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Lavoro.

In senso lato, qualsiasi esplicazione, fisica o intellettuale, di energia volta a un fine determinato. ║ Applicazione delle facoltà fisiche e intellettuali dell'uomo in quanto tende direttamente e coscientemente alla produzione di una ricchezza o comunque a ottenere un prodotto di utilità individuale o generale. ║ Festa del l.: festività celebrata il 1° maggio. ║ Ordine cavalleresco al merito del l.: istituito nel 1901, e modificato nel 1923. La decorazione conferisce il titolo di cavaliere del l. ed è concessa ai cittadini italiani che si siano resi singolarmente benemeriti segnalandosi nell'agricoltura, nell'industria, nel commercio, nell'artigianato, nell'attività creditizia e assicurativa. In ciascun anno non possono essere conferite più di venticinque decorazioni. Il conferimento è disposto con provvedimento del presidente della Repubblica, su proposta del ministro per l'Industria e il Commercio, di concerto con quello per l'Agricoltura, in caso di conferimento della decorazione a benemeriti dell'agricoltura. La decorazione consiste in una croce d'oro piena, smaltata di verde, caricata di uno scudo di forma tonda, il quale da un lato presenta l'emblema della Repubblica e dall'altro la dicitura "al merito del l.". L'Ordine può essere autorizzato ad accettare lasciti e donazioni. ║ L. alienato: espressione usata da Marx per indicare il processo per cui nella società capitalistica il l. resta esterno all'operaio, cioè non appartiene al suo essere, e in esso quindi l'operaio non si afferma, ma si nega. ║ L. straordinario (anche sostantivato: lo straordinario): quello che si fa in più, oltre le ore normali. ║ L. forzati: l. inflitto come pena ai condannati per un reato. I l. forzati, secondo il codice piemontese del secolo scorso, potevano essere a vita oppure a tempo determinato. I condannati erano sottoposti ai l. più faticosi a profitto dello Stato. Le donne erano rinchiuse in una casa con l'obbligo del l. all'interno di essa. I l. forzati a vita producevano la morte civile. Quelli a tempo non potevano essere inferiori ai 10 anni né superiori ai 20. Il codice piemontese sottoponeva alla berlina i condannati ai l. forzati a vita e, fra i condannati a tempo, quelli che lo erano per grassazione, estorsione, furto, falsificazione di monete, bolli, sigilli, scritture, falsa testimonianza e calunnia. La pena della berlina consisteva nel condurre, in pieno giorno, nelle pubbliche vie il condannato con la catena ai piedi e con un cartello appeso al collo e indicante il nome e cognome, la professione, il domicilio, la pena e la causa della condanna. Solo le donne ed i settuagenari condannati alla berlina non erano sottoposti a tale formalità. Il minore di anni 14 cui si sarebbe dovuta applicare la pena dei l. forzati a vita, era punito con la pena detentiva da anni 5 a 20, e quello cui si sarebbe dovuta applicare la pena dei l. forzati a tempo, con la stessa pena detentiva da anni 2 a 10. Le leggi penali determinavano i casi in cui doveva aver luogo l'applicazione dei l. forzati a vita o quella dei l. forzati a tempo. Il codice Zanardelli del 1889 mutò la pena dei l. forzati perpetui in ergastolo. ║ L. pubblici: l. destinati alla creazione, sistemazione e al mantenimento delle opere pubbliche. La progettazione e la sovrintendenza sull'esecuzione dei medesimi spettano all'apposito ministero dei L. pubblici, ai Provveditorati regionali dei l. pubblici e agli uffici provinciali del Genio civile. Rientrano fra i l. pubblici: la costruzione e manutenzione delle strade statali; le opere ferroviarie, marittime, idrauliche; quelle dedicate al risanamento urbanistico, all'edilizia statale e a quella sovvenzionata; alle opere necessarie in caso di disastri e calamità pubblici, ecc., escluse le opere militari. ║ Organizzazione internazionale del l. (OIL): organizzazione creata in base alle norme contenute nella parte XIII del trattato di Versailles come branca della Società delle Nazioni e, dopo la seconda guerra mondiale, confermata e sviluppata nella sua funzione e nella sua struttura in base allo statuto approvato dalla conferenza di Montreal (1946). Ribaditi nella conferenza stessa, gli scopi dell'Organizzazione internazionale del l. si riassumono nel miglioramento delle condizioni del l. umano. ║ L. a tempo parziale (in