Statista austriaco. Appartenente a un'antica famiglia feudale di origine renana,
nel 1788 entrò all'università di Strasburgo, dove seguì gli
insegnamenti storico-politici di Ch.W. Cock. A seguito delle ripercussioni della
Rivoluzione francese, fu costretto ad abbandonare Strasburgo e a continuare gli
studi a Magonza. Nel 1794 si recò in Inghilterra dove ebbe modo di
conoscere lo scrittore inglese Burke, la cui idea di un sistema di oligarchia
aristocratica travestito da Governo rappresentativo riscosse particolare
interesse nel giovane
M. Il matrimonio, nel 1795, con la principessa
Eleonora Kaunitz, nipote del cancelliere, gli permise di ottenere importanti
incarichi diplomatici; nel 1801 fu inviato, dall'imperatore Francesco II, a
Dresda alla corte dell'elettore Federico Augusto, in qualità di ministro
plenipotenziario. Nel 1803 passò a Berlino: durante questa missione
riuscì a ottenere (trattato di Postdam, 1805) che la Prussia entrasse
nell'alleanza austro-russa contro Napoleone. A seguito delle sconfitte di Ulma e
Austerlitz (ottobre-dicembre 1805) e della conseguente Pace di Presburgo,
M. fu nominato ambasciatore a Parigi (1806), incarico che segnò la
svolta decisiva per la sua carriera. Con la sua attività presso la
capitale francese e i consigli che trasmetteva all'imperatore valendosi delle
indiscrezioni raccolte negli ambienti politici francesi, fu in grado di
influenzare notevolmente la politica austriaca nei confronti della Francia. Nel
1809, convinto che il momento del riscatto austriaco fosse ormai giunto,
consigliò a Vienna di dichiarare guerra a Napoleone. Francesco II,
alleatosi con l'Inghilterra, la Spagna e il Portogallo accolse l'invito di
M. ma, contro ogni previsione, Napoleone uscì vittorioso con la
battaglia di Wagram, imponendo ai suoi nemici l'umiliante Pace di
Schönbrunn (ottobre 1809), sottoscritta da
M. stesso. Divenuto
cancelliere,
M. modificò la sua strategia politica: dopo aver
imputato la sconfitta di Wagram ai suoi errori di valutazione, si impegnò
in una politica più cauta, attendendo condizioni favorevoli per prendersi
una rivincita sulla Francia. A tale scopo, egli favorì le nozze fra
l'arciduchessa Maria Luisa e Napoleone (1810), e ottenne uno sgravio sul
pagamento dell'indennità di guerra prevista dalla Pace di
Schönbrunn. Allo stesso tempo
M. lavorò al rafforzamento
della compagine statale e dell'esercito. La campagna di Russia del 1812
rappresentò quel momento a lungo atteso da
M. per la riscossa
austriaca; all'inizio del conflitto egli accettò di aiutare Napoleone,
fornendo un esercito di circa 3.000 uomini, sulla base della promessa che, in
caso di vittoria francese, l'Austria avrebbe recuperato la Slesia; ma quando i
Francesi cominciarono a trovarsi in difficoltà,
M. si propose come
mediatore fra Francia e Russia. A seguito del fallimento del Congresso di Praga
(1813), cui avevano partecipato sia Napoleone che gli Alleati, l'Austria
entrò nell'alleanza antinapoleonica. Tuttavia, preoccupato delle mire
espansionistiche russe e dal nazionalismo tedesco,
M. cercò ancora
di trovare un accordo con Napoleone promuovendo gli accordi di
Châtillon-sur-Seine (1814), ma il rifiuto dell'imperatore francese di
tornare alle frontiere del 1792 portò a una ripresa delle ostilità
e alla sua definitiva sconfitta. Dopo la caduta di Napoleone,
M.
