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Michels, Robert.

Sociologo tedesco naturalizzato italiano. Di madre francese, acquisì una cultura di respiro europeo, frequentando le università di Parigi, Monaco, Lipsia, Halle e Torino, dove si laureò nel 1900. Successivamente insegnò nell'università di Bruxelles (1903-05), al Collège libre des Sciences Sociales di Parigi (1905-07) e all'università di Torino, dove conseguì la libera docenza nel 1907. Nel 1914 fu nominato professore di Economia politica all'università di Basilea, dove insegnò sino al 1919. Trasferitosi in Italia, ebbe incarichi presso varie università; nel 1929 ottenne la cattedra di Economia generale a Perugia. Nella prima giovinezza aveva aderito al Partito socialista tedesco, segnalandosi per il suo estremismo. Attraverso la dottrina di Sorel, la sua iniziale adesione al Socialismo rivoluzionario andò trasformandosi, fino a spingerlo ad abbracciare le teorie élitarie di G. Mosca e V. Pareto e, successivamente, il Fascismo mussoliniano. M. analizzò i fenomeni sociali soprattutto nelle loro connotazioni politiche e, utilizzando in parte i principi enunciati da Mosca e Pareto, elaborò una teoria minoritaria che riconosceva il ruolo delle minoranze organizzate in seno ai partiti politici (La sociologia del partito politico nella democrazia moderna, 1912). Egli afferma che "l'esistenza di capi è un fenomeno congenito a qualunque forma di vita sociale" e che "ogni sistema di capi è inconciliabile coi postulati essenziali della democrazia". D'altra parte, però, senza la presenza attiva di "condottieri", si determinerebbe la "generale passività delle masse". La negatività della leadership si evidenzia quando i capi, che in una fase iniziale assumono spontaneamente il loro ruolo direttivo come "ufficio necessario e gratuito", divengono poi "capi professionali": questa loro professionalità prelude alla formazione "di un ordine di capi stabili e inamovibili". Ne consegue che organizzazione equivale a oligarchia, poiché nessun organismo partitico sfugge alla legge sociologica che comporta il "predominio degli eletti sugli elettori, dei mandatari sui mandanti, dei delegati sui deleganti". M. indicò un rimedio parziale nella presenza di spiriti superiori, di uomini liberi in grado di temperare queste tendenze all'autoritarismo col controllo e la critica: "il movimento operaio, in forza dei postulati teorici che propugna, crea spesso, contro il volere dei suoi stessi capi, un certo numero di uomini liberi che, vuoi per principio, vuoi per istinto, tornano sempre daccapo a rivedere il fondamento su cui l'autorità si basa". Tra le altre sue opere citiamo: Il proletariato e la borghesia nel movimento socialista italiano (1908); Storia del marxismo in Italia (1909); I limiti della morale sessuale (1912); Problemi di filosofia sociale (1914); Le teorie di K. Marx sulla miseria crescente e le sue origini (1922); Storia critica del movimento sociale italiano dagli inizi fino al 1911 (1926); Introduzione alla storia delle dottrine economiche e politiche (1932); Il patriottismo. Prolegomeni a un'analisi sociologica (1933); Studi sulla democrazia e sull'autorità (1933) (Colonia 1876 - Roma 1936).