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Macedonia.

Stato (25.713 kmq; 2.040.000 ab.) dell'Europa balcanica. Confina a Nord con lo Stato di Serbia, a Est con la Bulgaria, a Sud con la Grecia e a Ovest con l'Albania. Capitale: Skopje. Città principali: Bitola, Kumanovo e Ohrid. Ordinamento: Repubblica costituzionale. Moneta: dinaro. Lingua: macedone; diffuso l'albanese. Religione: ortodossa e musulmana. Popolazione: è formata in maggioranza da Macedoni (66%), con importanti minoranze di Albanesi (23%) e di Turchi (4%), oltre a quelle di minor entità rappresentate da Rumeni e Serbi.

GEOGRAFIA

Essenzialmente montuosa, appare morfologicamente assai frammentata: i sistemi del Rodope e del Pindo (Korab 2.764 m, Perister 2.600 m, Ljuboten 2.496 m) si alternano ad ampie conche, mentre l'unica pianura importante si trova sull'alto corso del fiume Strumica. Il fiume più importante è il Vardar, al cui bacino idrografico appartengono tutti i fiumi del Paese (Bregalnica, Treska, Crna-reka). Di formazione tettonica sono i laghi di Ocrida e Prespa che dividono la M. dall'Albania. Il clima è prevalentemente di tipo continentale.
Cartina della Macedonia


ECONOMIA

L'agricoltura è l'attività principale, pur se praticata solo nei fondovalli e nei bassopiani. Rivestono particolare importanza alcune produzioni specializzate mediterranee e subtropicali: riso, tabacco, canapa, gelso, papavero, sesamo. La vite prospera nel bacino del Vardar, mentre la coltivazione del cotone ha relativamente perso d'importanza. Si producono anche cereali, mais, segale, frutta. Negli ultimi anni si è assistito al massiccio inserimento della coltura della marijuana. L'allevamento è rappresentato da ovini, bovini e suini; è ridotto rispetto al passato l'allevamento del baco da seta. Ingenti sono le risorse minerarie: cromite (Raduša), piombo e zinco (Kratovo, Zletovo), magnesite (Štip), ferro (Gevgelija), lignite (Pelagonia), rame. Importante è inoltre la produzione di energia idroelettrica. Non molto diffuse sono le industrie: siderurgiche (Kumanovo), metallurgiche (piombo e zinco a Titov Veles e Radivoš, rame a Raduša), chimiche (Skopje), meccaniche (Skopje, Ocrida) e del cemento (Skopje), del tabacco (Prilep, Skopje, Kumanovo), tessili e alimentari.