ingl. part-time): particolare contratto di l. diffuso già da tempo soprattutto nell'area dei servizi e del settore terziario, che prevede una riduzione dell'orario di l. con una proporzionale riduzione della retribuzione; ad esempio, il lavoratore assunto part-time riceve il 50% della retribuzione se lavora per metà dell'orario contrattualmente stabilito. La l. n. 863 del 1984, che disciplina il l. a tempo parziale, stabilisce solo alcuni principi di carattere generale, ritenuti essenziali per soddisfare l'esigenza di certezza del rapporto (forma scritta del contratto, comunicazione all'ispettorato del l.) demandando alla contrattazione collettiva la determinazione di alcuni aspetti rilevanti. La norma, infatti, stabilisce soltanto che l'orario di l. deve essere "un orario inferiore" rispetto a quello ordinario (part-time orizzontale) o per determinati periodi (part-time verticale). La l. n. 196 del 1997, al fine di incentivare l'utilizzo del contratto a tempo parziale come strumento di ingresso o reingresso nel mondo del l. ma anche con riguardo a particolari attività o imprese, ha introdotto sgravi contributivi grazie ai quali diventa conveniente per l'impresa ricorrere al part-time. La riduzione delle aliquote contributive opera per i contratti part-time stipulati nei seguenti casi: nel Mezzogiorno, in caso di assunzione di giovani disoccupati di età compresa tra i 18 e i 25 anni; in favore di giovani di età inferiore a 32 anni assunti in sostituzione di lavoratori prossimi al pensionamento (3 anni) che passano dal full-time al part-time per coprire la riduzione di orario concessa ai lavoratori più anziani; per l'assunzione di lavoratrici precedentemente occupate che vogliono rientrare nel mercato del l. dopo almeno due anni di inattività. ║ L. interinale: definito più esattamente l. temporaneo dalla normativa che lo ha introdotto in Italia (artt. 1-11, l. n. 196 del 1997, art.64 della legge n. 488 del 1999) con l'intento di combattere il “l. nero”, è una forma di l. caratterizzata dal fatto che i lavoratori vengono assunti (nella maggior parte dei casi a termine, ma anche a tempo indeterminato) da imprese fornitrici di l. temporaneo, che a loro volta li "cedono" (o li "affittano", come a volte impropriamente si dice) a imprese (imprese utilizzatrici) che hanno bisogno di personale per periodi di tempo determinati. Ricorrendo alle imprese fornitrici, le imprese utilizzatrici risparmiano su tempi e costi di ricerca, selezione e formazione, evitando l'onere di fare assunzioni definitive; le pratiche di assunzione e di dimissione sono più semplici e non si presenta il rischio malattia e infortuni visto che le spese, in questo caso, sono a carico della società fornitrice. Le imprese fornitrici devono essere autorizzate dal Ministero del l. e iscritte all'apposito albo, istituito dai Decreti del ministro del l. nn. 381 e 382 del 1997), previa dimostrazione del rispetto di certi requisiti. Solo le imprese autorizzate possono svolgere questa attività, di conseguenza solo rivolgendosi alle imprese in possesso di tale autorizzazione i lavoratori hanno garanzie di serietà e di rispetto dei propri diritti. Il servizio delle imprese fornitrici di l. temporaneo è, per legge, totalmente gratuito per i lavoratori. Il rapporto tra lavoratore e azienda fornitrice è regolato da un contratto che va stipulato in forma scritta e deve contenere una serie di elementi (motivi del ricorso al l. temporaneo, indicazione dell'impresa fornitrice e dell'impresa utilizzatrice, mansioni e inquadramento, luogo e orario della prestazione lavorativa, data di inizio e termine della prestazione, trattamento economico e normativo). Il trattamento retributivo e previdenziale corrisposto al lavoratore interinale, per i periodi in cui svolgono attività presso le imprese utilizzatrici, è parificato a quelli dei lavoratori in organico presso le imprese stesse. L'impresa utilizzatrice ha alcuni obblighi precisi: è tenuta ad informare il lavoratore se le mansioni assegnate comportano rischi specifici, è tenuta a tutti gli obblighi di protezione, risponde in solido con l'azienda fornitrice degli obblighi retributivi e contributivi. Il prestatore di l. temporaneo ha diritto di esercitare presso l'impresa utilizzatrice i diritti di libertà e di attività sindacale. Un contratto collettivo firmato dalle associazioni di rappresentanza