Filosofo, storico e scienziato tedesco. Appartenente a una famiglia di
intellettuali di origine slava, studiò filosofia a Lipsia, matematica e
diritto ad Altdorf. Si fece conoscere molto presto ed ebbe sin dagli anni
giovanili importanti incarichi. Dal 1670 al 1676 frequentò a Parigi e a
Londra i maggiori ingegni del suo tempo. Divenuto consigliere e bibliotecario
del duca di Hannover nel 1676, trascorse presso quella corte il periodo
più fecondo della sua vita. Scopritore del calcolo infinitesimale (1676),
egli rappresentò la massima espressione dell'esigenza di unità e
di universalità del suo tempo, spaziando nei vari campi del sapere. Si
occupò di problemi religiosi, politici e di cultura varia, cercando di
conciliare cattolici e protestanti e di trovare un punto di contatto tra le
varie sette protestanti. Promosse la fondazione del Collegium historicum
imperiale di Vienna e dell'Accademia delle scienze di Berlino; si impegnò
per attrarre lo zar Pietro il Grande nell'orbita della cultura occidentale e
cercò, senza successo, di organizzare una grande crociata europea contro
i turchi.
L. occupa una posizione di primissimo piano nella storia del
razionalismo moderno ed esercitò grande influenza sul pensiero del secolo
scorso. Egli inoltre contribuì allo sviluppo della psicologia, indicando,
oltre la soglia del pensiero, la zona oscura del subcosciente. In opposizione al
dualismo metafisico e alla fisica meccanicistica di Cartesio, egli negò
che la vita potesse essere ridotta a meccanicismo di forze fisiche,
eliminò la cartesiana
res extensa e sostenne il nuovo concetto di
"sostanza" come forza viva. In opposizione al monismo di Spinoza, affermò
il valore etico del mondo, la personalità morale di Dio e la
spontaneità e attività dei singoli centri sostanziali. Egli
considerò la sostanza sia come centro indivisibile di attività,
sia come principio di differenziazione. Secondo
L. non esiste una
realtà materiale, esterna, che agisca sulle sostanze spirituali.
Rifiutando l'empirismo di Locke, con riferimento specifico all'origine delle
idee,
L. afferma che l'empirismo lockiano, concependo le idee come
effetto di una casualità esterna, riduce lo spirito a passività.
Tenendo presenti i diritti dell'individuo, egli considera l'universo composto di
monadi, ossia di una molteplicità infinita di centri di coscienza.
Questo pluralismo spiritualistico determina una metafisica che sconvolge molti
concetti tradizionali. Considerando un ordine gerarchico delle monadi,
L.
suppone il passaggio, attraverso una gradualità di valori, da quelle
inferiori, nelle quali le percezioni sono prive di coscienza, a strati sempre
più elevati, sino alle monadi superiori, in cui le percezioni sono
illuminate dalla coscienza e dalla ragione. Così come non esistono due
monadi tra loro identiche, non vi sono individui identici l'uno all'altro
("principio degli indiscernibili") e ciò che li distingue non sono
differenze esterne, ma interne. Inoltre, così come ogni monade è
uno "specchio vivente dell'universo", con più o meno coscienza di
sé e ampiezza d'orizzonte, allo stesso modo ogni vita è un
microcosmo. Ogni monade trova il suo limite nella "materia", ad eccezione di Dio
che è la "monade suprema", autocoscienza piena. Tempo, spazio,
corporeità non appartengono alle monadi, ma solo al loro ambito
rappresentativo. L'organizzazione meccanicistica delle cose rappresenta soltanto
il loro aspetto superficiale, le scienze fisico-matematiche non consentono di
conoscere la costituzione essenziale del mondo e solo una metafisica
spiritualistica può interpretare il senso profondo della vita. Egli
distingue i giudizi in
verità di ragione e
verità di
fatto: le prime (per esempio le verità matematiche) sono necessarie,
e sottostanno al principio di non contraddizione, le seconde sono invece
proposizioni contingenti e sottostanno al principio di ragione sufficiente.
Corrisponde alle verità di ragione la logica delle essenze che trovano in
Dio la loro unità assoluta. Corrispondono alle verità di fatto i
fenomeni sperimentabili e concreti che consentono al pensiero umano di risalire,
in un processo indefinito, ad altri fenomeni interpretati come cause. Ricorrendo
all'opera creatrice di Dio
L. salva l'unità del pluralismo.
Secondo
L., Dio, in quanto intelligenza, pensa molti mondi possibili, ma
soltanto uno, ossia quello che implica meno contraddizioni, è il
migliore. Pertanto, Dio, in quanto volontà perfetta, realizza il migliore
dei mondi possibili, e il mondo reale, che noi conosciamo e in cui viviamo,
è tale perché Dio l'ha voluto, operando una scelta razionale. La
concezione leibniziana del mondo è caratterizzata dall'ottimismo e dalla
staticità. Secondo tale concezione, infatti, ogni avvenimento accade
perché determinato dal bene, mentre il male, prodotto dalla finitezza
delle monadi create, viene superato nella connessione armonica degli eventi che
formano il cosmo. Nel suo tentativo di salvare l'unità dell'universo,
L. finisce col compromettere la libertà dei singoli, in quanto
essa viene strettamente saldata alla necessità dell'armonia prestabilita
e considerata come semplice spontaneità d'azione. Tra le sue opere,
particolarmente importante quella intitolata
Monadologia (1714). Molto
importante è anche l'
Epistolario pubblicato nel 1889. L'edizione
completa delle sue opere, per buona parte inedite, iniziò nei primi anni
del secolo a cura dell'Accademia delle Scienze di Berlino. Essa procedette molto
lentamente, anche per le interruzioni provocate dalle due guerre mondiali, e nel
1970 figuravano pubblicati solo 13 dei 40 volumi in programma. Nel 1967 è
iniziata anche un'edizione italiana in più volumi, intitolata
Scritti
Filosofici (Lipsia 1646 - Hannover 1716).