tanto che venne rieletto nel
mandato successivo. Ritornò quindi nel suo castello e pubblicò il
terzo libro dei
Saggi (1588). Si dimostrò favorevole all'elezione
al trono di Enrico di Navarra, con il quale aveva un rapporto di amicizia;
tuttavia, rifiutò ogni incarico e ogni onore, limitandosi a consigliare
al re moderazione e clemenza nei confronti dei propri avversari politici. Nei
tre libri dei
Saggi, suddivisi in varie sezioni che trattano argomenti
diversi (
La tristezza,
La costanza,
La paura,
La forza
dell'immaginazione,
L'amicizia,
I cannibali,
Considerazione
su Cicerone,
Il dormire,
La coscienza,
I libri), i
problemi dell'uomo e dell'eterno divenire della condizione umana vengono
analizzati dal punto di vista morale. I
Saggi si muovono all'interno di
un'impostazione filosofica rigorosamente scettica, maturata con l'approfondita
conoscenza della cultura classica. Mentre però numerosi scrittori della
prima metà del Cinquecento avevano utilizzato lo scetticismo antico per
contrapporre l'incertezza della scienza umana alla superiore certezza della fede
religiosa,
M. utilizza quel patrimonio classico con fini e intenti assai
diversi. Ciò che maggiormente interessa lo scrittore non è dar
rilievo alla certezza della religione, quanto piuttosto liberare lo spirito da
tutte le conoscenze scientifiche offerte dall'Aristotelismo o dal Platonismo,
allo scopo di aprire la strada alla conoscenza concreta e diretta dell'uomo,
considerato fuori da tutte le astrazioni filosofiche e teologiche. Lo
scetticismo viene utilizzato da
M. come strumento per eliminare ogni
astratto giudizio sull'uomo, per riflettere sulle diverse interpretazioni
dell'individuo, nel suo rapporto con se stesso e con il mondo; come mezzo per
porsi di fronte alla realtà umana senza preconcetti e apriorismi di
carattere filosofico e teologico. Nelle sue opere lo scrittore nega ogni valore
alle teorie che ponevano l'uomo al centro del mondo, come dominatore assoluto
dell'universo. È pertanto assurdo che l'uomo voglia con la sua scienza
raggiungere Dio e l'universo nella sua totalità, è assurdo che
egli pretenda di ricondurre alla sua misura finita l'immensa realtà che
lo sovrasta e lo supera. Questa concezione profondamente scettica nei riguardi
della condizione umana non intacca però minimamente la fede religiosa di
M., che, anzi, non pone mai in discussione il patrimonio teologico della
Chiesa; egli respinge invece con fermezza da un lato i sistemi
teologico-naturali della filosofia scolastica, per l'eccesso delle loro pretese
sulla conoscenza di Dio, e per lo stesso motivo si oppone alle costruzioni
rinascimentali di ispirazione platonica o neo-platonica. In tal modo la sua fede
religiosa, anziché aprire la strada alle speculazioni metafisiche,
finisce per riappacificare l'uomo con se stesso e con il mistero dell'universo e
attribuisce all'intelletto, come unico scopo e compito, lo studio e
l'osservazione del finito, del terreno, dell'empirico. Il problema fondamentale
è quello di studiare se stessi, di approfondire, al di là di
inconcludenti quanto astratte sintesi metafisiche, le passioni, i sentimenti, le
virtù e i vizi della natura umana. Ed è proprio questo il fine a
cui l'uomo deve tendere: godere con intelligenza e misura del proprio essere e
della vita che gli è toccata in sorte.
M. ritiene che
poiché tutto nella vita è incerto, soggetto a mutamento e
provvisorio, sia meglio accettare la propria condizione e conformarvisi, dal
momento che ogni tentativo di volontario cambiamento non vale lo scompiglio che
necessariamente comporta. Egli accetta così le usanze e le credenze, le
leggi e le forme di vita tradizionali non perché vi presti fede, ma
perché al momento esistono, e non vale la pena di mutarle. Paragonando
l'atteggiamento di
M. al rivoluzionario ottimismo di Rabelais, ci si
rende conto che il suo scetticismo, la sua apatia, il suo conservatorismo
rispecchiano sentimenti di disillusione e pessimismo riguardo la società
umana; di fronte alla crisi storica e politica di cui è testimone nasce
la convinzione dell'impossibilità, da parte dell'individuo, di mutare
qualcosa del vivere civile. Questa sfiducia non impedì tuttavia allo
scrittore di assumere ferme posizioni nei riguardi delle più evidenti
atrocità del suo tempo, quali, ad esempio, i roghi di stregoni ed
eretici, riaffermando di contro la libertà e la dignità dell'uomo.
Per primo usò il metodo sperimentale, empirico, nello studio del mondo
morale, e seppe cogliere con grande finezza d'analisi e capacità di
rappresentazione la complessità della condizione umana, realizzando la
prima opera d'introspezione composta da un laico per i laici. Assai importante
è anche la sua pedagogia, fondata su concetti per allora originalissimi:
in polemica con parte degli umanisti, sostenne che l'educazione deve preparare i
giovani alla vita sociale e che inoltre si deve sviluppare in essi il senso
critico. L'influenza di
M. sulla letteratura e sulla cultura francese ed
europea fu vastissima: filosofo poco sistematico e assai aderente alla
realtà,
M. fu ispiratore e maestro di grandi scrittori e poeti che
ritrovarono nelle sue pagine un compiuto ritratto dell'umanità (Castello
di Montaigne, oggi comune di Saint-Michel-de-Montaigne, Périgord
1533-1592).