dei lavoratori atipici e dalle associazioni delle imprese fornitrici di l. temporaneo (Confinterim e Ailt) regolamenta il rapporto intercorrente tra lavoratori temporanei e imprese fornitrici. La legge prevede i casi in cui il l. interinale è ammesso e i casi in cui è vietato: non è possibile ricorrere al l. interinale per lavori pericolosi, per la sostituzione di lavoratori in sciopero, o presso unità produttive che nei 12 mesi precedenti abbiano fatto ricorso a licenziamenti collettivi, o che abbiano in corso cassa integrazione. Gli accordi interconfederali (industria, artigianato, cooperative) hanno previsto una casistica per l'utilizzo del l. temporaneo aggiuntiva rispetto a quella prevista per legge, con riferimento specifico ad attività non assolvibili con i normali assetti produttivi o ad attività che non trovino riscontro in livelli professionali interni o sul mercato del l. locale. Per quanto riguarda le quantità di utilizzo viene precisato che il numero di lavoratori temporanei non potrà superare la media trimestrale dell'8% dei lavoratori occupati nell'impresa utilizzatrice. In alternativa è fissato al numero di 5 il limite massimo dei prestatori temporanei, purché non venga superato il totale dei contratti di l. a tempo indeterminato. È stato anche stipulato un accordo quadro per il pubblico impiego, che consente anche in questo settore l'utilizzo del l. temporaneo nella misura massima del 7% dei lavoratori a tempo indeterminato, per soddisfare esigenze non continuative o collegate a situazioni di urgenza non fronteggiabili con il personale in servizio o con le normali modalità di reclutamento del personale. ║ L. socialmente utile: istituiti nel 1995 per mettere fine alla pratica delle proroghe di trattamenti di cassa integrazione e mobilità, i l. socialmente utili dovevano assicurare servizi agli enti locali e sostegno al reddito dei lavoratori, oltre che costituire per questi ultimi forme di riaccostamento ad attività lavorative. I l. socialmente utili sono stati avviati tramite la presentazione di progetti da parte delle amministrazioni pubbliche, locali o centrali, finanziati da risorse a carico dello Stato (Fondo per l'occupazione, presso il Ministero del L.). Si è arrivati ad avere circa 140.000 lavoratori impegnati in queste attività che hanno coinvolto anche i giovani disoccupati, in assenza di altre risposte in anni di emergenza occupazionale, soprattutto in alcune aree. Poiché il l. socialmente utile non costituiva giuridicamente un rapporto di l., non era prevista copertura previdenziale. Rivelandosi la politica dei l. socialmente utili capace di creare solo l. assistito, creato per decreto, i governi centrali e locali hanno dapprima messo fine a nuovi avviamenti in l. socialmente utili, potendosi solo prorogare quelli già in essere (l. n. 144 del 1999); poi, con il D.Lgs. n. 81 del 2000, è stata emanata una normativa che prevede alcuni benefici per facilitare la ricerca di un'occupazione stabile oppure un'occupazione in proprio (incentivi sostanziosi per le imprese che assumano i lavoratori socialmente utili, finanziamenti per attività autonome, compreso il cosiddetto "prestito d'onore", facilitazioni alle esternalizzazioni di attività da parte delle pubbliche amministrazioni ad imprese composte di ex lavoratori socialmente utili). ║ L. ripartito (in ingl. job sharing): questa nuova tipologia contrattuale è stata introdotta anche in Italia in tema di flessibilità dei tempi di l. La circolare n. 43 del 1998 del Ministero del L. ha fornito le indicazioni necessarie all'applicazione del contratto di l. ripartito, pur in assenza di una specifica regolamentazione legislativa. Il job sharing consente a due o più lavoratori, impegnati tra loro in solido nei confronti del datore di l., di gestire l'orario complessivo in base alle proprie e rispettive esigenze, migliorando in tal modo l'organizzazione e la distribuzione delle ore di l. e di tempo libero. In tal modo il datore di l. riduce al minimo le conseguenze dell'eventuale assenza di uno dei lavoratori poiché ognuno di loro è responsabile per intero della prestazione. In altre parole, le persone che lavorano insieme con lo stesso contratto hanno il vincolo di sostituirsi vicendevolmente in caso di impedimento di uno di loro. Il contratto di job sharing deve indicare la misura percentuale e la collocazione