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Mira de Amescua, Antonio.

Drammaturgo e poeta spagnolo. Compì i primi studi a Guadix, sua città natale, trasferendosi poi a Granada (1592), dove si dedicò allo studio della teologia e del diritto. Nel 1601 fu ordinato sacerdote e, nel 1607, venne nominato cappellano reale della città di Granada. Fra il 1610 e il 1616 fu in Italia, ospite, a Napoli, della corte del viceré, dove fondò insieme ad altri letterati l'Accademia degli Oziosi. Ritornato a Madrid, a partire dal 1619 gli fu affidata la cappellania dal cardinale Infante don Fernando d'Austria che, per i suoi meriti letterari, lo insignì anche della carica di censore teatrale. M. de A. rimase nella capitale per circa dieci anni, entrando in contatto con i maggiori ingegni del tempo (Cervantes, Lope de Vega, Gòngora, Tirso de Molina). Nel 1631 divenne arcidiacono di Gaudix e trascorse nella città natale gli ultimi anni della sua esistenza. La produzione drammatica di questo autore comprendeva più di cento opere (di cui rimangono però solo 53 commedie e 14 autos) di argomento e di stile molto diversi tra loro: si spazia dal teatro religioso, con commedie bibliche o di ispirazione agiografica, ai drammi storici, fino alle commedie di costume. Il teatro di M. de A., pur richiamandosi a quello di Lope de Vega nella costruzione degli intrecci e nella rapidità della successione delle scene, presenta alcuni elementi nuovi che anticipano il teatro di Calderón de la Barca. L'attenzione per gli elementi marginali, episodici, cui si dà importanza tale da sconvolgere la stessa trama, e il gusto per l'inversione dell'ordine logico degli accadimenti, ne fanno uno dei più significativi esponenti del teatro barocco. Tra le opere ricordiamo: La locandiera del cielo, La fenice di Salamanca, Non si scherza con le donne, La ruota della fortuna. Suo indiscusso capolavoro è considerato Lo schiavo del demonio (1612), ispirato alla leggenda agiografica portoghese di Fray Gil de Santarem che ricorda la tematica faustiana: il frate vende la sua anima al diavolo in cambio della conoscenza e dell'amore di una donna. Il suo pentimento sancisce la rottura del patto diabolico e, insieme, la vittoria del libero arbitrio contro ogni forma di predestinazione (Guadix, Granada 1574-1644).