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Legatario universale, Il.

(Le légataire universel). Commedia in cinque atti, in versi, del drammaturgo francese Jean François Regnard, rappresentata nel 1708. Il giovane Erasto ama Isabella, ma la madre di lei, signora Argante, una donna avida e arrivista, non vedrebbe di cattivo occhio le nozze della fanciulla con il vecchio Geronte, zio di Erasto e uomo ricchissimo. A fatica Erasto riesce a convincere la donna ad abbandonare quel piano e si raggiunge l'accordo che Isabella andrà sposa ad Erasto solo se quest'ultimo riuscirà a farsi designare erede universale nel testamento dello zio. Geronte però, pure amareggiato per il matrimonio che vede andare in fumo, decide di fare testamento a favore del nipote solo in parte, lasciando due forti somme a due parenti lontani, somme che bisogna a tutti i costi riprendersi se si vuole che l'accordo con la signora Argante vada in porto. Ci pensa il furbo Scapino, servo di Erasto, a salvare questa parte di eredità: si traveste e si presenta quindi a Geronte sotto le mentite spoglie dei due parenti, facendo del primo un giovane collerico e triviale e del secondo una vedova acida e litigiosa, sì da disgustare il più possibile il buon Geronte, che decide infatti di cancellare dall'eredità questi due e di lasciare tutto al nipote. Mentre dunque si accinge a rifare il testamento, viene colpito da un malore e cade a terra apparentemente morto; Scapino allora si traveste da Geronte e, chiamato il notaio, gli detta il nuovo testamento, non dimenticando per la verità di lasciare un ricco lascito per sé e per la servetta che egli ama. Naturalmente sul più bello torna in vita Geronte, ma la furbizia del servo salva ancora una volta la situazione: gli viene fatto credere infatti che quel testamento è stato da lui stesso dettato mentre era in delirio e il vecchio, dando credito alla panzana, conferma successivamente al notaio la nuova stesura del lascito, autorizzando inoltre le nozze fra il proprio nipote e la bella Isabella. La commedia è considerata il capolavoro di Regnard che seppe, con grande abilità e indubbia forza umoristica, ravvivare ancora una volta la tradizione del teatro dell'arte italiano e francese, specie nella figura di Scapino che è qui tratteggiata con notevole intelligenza.