STORIA

Il Regno macedone si costituì sotto la dinastia degli Argeadi, fra l'inizio del VII sec. a.C. e la metà del V sec a.C. Vassallo dei re di Persia (490-480 a.C.), il Regno esercitò la sua influenza sulle città greche a partire dal V sec. a.C. Archelao (413-399 a.C.) estese la supremazia sulle regioni limitrofe, mentre Filippo II, salito al trono nel 359 a.C., stabilì la sua egemonia su gran parte delle città greche (338 a.C.). Suo figlio Alessandro Magno vinse i Persiani e fondò un vasto Impero che si estendeva fino all'Indo. Alla sua morte (323 a.C.) il Regno fu travagliato dalle lotte tra i vari diadochi pretendenti al trono, finché nel 276 a.C. Antigono Gonata riuscì a insediarsi stabilmente in M., difendendola contro gli assalti di Pirro e delle città greche. Queste continuarono a gravitare nell'orbita macedone finché il re Filippo V non venne a conflitto coi Romani tra il III e il II sec. a.C. Dopo la sconfitta del figlio di Filippo V, Perseo, a Pidna (168 a.C.), la M. fu trasformata in provincia romana (148 a.C.). In seguito al crollo dell'Impero romano, la M. fu invasa prima da Visigoti, Goti, Unni e Ostrogoti, quindi da Slavi, Avari e Bulgari. Questi ultimi vi consolidarono il proprio dominio (IX sec.) nonostante i tentativi di riconquista da parte dei Bizantini, ai quali la regione tornò solo nel 1018. Occupata dai Serbi (XIV sec.), che con Stefano Dušan ne fecero il centro del loro Impero, con capitale Skopje, nel 1371 passò sotto la sovranità dei Turchi e ad essi rimase soggetta fino al 1912, quando fu persa da questi in seguito alla prima guerra balcanica. Oggetto di discordia fra gli Stati balcanici, e causa della seconda guerra balcanica, col Trattato di Bucarest (1913) fu divisa tra Bulgaria (che ottenne il Sud-Est povero), Serbia (cui andò la parte settentrionale, compresa la capitale Skopje) e Grecia (che si trovò a occupare la zona meridionale della M. comprendente Salonicco e Kavàlla). Durante la seconda guerra mondiale, nel 1944, il settore serbo (che nel 1918 era entrato a far parte del Regno di Serbi, Croati e Sloveni, successivamente rinominato Regno di Jugoslavia) si costituì in Repubblica popolare di M. che, nel 1947, divenne una delle sei Repubbliche federali jugoslave. Nella seconda metà degli anni Ottanta contrasti etnici e politici divisero pericolosamente la federazione jugoslava, fino a esplodere, all'inizio del decennio successivo, in una sanguinosa guerra civile. Il 17 settembre 1991, anche la M., dopo la Slovenia e la Croazia, dichiarò la propria indipendenza e nel 1993 fu riconosciuta dalla comunità internazionale con il nome di Ex Repubblica jugoslava di Macedonia. La Grecia, in contrasto con la linea adottata dagli altri Stati, si rifiutò di riconoscere il Paese con tale denominazione, ritenendola sottratta al proprio patrimonio storico-culturale, temendo inoltre l'eventualità di rivendicazioni sul proprio territorio. Nel 1994 il Governo di Atene mise in atto un blocco economico nei confronti della M., causando notevoli difficoltà al Paese. Nello stesso anno si tennero le elezioni presidenziali e legislative: il capo dello Stato Kiro Gligorov, che aveva portato la M. alla secessione, fu riconfermato alla guida del Paese; tra i partiti si registrò la vittoria dell'Unione per la Macedonia (coalizione di socialdemocratici, socialisti e liberali). Nel 1995 fu firmato un accordo a New York in base al quale la Grecia si impegnò a riconoscere la M. (pur rimanendo controversa la questione del nome), ad abolire il blocco economico imposto in precedenza e a togliere il veto all'ingresso dello Stato in varie organizzazioni internazionali. Nel 1996, un piano di privatizzazioni portò alla rottura della coalizione di Governo e alla formazione di un nuovo Esecutivo, ma la situazione del Paese non migliorò. Problema scottante rimase quello della minoranza albanese, che costituiva più del 20% della popolazione e che rivendicava, per le regioni nelle quali era maggioranza, l'annessione all'Albania. La tensione divenne fortissima nel 2001, fino a minacciare lo scoppio di un vero e proprio conflitto armato. I due movimenti di guerriglia, UCPMB (Esercito di liberazione di Presevo, Medvedja e Bujanovac) e il nuovo UCK (Esercito di liberazione del Kosovo), nel febbraio 2001 occuparono alcuni villaggi a maggioranza albanese vicini al confine tra M., Kosovo e Serbia: iniziarono allora duri scontri tra le forze di sicurezza macedoni e i guerriglieri albanesi. Per paura di una destabilizzazione del Kosovo, la NATO consentì alle forze serbe di dispiegarsi in una parte della zona smilitarizzata, mentre i Paesi dell'Ue sostennero il Governo macedone. In marzo il nuovo UCK si spinse fino alle porte di Tetovo, la seconda città per importanza e la più popolata da Albanesi, e i combattimenti si estesero anche ad altri villaggi nella M. settentrionale. Intanto si assistette a una massiccia fuga di civili verso l'Albania, la Serbia, la Bosnia, la Croazia e la Turchia. Con l'intensificarsi degli scontri, le forze internazionali fecero pressioni perché si creasse un Governo di unità nazionale, che si formò il 14 maggio 2001: accanto a Nazionalisti, Alternativa democratica e Partito democratico albanese, entrarono nell'Esecutivo Alleanza socialdemocratica di Macedonia e Partito albanese della prosperità democratica, il maggior rappresentante della minoranza albanese in M. Tuttavia i dissensi interni alle forze di Governo bloccarono qualunque iniziativa politico-diplomatica e gli scontri al confine con il Kosovo proseguirono violentissimi. A luglio si incontrarono a Skopje l'inviato Ue F. Léotard e l'inviato statunitense J. Pardew, che sottoposero al vaglio del Governo una bozza di modifica costituzionale, che favorisse la minoranza albanese. La NATO intanto, accogliendo la proposta del presidente macedone Boris Trajkovski, progettò l'invio di una forza di 3.000 soldati. Dopo sei mesi di guerriglia, il 13 agosto il Governo di Skopje e i partiti albanesi siglarono l'Accordo di Ohrid, che pose fine all'insurrezione. L'accordo si fondava su tre punti principali: l'integrità dello Stato macedone, la concessione di diritti più ampi alla minoranza albanese e il disarmo della guerriglia. Il 17 agosto giunse in M. il primo contingente di militari NATO per portare a termine la missione Essential Harvest (la cui durata fu fissata di un mese), che prevedeva la smilitarizzazione e la distruzione degli arsenali dell'UCK. Conclusa la missione il 26 settembre, si aprì un contrasto tra l'Ue, che cercava in ogni modo di garantire una presenza militare in M., e il Governo di Skopje, che pareva disponibile solo a un'eventuale presenza di osservatori civili, che di fatto vennero poi inviati. Nel frattempo i nazionalisti macedoni bloccarono in Parlamento l'approvazione dell'Accordo di Ohrid, rischiando di compromettere la stabilità politica interna. La situazione tornò a farsi tesa in ottobre, quando il Governo denunciò la presenza di almeno 500 guerriglieri albanesi dell'ormai disciolto UCK, rientrati dal Kosovo in M. e autori di una serie di nuovi, sanguinosi, attacchi di guerriglia. Il 16 novembre, il Parlamento approvò il testo della nuova Costituzione, frutto dell'Accordo di Ohrid, che ampliava definitivamente i diritti degli Albanesi. Gli emendamenti approvati decretavano l'albanese seconda lingua ufficiale della M., estendevano la rappresentatività degli Albanesi nella pubblica amministrazione, garantivano i diritti delle minoranze e consentivano di bloccare in Parlamento o nelle assemblee locali il voto su leggi a carattere culturale. Formalmente approvati dal Parlamento l'anno successivo, gli emendamenti furono solo il primo passo verso un cambiamento di atteggiamento nei rapporti tra Macedoni e popolazione di etnia albanese: nel settembre 2002, infatti, il primo ministro Ljubco Georgievski cedette l'incarico al socialdemocratico Branko Crvenkovski, leader di Insieme per la Macedonia, dopo il deludente risultato delle elezioni che avevano decretato la sconfitta del suo Partito nazionalista. Crvenkovski annunciò inoltre la ferma intenzione di formare un nuovo Esecutivo in collaborazione con uno dei partiti della minoranza albanese. Tra i primi problemi del nuovo Governo il duro braccio di ferro con i minatori, centinaia dei quali iniziarono uno sciopero della fame per protestare contro il mancato pagamento di parte dei salari dovuti. In ottobre venne prolungata di qualche mese la presenza del contingente di pace delle Nazioni Unite, nel Paese da oltre un anno: in novembre, però, venne annunciato che dai primi mesi dell'anno successivo la NATO sarebbe stata sostituita nella missione di pace dall'Unione europea, evento che si verificò nel marzo 2003. Nel febbraio 2004 il presidente Trajkovski perse la vita in un incidente aereo in Bosnia. Alla presidenza del Paese fu designato Branko Crvenkovski, mentre il ruolo di primo ministro fu ricoperto da Hari Kostov, che rimase in carica da maggio fino a novembre, quando, per dissapori interni alla coalizione di Governo, rassegnò le proprie dimissioni. Nelle elezioni locali del marzo 2005, le prime nel contesto della nuova divisione territoriale, l'SDSM ottenne 36 comuni, mentre il DUI (Partito albanese filo-governativo) prevalse nei comuni a maggioranza albanese. Le consultazioni politiche del luglio 2006 registrarono la vittoria dell'VMRO-DPMNE di Nikola Gruevski, esponente della comunità slavo-macedone, e del DUI di Ali Ahmeti, esponente degli Albanesi. A fine agosto il Parlamento diede il proprio voto di fiducia al nuovo primo ministro Gruevski.
L'impero macedone


