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Martini, Arturo.

Scultore italiano. Compiuto un periodo di apprendistato in un laboratorio di oreficeria e di ceramica, si dedicò allo studio della tecnica scultorea a Treviso e poi a Venezia. Nel 1909 si recò a Monaco per seguire le lezioni di Adolf Hildebrand e nel 1912 compì un viaggio a Parigi che gli permise di entrare in contatto con le esperienze del Cubismo, dei Fauves, del Futurismo (Modigliani, Boccioni), e che gli ispirò opere quali Ritratto di Omero Soppelsa (1913) in cui risulta evidente quel dinamismo futuristico di stampo boccioniano. Nel primo dopoguerra aderì al movimento dei "Valori Plastici" di cui facevano parte Carrà, Funi, De Chirico, già alla ricerca di quella purezza formale che ispirò tutte le opere anche del periodo successivo, fino alla metà degli anni Trenta (Chiaro di luna, Sogno, La sete, Donna seduta). Nel 1926 partecipò alla Mostra del Novecento a Milano con le opere Il bevitore (1926) e Il figliol prodigo (1927), che rivelano insieme forza plastica, gusto narrativo e composizione luminosa delle forme. Nel 1931 M. vinse la prima Quadriennale romana; l'anno seguente partecipò alla XVIII Biennale di Venezia con alcune terrecotte. Nel 1937 realizzò per il Palazzo di Giustizia di Milano Giustizia Corporativa, opera di impegno civile, che viene considerata il suo capolavoro. Altre opere di notevole importanza sono: Aviatore (1931), Centometrista (1935), Tito Minniti, eroe d'Africa (1936), Donna che nuota sott'acqua (1941), Palinuro (1946). Negli ultimi anni della sua vita l'artista abbandonò quasi completamente la scultura per dedicarsi alla ricerca pittorica, nella quale si può comunque ritrovare quella stessa esigenza di drammaticità, di sfogo emotivo e di spontaneità che caratterizzava le sue opere scultoree. Nel 1945 M. pubblicò il saggio La scultura lingua morta, mentre dopo la sua morte uscì il suo epistolario Le lettere: 1909-47 (Treviso 1889 - Milano 1947).