costituì il perno del nuovo equilibrio internazionale, dominando il
Congresso di Vienna (V.). Egli si pose l'obiettivo di assicurare l'ordine in
Europa contro ogni minaccia rivoluzionaria, modellando la carta politica europea
secondo il suo ideale di equilibrio, nonché quello di garantire la pace e
di stabilire l'egemonia austriaca in Germania e in Italia. Al Congresso egli
rappresentò il conservatorismo più programmatico, ostile a
qualsiasi riforma. Tuttavia si oppose all'integrale restaurazione dell'
ancien
régime, consapevole che avrebbe provocato eccessive tensioni tra gli
Stati europei. Con altrettanta fermezza si oppose a ogni concessione ai
movimenti nazionali e liberali. Ottenuta la spartizione dell'Europa secondo i
canoni classici della diplomazia dell'equilibrio, operò con grande
abilità per fare della Santa Alleanza una lega reazionaria al fine di
reprimere i moti nazionalistici, che costituivano un pericolo incombente per
l'Impero asburgico. I garanti del nuovo ordine sarebbero dovute essere le
potenze vincitrici su Napoleone: Austria, Inghilterra, Russia e Prussia (ma per
volere inglese, a partire dal 1817 entrò a far parte della Quadruplice
Alleanza anche la Francia). Sfruttando abilmente l'insurrezione universitaria
liberale e l'omicidio di A. Fr. Kotzebue,
M. riuscì ad imporre
l'egemonia austriaca e la sua politica di repressione poliziesca all'interno
della Confederazione germanica, (conferenze di Karlsbad e di Vienna).
Analogamente, sull'onda della rivoluzione napoletana del 1820, riuscì ad
affermare il principio dell'intervento anche in Italia (Congressi di Troppau,
1820 e Lubiana, 1821). Ma dal Congresso di Verona (1822) l'equilibrio fra le
cinque maggiori potenze europee iniziò a vacillare; soprattutto a causa
del mutato atteggiamento dell'Inghilterra, cominciò a delinearsi la crisi
che sarebbe esplosa nel 1827 con l'isolamento dell'Austria sulla questione
d'Oriente. La rivoluzione parigina del 1830 diede un altro duro colpo alla
politica metternichiana dell'equilibrio: essa infatti non solo segnò,
almeno in un primo momento, l'uscita della Francia dall'intesa conservatrice, ma
scatenò anche rivoluzioni in Italia e Germania, minando la supremazia
austriaca in questi due Paesi. Ciò comportò una maggiore
sudditanza dell'Austria verso la Russia, che si fece ancora maggiore con la
morte dell'imperatore Francesco II (1835) e la successione del figlio Ferdinando
I. Gli anni seguenti furono caratterizzati da una sempre minor influenza di
M. sia in politica estera, sia in politica interna, anche a causa del
favore concesso dal nuovo imperatore al ministro Franz Anton Graf von Kolowrat.
La rivoluzione di Vienna (marzo 1848), ispirata a quella parigina del febbraio,
costrinse il sovrano a congedare
M. nella speranza di calmare gli animi
dei rivoltosi. Rifugiatosi prima in Inghilterra, poi in Olanda e quindi in
Belgio,
M. poté tornare a Vienna nel 1851, esercitando una debole
influenza sul giovane imperatore Francesco Giuseppe. Diplomatico di eccezionale
abilità,
M. fu il principale artefice della sistemazione
internazionale che assicurò un lungo periodo di pace all'Europa. Al
pericolo rappresentato dall'ideologia rivoluzionaria per l'ordine sociale e
politico vigente,
M. contrappose la concezione di un equilibrio politico
organico, fondato sull'interdipendenza degli interessi degli Stati. Nel sistema
metternichiano l'interesse generale europeo coincideva con quello dell'Austria,
cui era affidato il delicato compito di bilanciare le forze centripete di Russia
e Francia. Le sue
Memorie furono pubblicate postume nel 1879-84 dal
figlio Richard. Nella pubblicistica europea del XIX sec., e in particolar modo
in quella italiana, animata da forti sentimenti nazionali e liberali, la figura
di
M. è stata spesso oggetto di critica, che ha visto nello
statista austriaco la migliore esemplificazione del più retrivo e
fanatico conservatorismo. Negli anni successivi l'operato di
M. è
stato in parte rivalutato; sono state sottolineate le grandi doti politiche e
diplomatiche dello statista (Coblenza 1773 - Vienna 1859).
Ritratto del principe di Metternich-Winneburg