temporale del l. giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascun lavoratore. I lavoratori che ripartiscono tra loro il tempo di l. dedotto nel contratto possono sostituire o modificare consensualmente la distribuzione dell'orario con l'unico obbligo di informare preventivamente il datore (con cadenza almeno settimanale) della distribuzione dell'orario stabilita. La retribuzione spettante a ciascuno di loro è calcolata in base alla prestazione effettivamente svolta. Anche il calcolo delle prestazioni previdenziali è effettuato mese per mese, salvo conguaglio a fine anno sempre sulla base dell'effettiva attività svolta. Il l. ripartito si distingue dal part-time sotto due aspetti: il part-time è espressamente disciplinato dalla legge; nel part-time i lavoratori non condividono la medesima obbligazione contrattuale, in quanto sono titolari e responsabili di rapporti contrattuali distinti ed autonomi. • St. - La storia del l. è strettamente legata allo sviluppo della civiltà, intesa come forma di conoscenza che si traduce in l. volto alla trasformazione della natura. Nell'economia primitiva, di tipo autarchico, delle comunità neolitiche il l. si svolgeva essenzialmente come attività domestica o per la produzione di manufatti destinati alla comunità di villaggio. Il problema di una vera e propria divisione del l. nella società cominciò a porsi in modo preciso quando ebbe inizio la lavorazione dei metalli che richiedeva tecniche complesse, affidate a specialisti. Contemporaneamente la metallurgia mise in crisi l'antica struttura economica e produsse una rivoluzione sociale, creando nuove divisioni del l., su scala gerarchica, e portando alla nascita di una classe sociale non direttamente produttiva, ma dominante sulla società, costituita da una minoranza di uomini liberi, esonerati dal l., grazie all'utilizzazione di mano d'opera servile e all'imposizione del l. coatto di tipo schiavistico. Strettamente collegata alla storia della civiltà è la distinzione classica tra vita attiva e vita contemplativa, nonché la distinzione tra le varie forme di attività, indicate complessivamente come l. La forma più consueta e diffusa è quella del l.-fatica che sottintende pena, sforzo, peso, dolore, ossia il faticare dei l. servili. Un'altra forma è quella del l.-opera, proprio dell'homo faber, ossia l'attività industriosa, il fabbricare dell'artigiano, dell'artefice, dell'artista. Un'altra forma è quella collegata alla libera iniziativa di chi esercita un potere, coinvolgendo l'attività e l'esistenza di altri esseri umani. L'elaborazione di questi concetti risale alla civiltà classica che considerava il l.-fatica incompatibile con la dignità dell'uomo libero, affidandolo ai servi e agli schiavi, considerati una specie sotto-umana, veri e propri animali da fatica. Questa divisione del l. permane, in forma diversa, sino agli inizi dell'età moderna. Un sostanziale cambiamento si attua con l'affermazione del capitalismo, accompagnato dall'apologia borghese del l. Con la rivoluzione industriale e la nascita di una nuova classe di salariati (V. PROLETARIATO e OPERAIO, MOVIMENTO) si afferma l'idea del diritto al l., di un giusto salario, del miglioramento delle condizioni di vita e di adeguate leggi per la tutela dei lavoratori, partendo da una situazione priva di qualsiasi garanzia e caratterizzata, all'inizio del nuovo processo di industrializzazione, da salari bassi e non garantiti, orari di l. dalle 12 alle 16 ore giornaliere, impiego di bambini in attività particolarmente faticose ecc. La moderna legislazione del l. si sviluppò nel XIX sec., a cominciare dalla Gran Bretagna dove, nel 1834, fu approvata una legge che migliorava l'apparato amministrativo dell'assistenza. Maggiore impulso si ebbe verso la fine del XIX sec. e l'inizio del XX, con l'attuazione di una serie di riforme che portarono al riconoscimento legale dei sindacati (nel 1871 in Gran Bretagna, nel 1884 in Francia, nel 1890 in Germania), al riconoscimento del diritto di sciopero (V.), alla contrattazione collettiva, alla riduzione dell'orario di l. (la giornata lavorativa di 8 ore, per i minatori, fu introdotta in Inghilterra nel 1908), sino all'applicazione di assicurazioni sociali (infortuni, invalidità, vecchiaia, disoccupazione, ecc.) che videro la Germania all'avanguardia in questo campo (leggi del 1884 e 1887), seguita