LINGUA

Il macedone, fissatosi come lingua letteraria dopo la seconda guerra mondiale, fa parte del gruppo meridionale della famiglia linguistica slava. L'alfabeto è cirillico, arricchito di lettere serbe, di segni diacritici e della lettera "s". L'accento cade sempre sulla terz'ultima sillaba. È parlato da quasi due milioni di individui.

LETTERATURA
La storia della letteratura macedone è databile a partire dal XIX sec., quando Dimitr (1810-1902) e Kostantin (1830-1962) Miladinov si impegnarono in un lungo lavoro di ricerca e valorizzazione della poesia d'origine popolare. Nella prima metà del XX sec. si assistette allo sviluppo di una letteratura in prosa che mise in luce le figure di Marko Cepenkov (1829-1920), Krste Misirkov (1874-1926), Vojdan Cernodrinski (1875-1951), mentre prima della seconda guerra mondiale cruciale fu il ruolo dei poeti nello sviluppo letterario del Paese (a tal proposito ricordiamo le figure di Koco Racin, 1908-1943, Kole Nedelkovski, 1912-1941, e Venko Markovski, 1915-1988). Nel 1946, con il riconoscimento della lingua macedone quale lingua letteraria, la letteratura della conobbe un momento di grande sviluppo decretato dalle figure dei poeti Slavko Janevski (1920-2000), Blaze Koneski (1921-1993), Aco Šopov (1923-1982) e Gogo Ivanovski (n. 1925). Janevski fu anche prosatore e autore del primo romanzo in lingua macedone. Tra gli altri prosatori si ricordano Vlado Maleski (1919-1984), Joze Boškovski (n. 1920) e Kole Cašule (n. 1921). Più recentemente si assistette al fiorire della cosiddetta "seconda generazione" letteraria macedone, distaccatasi dalle tradizionali tematiche di tipo patriottico-partigiano e apertasi a influenze occidentali, i cui esponenti più importanti sono Vlada Uroševik (n. 1934), Petar Boškovski (n. 1936), Petre Andreevski (n. 1934) e Tashko Georgievski (n. 1935).