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Michelet, Jules.

Storico e scrittore francese. Laureatosi in Lettere nel 1819, ottenne la cattedra di Storia presso il Collegio di Sainte-Barbe. Nel contempo cominciò a dedicarsi alle ricerche storiografiche e pubblicò il Compendio della storia moderna e una riduzione in francese della Scienza Nuova di Vico, sotto il titolo di Principi della filosofia della storia (1827). Grazie a questi lavori ottenne un incarico presso l'Ecole Normale Superieure di Parigi, che conservò sino al 1847, insegnando contemporaneamente (dal 1838) al Collège de France. Precettore della nipote di Carlo X e della figlia di Luigi Filippo, Clementina d'Orléans, appoggiò la Rivoluzione liberale del luglio 1830, che portò sul trono appunto Luigi Filippo d'Orléans, da cui nel 1831 ottenne la nomina a direttore generale della Sezione storica degli Archivi nazionali. M. si trovò così a poter disporre di una quantità imponente di materiali da consultare per la documentazione delle proprie opere. Ciò lo indusse a intensificare notevolmente il suo impegno come storico: a contatto diretto con le principali fonti della storia francese, scrisse una Introduzione alla storia universale (1831) in cui espose i suoi principi storiografici. Questo libro può essere considerato una sorta di guida alla sua monumentale Storia di Francia (1833-67) in 12 volumi, in cui sono narrati, dalle origini a Luigi XVI, gli eventi della storia francese, che egli interpreta romanticamente come prodotto della lotta delle classi popolari contro ogni forma di dispotismo. Dal 1838 tenne la cattedra che era stata di Guizot al Collège de France. Sono questi gli anni in cui M. andò definendo il proprio rapporto polemico con la Chiesa: a partire dal 1840 tenne dei corsi assai critici verso la politica conservatrice del Governo e in modo particolare verso la Chiesa cattolica, come testimonia il Corso sui gesuiti, tenuto in collaborazione con E. Quinet nel 1843. In quegli stessi anni iniziò a scrivere per il popolo quei "corsi di educazione nazionale" (Il prete, la donna e la famiglia, 1845; Il popolo, 1846; Lo studente, 1848) che consacrarono la sua popolarità di storico. Con l'avvento del regime bonapartista, fu privato, nel 1851, della cattedra, per essersi rifiutato di prestare giuramento al regime di Napoleone III; nel 1852 fu destituito dalla direzione degli Archivi. Emarginato dalla cultura ufficiale, si ritirò a Nantes, dove portò a termine la stesura della Storia di Francia e della grande Storia della Rivoluzione francese (1847-53) in sette volumi, che costituisce ancora oggi il suo indiscusso capolavoro. Cominciò poi una monumentale Storia del XIX sec. (1872-75), di cui portò a termine solo i primi tre volumi. In antitesi con il determinismo storico, M. considerò come elemento propulsore della storia la "forza viva dell'umanità". La sua opera storiografica poggia su una concezione mistica che non è necessariamente in contraddizione con il profondo anticlericalismo dell'autore, in quanto quest'ultimo è dettato da ragioni contingenti. Il tono romantico e il carattere messianico che informano le opere di M. contribuiscono a farle apparire datate, ma si deve tenere presente che gli studi storici di questo autore poggiano su approfondite ricerche d'archivio e su una formazione culturale molto solida, che abbraccia la filosofia della storia di Vico, il pensiero illuminista e gli apporti della storiografia tedesca a lui contemporanea. Dal punto di vista del moderno indirizzo storiografico, l'opera di M. è preziosa perché fornisce notizie sulle componenti sociali emarginate, come ad esempio il mondo femminile (Le donne della Rivoluzione, 1854; La strega, 1862). In tal modo M. conserva e rivaluta tutta quella documentazione cosiddetta "minore", al cui recupero è orientata in modo particolare l'indagine storica attuale. Tra le altre opere di M. ricordiamo: la Storia di Roma (1831); Il processo dei Templari (1841-51); La Bibbia dell'umanità (1864); Il mio diario (1891, postumo) (Parigi 1798 - Hyères, Provenza 1874).