Patriarca di Costantinopoli. Patriarca dal 1043 al 1058, fu il principale
artefice dello Scisma d'Oriente. Appartenente a una famiglia dell'aristocrazia
bizantina, fu capo di una congiura contro l'imperatore Michele IV Paflagone, in
seguito alla quale fu costretto all'esilio e vestì la tonaca monacale per
mettersi al sicuro da possibili rappresaglie. Tornò a Costantinopoli alla
morte di Michele V Calafato e divenne il più importante consigliere di
Costantino IX Monomaco, che aveva aiutato nella congiura contro il precedente
imperatore. Salì al patriarcato nel 1043, sorretto da un favore popolare
che non lo avrebbe mai abbandonato. Contro la politica conciliativa del
Monomaco,
M.C. condusse una politica ecclesiastica violentemente
antilatina, rendendo definitiva e insanabile quella crisi di rapporti con Roma,
che era già latente da diversi decenni. Motivo della rottura furono il
contrasto politico sulla questione del preteso primato del vescovo di Roma sui
patriarchi orientali (mentre
M.C. era fedele alla tradizione orientale
della "pentarchia", cioè del governo della Chiesa cristiana affidato ai
cinque grandi patriarchi) e le divergenze dogmatiche (
M.C. criticò
l'uso liturgico del pane azzimo nell'eucarestia e la formula dogmatica del
Filioque, aggiunta dalla Chiesa cattolica al simbolo niceno (il Credo),
la quale dichiara che lo Spirito Santo procede dal Padre e "dal Figlio": secondo
gli ortodossi, viceversa, il fondamento della unità divina risiede nella
"monarchia" del Padre, sola fonte del Figlio e dello Spirito Santo, che procede
dal Padre
per Filium). L'occasione che portò allo scisma fu la
visita a Costantinopoli dei legati inviati da papa Leone IX sotto la guida del
cardinale Umberto da Silva Candida, per ottenere un chiarimento e tentare una
riconciliazione. Di fronte all'irrigidimento del patriarca costantinopolitano,
che rifiutò di riceverli, i legati occidentali depositarono un documento
di scomunica sull'altare di Santa Sofia contro
M.C. e altri due
ecclesiastici del patriarcato.
M.C. reagì con la convocazione di
un sinodo che a sua volta scomunicò i legati pontifici, e in seguito con
un'enciclica riaffermò la piena giurisdizione del patriarca
costantinopolitano su tutta la Chiesa bizantina, rendendo così
irreparabile la rottura tra le due Chiese. Alla morte del Monomaco (1055),
M.C. ebbe rapporti piuttosto difficili, sia con l'imperatrice Teodora,
sia poi con il figlio di questa, l'imperatore Michele VI Stratiotico, e fu
allontanato dal potere. Sempre sostenuto dall'appoggio popolare,
M.C. si
mise a capo dell'opposizione e aprì la via alla conquista della capitale
e all'ascesa al trono di Isacco I Comneno, che egli stesso incoronò in
Santa Sofia (1057). L'azione politica di
M.C. fu volta a rivendicare la
supremazia della Chiesa bizantina su ogni autorità esterna, tanto del
papa quanto dell'imperatore. Per questa via entrò in urto con la
tradizionale politica cesaropapista degli imperatori di Bisanzio.
M.C. fu
la personalità emergente nell'ambito di questo rafforzamento del
prestigio della Chiesa nei confronti del sovrano: ottenne il passaggio sotto
l'autorità patriarcale di Santa Sofia, fino ad allora imperiale, e giunse
a teorizzare la distinzione tra la sfera di potere religioso e quella politica,
affermando addirittura (se bisogna prestare fede a quanto dice Psello nella
requisitoria che preparò contro di lui) la superiorità della
Chiesa sull'imperatore, nella sua qualità di legittima erede delle
prerogative imperiali di Costantino. In questo modo
M.C. finì con
l'alienarsi il favore di Isacco Comneno. L'imperatore, temendo che l'eccessiva
potenza acquistata dal patriarca portasse all'indipendenza della Chiesa greca
dall'Impero, lo fece arrestare e mettere sotto processo; suo principale rivale e
accusatore fu Michele Psello, il grande storico di corte e filosofo neoplatonico
del periodo comneno.
M.C. morì mentre si preparava nella capitale
il sinodo che avrebbe dovuto processarlo e deporlo. Isacco Comneno dovette
piegarsi al trionfo postumo del patriarca, che fu inumato solennemente nel
monastero in cui era stato arrestato e fu fatto oggetto di un culto locale. Lo
stesso Psello tenne il panegirico di
M.C. davanti al nuovo sovrano
Costantino X Ducas (Costantinopoli 1000 circa - 1058).