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Legis actiones.

Dir. rom. - Sistema processuale in uso a Roma nel periodo che va dalla monarchia dei Tarquini fino alla legge Aebutia (VI-VII sec.). Consiste in un solenne procedimento avanti al magistrato, per mezzo del quale mediante parole solenni ed atti simbolici le parti preparavano il giudizio che poi doveva aver luogo davanti al giudice. Agere legem significava l'adempiere questo rito da parte dei litiganti. Questa forma di procedimento ebbe origine anteriormente alle XII Tavole. Si distinsero cinque l.a., le quali si usavano in diversi casi e richiedevano differenti solennità: tre riguardavano il procedimento di cognizione e cioè la legis actio sacramento, la legis actio per iudicis postulationem, la legis actio per condictionem; e due il procedimento di esecuzione, e cioè la legis actio per manus iniectionem e la legis actio per pignoris capionem. Carattere generale e comune a tutte e cinque era la rigorosa esattezza con cui dovevano essere pronunziate le parole solenni e compiuti gli atti rituali. Il minimo errore bastava a far perdere la lite. Altri caratteri comuni a tutte le l.a. erano la esclusione della rappresentanza delle parti nel giudizio; la limitazione dell'uso di esse ai cittadini romani e la conseguente inaccessibilità per i peregrini, a meno che non fossero loro concesse per speciali ragioni; l'esclusione dell'istituto delle exceptiones, nel senso che non vi era un organo processuale per far valere un contro-diritto. Le l.a. non si potevano promuovere una seconda volta per la realizzazione di un medesimo diritto.