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Law, John.

Finanziere scozzese. In seguito all'uccisione di un rivale in amore espatriò in Francia e dopo un attento studio dei meccanismi finanziari europei sostenne nell'opuscolo Money and trade (Moneta e commercio, 1705), più noto in lingua francese col titolo di Considérations sur le numéraire et le commerce, un nuovo modo di concepire l'attività commerciale. Intuendo gli effetti benefici delle attività creditizie e constatando l'inadeguatezza di misure, quali l'aumento delle imposte, atte a risolvere la crisi in cui la Francia si dibatteva, egli affermò che la ricchezza di una nazione era direttamente proporzionale alla quantità di moneta da essa posseduta e alla velocità con cui tale moneta circolava. Sulla scia del pensiero di Davenant, Petty e Vauban, e constatata la diminuzione del valore dell'argento in rapporto ad ogni aumento della sua quantità, L. propose la sostituzione della moneta metallica con quella cartacea. Ciò avrebbe eliminato i problemi relativi alla produzione metallica consentendo alla domanda del mercato di regolare la circolazione cartacea. Il credito bancario e l'emissione forzosa avrebbero assicurato, secondo il L., la circolazione dei biglietti. Le sue teorie ricevettero maggiore considerazione in Francia, per l'appoggio del reggente duca Filippo d'Orléans, che in Inghilterra, dove furono respinte dal parlamento. Nel maggio 1716 egli indusse il reggente a fondare la Banque Générale, apparentemente privata ma in realtà legata ai pubblici poteri, essendo i tre quarti del capitale costituito da titoli del debito pubblico. Nel 1717 L. fondò il "sistema" organizzando la Compagnia d'Occidente che nel 1719 assorbì la Compagnia delle Indie orientali e la Compagnia africana, dando luogo alla Compagnia delle Indie. Nel frattempo (1718) la Banque Générale si era costituita Banque Royale assumendo l'appalto di tutte le imposte statali e della zecca. La Banque emise in quantità la carta moneta con cui sarebbe stato finanziato il colossale insieme di attività speculative, promettendo lucri spettacolosi ai sottoscrittori delle azioni. I creditori dello Stato divennero in tal modo azionisti della Compagnia. Il pubblico si precipitò furiosamente ad investire denaro in queste seducenti iniziative ed alla fine del 1719 le attività della Banque prosperarono anche in virtù di un divieto posto alla circolazione delle monete metalliche. Tuttavia, agli inizi del 1720, una serie di operazioni sbagliate, l'inimicizia di alcuni finanzieri e l'esagerata quotazione raggiunta, provocarono il panico nei compratori e con ciò un ribasso del corso delle azioni. Le misure adottate da L. (corso forzoso, fusione della Compagnia con la Banque, proibizione di possedere oro) non valsero a salvare il suo "sistema" ed egli dovette abbandonare la Francia rifugiandosi prima in Inghilterra e poi a Venezia. L'illusione di poter aumentare la ricchezza nazionale con l'emissione incontrollata di carta moneta e l'investimento di capitali in un'unica impresa furono tra le cause dell'insuccesso di L., oggi ritenuto un innovatore in un campo che ai suoi tempi non consentiva audaci esperimenti (Edimburgo 1671 - Venezia 1729).