(
Nómoi). Ultimo e incompiuto dialogo di Platone di argomento
politico, diviso in dodici libri. Partendo dal presupposto che il legislatore
debba formulare le leggi in considerazione del maggior bene dei cittadini, e
perciò della pace, della giustizia, della mutua solidarietà tra i
cittadini stessi, il filosofo ateniese fa la storia del progressivo sviluppo
delle varie forme di governo (risalendo al diluvio, i cui superstiti, secondo
Platone, s'organizzarono in nuclei secondo la costituzione del patriarcato), per
arrivare alla conclusione che, nel corso della storia, gli Stati son sempre
caduti e cadono per i vizi e le manchevolezze insite nel loro ordinamento
legislativo. Secondo Platone la forma di governo che meglio si avvicina alla
perfezione è quella di Sparta, il cui governo regio è sorretto e
temperato dalla sovranità popolare. Platone fissa rigidi principi
relativamente all'incremento demografico (il numero dei cittadini deve rimanere
sempre uguale), alla proprietà (il cittadino deve avere il proprio
appezzamento di terra, entro limiti ben precisati), al diritto matrimoniale (il
matrimonio è da considerarsi un dovere), alla pedagogia (l'istruzione
deve sviluppare il corpo e stimolare le doti dell'anima), alla religione (gli
dei non esistono; se anche esistessero, sarebbe offensivo supporre che essi si
lascino corrompere dai doni degli uomini), alla determinazione delle pene
(poiché l'uomo non è mai volontariamente ingiusto, le pene devono
tendere a correggerlo e ad accrescere in lui l'amore per la giustizia). L'opera
costituisce non soltanto uno dei più illuminati dialoghi di Platone, ma
una delle espressioni più profonde e significative del pensiero ellenico.