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Lipsio, Giusto.

(in fiammingo Joost Lips). Pensatore fiammingo. Completati gli studi a Lovanio, dopo un periodo di noviziato presso i Gesuiti ad Arth, rinunciò a entrare nella Compagnia di Gesù per l'opposizione del padre e si recò a Roma. Fu successivamente a Jena dove occupò la cattedra di Latino presso l'università luterana (1572-74) e insegnò successivamente a Lovanio (1576), quindi a Leida (1578-92) e nuovamente nell'università cattolica di Lovanio dal 1592. Ingegno precoce, pubblicò la sua prima opera, Variorium lectionum libri quatuor, a ventidue anni, nel 1569. Appartenente alla corrente del neostoicismo fiammingo, fu innanzi tutto un moralista che andava cercando una nuova regola di vita in un momento particolarmente difficile per le guerre di religione in atto in Europa. Non pochi furono gli ostacoli da lui incontrati nella protestante Leida dove soggiornò e insegnò per vari anni. Rifacendosi alle dottrine degli antichi stoici egli elaborò un'etica da cui avrebbe tratto ispirazione anche Spinoza. Secondo la sua concezione, che si colloca nel filone del deismo, la religione consiste essenzialmente nell'agire conformemente alla volontà di Dio. L'uomo opera nell'ambito di una comunità, lo Stato, che ha come fine il bene comune, e la monarchia è la forma più naturale e ragionevole di organizzazione statale. Il principe è al di sopra del popolo e gode di un potere assoluto di tipo patriarcale e che ha come obiettivo il benessere e la prosperità dei suoi sudditi. Egli però deve osservare la legge e deve tener conto del parere del suo Consiglio, ma prendere poi le proprie decisioni personalmente. La sua opera principale è la Politicorum sive civilis doctrina libri sex, pubblicata nel 1589 e riedita ogni anno sino al 1618 e che ebbe 31 edizioni latine nel XVII sec., oltre a varie traduzioni in olandese e nelle principali lingue europee. Tra le altre sue opere: De constantia (1584): Tractatus ad historiam Romanam cognoscendam utilis (1592) (Overijssche, Bruxelles 1547 - Lovanio 1606).