dagli altri Paesi europei, mentre molto carente rimase la legislazione statunitense in questo settore. Il ritardo della rivoluzione industriale rallentò in Italia la costituzione di un movimento proletario e l'adozione di norme a tutela del l. L'industrialismo, caratteristico dei paesi europei più avanzati, cominciò a svilupparsi in Italia nei primi decenni dell'Ottocento, ma rimase circoscritto a poche aree settentrionali, in particolare a quella lombarda, con la meccanizzazione del settore tessile, che comportò l'utilizzazione del l. femminile e infantile (a iniziare dai 7-8 anni di età), protratto nei mesi invernali per 13 ore e, in estate, sino alle 16 ore giornaliere, e spesso prolungato per tutta la notte, in ambienti malsani. Norme limitative del l. minorile e notturno furono adottate a cominciare dal 1844 (sulla traccia del regolamento austriaco del 1842), ma esse rimasero di fatto sulla carta, venendo disattese dagli imprenditori per molti decenni. Solo verso la fine del secolo, con la costituzione delle prime organizzazioni sindacali, le condizioni di l. cominciarono lentamente a migliorare, attraverso una graduale riduzione dei massacranti orari e progressivi miglioramenti salariali. Ancora agli inizi del Novecento, i lavoratori italiani risultavano tuttavia scarsamente tutelati e, come risulta da denunce ufficiali, la maggioranza dei datori di l. continuò a non tener conto delle disposizioni sull'orario di l., prolungandolo oltre i limiti stabiliti per legge, senza inoltre garantire alcuna regolarità e continuità di occupazione alle maestranze. Rispetto ai paesi industriali dell'Europa centro-settentrionale, all'inizio del Novecento l'Italia risultava la più sprovvista di norme legislative a tutela dei lavoratori, a cominciare da quelle riguardanti l'orario di l. La prima inchiesta ufficiale sul l. nelle fabbriche fu condotta nel 1872, mettendo particolarmente in luce l'abuso che si faceva del l. minorile, soprattutto nell'industria della seta (circa la metà delle maestranze era costituita da ragazzi e il 23% aveva meno di dodici anni). Nel 1879, venne condotta una più ampia inchiesta ministeriale i cui risultati indussero ad adottare alcuni provvedimenti legislativi nel 1886, duramente contestati e sabotati dai datori di l. Sino al 1902, le uniche disposizioni vigenti in materia di l. furono quelle emanate con la legge del 1886 che vietava l'impiego, negli stabilimenti industriali, di bambini che non avessero ancora compiuto i nove anni e il divieto di impiegare fanciulli di età inferiore ai dieci anni in ambienti di l. sotterranei. Essa stabiliva che la giornata lavorativa non dovesse superare le 8 ore per i fanciulli di età compresa tra i nove e i dodici anni, rendendo inoltre obbligatoria l'attestazione medica di idoneità al l. per la loro assunzione. La legge del 1886 sul l. minorile avrebbe dovuto essere seguita da norme tutelanti il l. femminile, ma queste disposizioni furono approvate solo nel 1902, senza che nel frattempo la legge del 1886 avesse avuto una seria applicazione pratica, per l'ostilità degli imprenditori che creavano innumerevoli ostacoli anche all'organizzazione sindacale (la prima Camera del l. si costituì a Milano nel 1874, ma fu immediatamente sciolta d'autorità e i suoi dirigenti rinviati a giudizio). Alla svolta operata all'inizio del nuovo secolo, diede un contributo non irrilevante G. Giolitti, convinto sostenitore della necessità di migliorare le condizioni di vita della classe lavoratrice a beneficio delle stesse classi di potere. Ne conseguì l'introduzione, durante l'età giolittiana (1902-1914), di leggi volte a migliorare e a regolare le condizioni dei lavoratori e i contratti di l., a cominciare dalla legge del 1902 sul l. delle donne e dei fanciulli nelle fabbriche, per la cui osservanza furono però nominati soltanto tre ispettori. Nel 1904, il governo Giolitti presentò una proposta che rendeva obbligatorio il giorno di riposo domenicale, ma essa fu respinta dal parlamento che, tuttavia, approvò nel 1906 una nuova legge che proibiva il l. notturno delle donne e dei fanciulli nell'industria tessile. Negli anni seguenti, il diritto di sciopero fu riconosciuto anche per i lavoratori agricoli, venne redatto un regolamento speciale sui l. malsani ed emanate leggi sull'obbligatorietà del riposo festivo, sulla prevenzione degli