Filosofo francese. Di origine protestante, compì i suoi studi nel clima
culturale scientistico e materialistico della Francia di fine Ottocento, ma una
profonda crisi spirituale che lo condusse sull'orlo del suicidio lo portò
ad aderire alla scuola di Bergson, di cui condivideva l'atteggiamento critico
verso il Positivismo e l'importanza assegnata alle scienze dello spirito. La sua
adesione allo spiritualismo bergsoniano vacillò successivamente, in
quanto
M. non ne condivideva l'impostazione irrazionalistica: nella
formulazione matura del suo pensiero, pur fondando la sua metafisica
sull'intuizione dell'essere,
M. riconobbe alla ragione la capacità
di far presa sul reale. L'amicizia con Léon Bloy portò il filosofo
alla conversione alla fede cattolica nel 1906, ma la tappa conclusiva del suo
tormentato percorso di formazione spirituale fu determinata dall'incontro con P.
Clérissac, che lo iniziò alla filosofia di Tommaso d'Aquino e
impresse così l'orientamento definitivo alla sua vita spirituale. Nel
1914 fu nominato professore di Filosofia moderna all'Institut Catholique, dove
rimase fino al 1939, quando fu inviato dal Governo francese negli Stati Uniti,
dove rimase, insegnando in varie università americane, fino al 1960, se
si eccettua il periodo dal 1945 al 1948, in cui svolse l'incarico di
ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Dopo la morte della moglie Raissa
(1960), che gli era stata preziosa collaboratrice nell'elaborazione del suo
pensiero, si ritirò a Tolosa nel convento dei Petits Frères de
Jésus, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita in totale
isolamento. Convinto assertore della attualità e della fecondità
dei principi della filosofia di Tommaso d'Aquino nella società moderna
(fu uno dei fondatori nel 1924 della Società tomista),
M. è
uno dei maggiori rappresentanti della corrente neotomistica della filosofia
contemporanea, che tenta di affrontare i problemi dell'uomo di oggi con gli
strumenti intellettuali elaborati dal tomismo nel Medioevo, liberandoli
però dalla concezione sistematica ed enciclopedica tipica della filosofia
medioevale e applicandoli alla situazione e ai problemi del mondo contemporaneo.
M. respinge il soggettivismo gnoseologico che caratterizza tutto il
pensiero moderno a partire da Cartesio, per riaffermare un nuovo realismo
metafisico che recupera il diretto rapporto intenzionale tra soggetto e oggetto.
La sua dottrina della conoscenza si basa sul presupposto che la prima evidenza
per la coscienza non è la realtà del soggetto pensante, come
afferma Cartesio, ma la realtà dell'essere. L'atto conoscitivo del
pensiero non crea l'essere, come sosteneva l'Idealismo tedesco, perché
pensiero ed essere esistono nel pensiero di una medesima esistenza
soprasoggettiva, che è Dio. La conoscenza umana ha però dei
limiti, in quanto esistono ambiti dell'essere che non sono esplorabili con la
ragione, ma possono essere raggiunti solo nell'esperienza mistica, che ci
dà quella che
M. chiama "la conoscenza sperimentale del Dio
nascosto". Da questa impostazione gnoseologica e metafisica deriva la posizione
di
M. nell'etica e nella dottrina politico-sociale: scopo ultimo
dell'uomo è quello di realizzare i suoi fini soprannaturali, che sono
dati dalla Rivelazione e sono di ordine spirituale. Compito della società
è quello di assicurare all'uomo, nell'ordine temporale, le condizioni
più adatte per realizzare tali fini superiori, garantendogli la
libertà e l'indipendenza spirituale necessarie. È auspicabile
quindi un sistema economico che rispetti la dignità della persona e miri
alla redistribuzione dei beni attraverso una compartecipazione dei lavoratori
alla proprietà e alla gestione aziendale. Il fine immediato della
società, sia esso inteso come benessere economico o equità
sociale, non è però il fine ultimo: è sempre un fine
intermedio, in quanto è trasceso dal fine ultimo dell'uomo, che è
l'inveramento della sua essenza spirituale. Pur essendo sensibile alle istanze
del mondo operaio,
M. condanna espressamente il Marxismo e ogni forma di
Stato etico e di totalitarismo, sostenendo invece la possibilità di un
ordinamento politico basato su una società liberale e democratica,
quantunque cristianamente ispirata. Nel suo libro teoricamente più
importante e più noto al pubblico,
Umanesimo integrale (1936),
egli vede nella disintegrazione dell'"Europa delle cattedrali", compiuta dagli
illuministi e proseguita da Hegel, l'origine delle frustrazioni dei
contemporanei. Individua i motivi della crisi europea nell'umanesimo
antropocentrico, che è sfociato appunto nel Marxismo e nell'ateismo, e ad
esso contrappone una nuova forma di umanesimo teocentrico che, senza dimenticare
le esigenze concrete dell'esistenza, tenga conto dell'essenza creaturale
dell'uomo e dell'urgenza dei suoi bisogni spirituali. La proposta di
M.
prevede la costruzione di un Cattolicesimo profondamente rinnovato, aperto alle
acquisizioni del mondo contemporaneo, quali il riconoscimento dei diritti
dell'uomo e la solidarietà del mondo operaio, e rispettoso della
libertà del cattolico sul piano dell'azione temporale. Queste sue tesi
sul rapporto tra Chiesa e Stato, espresse in opere come
Il primato dello
spirituale (1927),
Cristianesimo e democrazia (1943) e ribadite ne
Il contadino della Garonna (1966), in cui tra l'altro analizza gli
aspetti più importanti del mondo cattolico postconciliare, suscitarono
contro di lui la violenta reazione delle correnti più integraliste del
Cattolicesimo italiano. Fra le altre opere di
M., una sessantina di
volumi scritti tra il 1914 e il 1973, citiamo:
La filosofia bergsoniana
(1913),
Arte e scolastica (1920),
San Tommaso (1921),
Tre
riformatori: Lutero, Cartesio, Rousseau (1925),
Distinguere per unire. I
gradi del sapere (1932),
Sette lezioni sull'essere e sui primi principi
della ragione speculativa (1934),
La filosofia della natura (1935),
Della giustizia politica (1940),
Da Bergson a Tommaso d'Aquino
(1944),
La persona e il bene comune (1947),
L'intuizione creativa
nell'arte e nella poesia (1953),
Riflessioni sull'America (1959),
La responsabilità dell'artista (1962) (Parigi 1882 - Tolosa
1973).