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Longobardi.

Popolazione germanica, appartenente al gruppo dei Germani occidentali, i L. devono probabilmente il loro nome alla consuetudine che avevano di portare barba e capelli lunghissimi e fluenti sulle spalle. Altre fonti riconducono il termine longobardo all'accezione: "dalla lunga alabarda". Secondo Paolo Diacono, il maggior storico di questa popolazione, vissuto sul finire dell'VIII sec., i L. si mossero dalle loro sedi scandinave all'inizio dell'era volgare. Secondo recenti studi, invece, la loro sede primitiva sarebbe stata la zona alla foce dell'Elba, dove risultano attestati agli inizi dell'era cristiana. In tale area furono infatti sconfitti da Tiberio Cesare al tempo di Augusto (5 d.C.). Degli usi e costumi di tale popolazione troviamo testimonianza presso due storici romani che esaltano il loro valore guerriero: Velleio Patercolo e soprattutto Tacito che nella sua famosa opera la Germania mostra pregi e virtù di questi nomadi, dediti all'arte della guerra. Nella seconda metà del II sec. i L. spostarono le loro sedi sul medio Danubio. Nuove notizie sicure di questa popolazione si hanno solo a partire dall'inizio del VI sec. quando si diressero verso Sud annientando gli Eruli (512), e una volta nella regione medio-danubiana della Pannonia sconfissero i Gepidi (567); la presenza nella stessa zona degli Avari, provenienti dalle steppe russe e i difficili problemi di convivenza con essi dovette spingere i L. a tentare la via della penisola italica. Nel 568 calarono in massa dal passo italico del Predil e alla guida del loro re Alboino, occupata Forum Iulii (Cividale del Friuli), si sparsero nella pianura padana, dove occuparono Milano e la regione che sarà denominata Longobardia. Soltanto Pavia resistette per tre anni, ma alla fine fu conquistata (571) e fu proclamata capitale del regno. La dominazione longobarda, sviluppandosi attraverso la dorsale appenninica, si estese successivamente al resto della penisola, in particolare in Toscana e da qui nei territori di Spoleto e di Benevento, dove si crearono due saldi ducati longobardi. In generale la penetrazione longobarda non si articolò secondo un piano prestabilito, ma si risolse in una pluralità di stanziamenti irregolari che dettero vita a un regno geograficamente e politicamente incoerente. Conservando le loro tradizioni basate sull'unione di tutti gli uomini liberi atti alle armi, i L. non riuscirono mai a costituire in Italia un organismo statale forte e accentrato e l'autorità del re fu sempre contestata dai duchi che godevano di una libertà d'azione illimitata nei territori loro sottoposti. I L. furono influenzati dalla civiltà romana, specialmente dopo la loro conversione al Cristianesimo, che avvenne al tempo della regina Teodolinda, cattolica, prima sposa del re Autari (584-590), poi del suo successore Agilulfo (591-616) con la mediazione del papa Gregorio Magno. L'editto di Rotari (643) codificò le antiche consuetudini del popolo longobardo: in questo documento, che è importante in quanto è la prima codificazione scritta del diritto longobardo, sono racchiuse preziose informazioni sull'organizzazione economica, sociale e istituzionale dei L.: il nucleo sociale era la stirpe o fara (e tale nome è rimasto in parecchi toponimi italiani) e più fare componevano le centene. La società era formata dai liberi che appartenevano alla milizia (arimanni o excitales), i semiliberi (aldi, liti) e i servi ( ministeriali, massari o porcari). A capo di tutto veniva il re, elettivo, supremo responsabile amministrativo, giudiziario e militare del popolo, assistito nelle decisioni dall'assemblea dei liberi. Il re, che dimorava a Pavia, aveva come collaboratori diretti dei fedelissimi (gasindi) e dei funzionari (castaldi o gastaldi). Il regno di Liutprando (712-744) segnò il culmine della potenza longobarda in Italia, ma anche questo sovrano non riuscì a ridurre all'obbedienza i vari duchi né a ben definire i propri rapporti con la Chiesa di Roma. Il papato, irriducibilmente avverso ai L., cercò anzi l'alleanza dei Franchi e le successive discese in Italia di Pipino il Breve e di suo figlio Carlo Magno, portarono alla sconfitta dell'ultimo re longobardo Desiderio (774) e all'assunzione da parte di Carlo Magno del titolo di re dei L. A partire da questo momento, le popolazioni longobarde d'Italia andarono progressivamente integrandosi con l'elemento latino della penisola.