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Ligabue, Antonio.

Pseudonimo di Antonio Laccabue. Pittore, scultore e incisore italiano. Figlio illegittimo di un'emigrante italiana, Maria Elisabetta Costa, che in seguito sposò, Bonifacio Laccabue, pure emigrato a Zurigo. L'artista perse la madre a dieci anni e venne allevato da una famiglia svizzero-tedesca, che conservava della precedente le connotazioni del nomadismo, della miseria, dell'alcolismo. Dopo aver vissuto il trauma dell'orfanotrofio e del ricovero negli istituti per anormali di Tablat e Marbach, all'età di diciotto anni venne ricoverato per la prima volta in un ospedale psichiatrico. Espulso dalla Svizzera nel 1919, si stabilì a Gualtieri, conducendovi un'esistenza stentatissima. Affetto da psicosi maniaco-depressiva, fu più volte ricoverato presso l'ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia. A partire dal 1962 le condizioni psichiche dell'artista andarono sempre aggravandosi a causa di una paralisi cerebrale. L. viene considerato il più importante fra i pittori naïfs italiani. Autodidatta, cominciò la sua attività disegnando e dipingendo insegne per circhi e fiere, senza avere coscienza delle proprie capacità artistiche. L'incontro con Marino Mazzacurati nel 1930 lo stimolò a dedicarsi alla pittura e alla scultura con maggior impegno e convinzione, permettendogli di realizzare opere di grande interesse e qualità. Gli animali, esotici o domestici, sono il soggetto principale dei suoi quadri e delle sue sculture. Essi vengono ricreati dall'artista con una violenza espressiva e cromatica che ricorda gli espressionisti e Van Gogh, benché L. non avesse contatti con il mondo dell'arte ufficiale. Le opere del pittore che trasmettono un maggior senso di drammaticità e di energia tragica sono Corrida, Lotta dei cervi con postiglione, Tigre e leopardo, Leone con serpente, Lotta dei Galli. Fra le sculture ricordiamo: Animali feroci in lotta e Pantera. (Zurigo 1899 - Gualtieri, Reggio Emilia 1965).
Antonio Ligabue: “Autoritratto”, 1960 (Milano, coll. Borletti)