infortuni, ecc. Contemporaneamente attraverso dure lotte sindacali, venivano conseguiti miglioramenti salariali. Nel 1919, si giunse alla conquista della giornata lavorativa di otto ore e i lavoratori di alcuni settori industriali condussero una lunga battaglia per la conquista del "sabato inglese", cioè della mezza giornata libera e retributiva. La lotta tra i lavoratori e imprenditori culminò nel 1921 con l'occupazione delle fabbriche. Una nuova svolta fu operata dopo l'avvento del fascismo. Sulla base del principio della collaborazione tra capitale e l., il 2.10.1925 venne firmato il "patto di palazzo Vidoni", in base al quale i delegati confindustriali e sindacali si riconobbero reciprocamente come rappresentanti esclusivi delle loro categorie, per la stipulazione dei contratti. Di fatto, i lavoratori vennero a trovarsi in una condizione di netta inferiorità rispetto ai datori di l., in seguito alla soppressione del diritto di sciopero e delle commissioni interne, sancita dalla legge del 3.4.1926 che estendeva i contratti collettivi a tutti i rapporti di l. Nel 1926, vennero anche istituiti il nuovo ministero delle Corporazioni e la Magistratura del l. Nell'aprile del 1927, fu promulgata la Carta del l. (V.) e, nel 1930, venne istituito il Consiglio nazionale delle corporazioni, nel quale erano rappresentati tutti i lavoratori distinti per categorie. Inoltre i sindacati furono autorizzati a istituire uffici legali, incaricati di dare patrocinio gratuito ai loro aderenti nelle controversie di l. All'inizio degli anni Trenta, per fronteggiare le ripercussioni della crisi economica mondiale, l'orario di l. nelle fabbriche fu ridotto a 40 ore settimanali, diminuendo proporzionalmente il salario. Si ebbe inoltre una limitazione del l. femminile e, come contropartita, fu istituito il sistema degli assegni familiari (8.11.1934), esteso nel 1937 anche ai lavoratori agricoli. Inoltre, venne ampliato il campo delle assicurazioni sociali, per la tutela dei lavoratori dipendenti e dei loro familiari. Ulteriori passi avanti, nel campo della tutela del l., sono stati compiuti dal 1945 in poi, sino a portare nel 1970 all'approvazione dello Statuto dei lavoratori (V. LAVORATORI, STATUTO DEI), preceduto da tutta una serie di leggi, alcune delle quali riguardanti la tutela dei minori e il divieto del l. per i ragazzi di età inferiore a quella prevista per il compimento dell'obbligo scolastico. Tra le conquiste più importanti degli ultimi decenni è da ricordare la parificazione del salario femminile a quello maschile, la garanzia del diritto della donna lavoratrice alla maternità (legge 23.5.1977 n. 266) e, soprattutto, la piena equiparazione, sotto tutti gli aspetti, del l. svolto da persone di sesso femminile (legge 903 del 1977), ossia il riconoscimento dell'uguaglianza tra cittadini lavoratori di sesso diverso. Questa parificazione ufficiale, che ha consentito di estendere il diritto alla pensione di reversibilità e agli assegni familiari spettanti per il coniuge a carico anche alle donne lavoratrici, non ha tuttavia risolto il problema della discriminazione di fatto, testimoniata dall'esiguo numero delle donne lavoratrici (24% dei lavoratori occupati nel 1970, 34,4% nel 1984), dalla collocazione a livelli di qualifica inferiori, a parità di preparazione scolastica e professionale, dalla difficoltà di accedere a cariche dirigenziali, dalla concentrazione in particolari settori produttivi, come quello tessile (60% donne), occupandovi però il livello più basso. Tra i problemi più discussi e controversi, sono da ricordare quelli connessi alla produttività e al costo del l. (V. SALARIO). Nonostante il permanere e l'aggravarsi del fenomeno della disoccupazione endemica, il mercato del l. è venuto a trovarsi scoperto in alcuni settori, come quello edile, per la diminuita offerta di manodopera, dovendo ricorrere all'assunzione di lavoratori provenienti da paesi del Terzo Mondo. Contemporaneamente, si è andato registrando uno spostamento dai settori produttivi al settore dei servizi e la creazione di una serie di nuove specializzazioni, per gran parte collegate alle innovazioni tecnologiche e ai processi di automazione (microelettronica, informatica, ecc.), indicanti il passaggio dalla società industriale a quella postindustriale. In connessione con l'evolvere dei processi lavorativi, si sono andate registrando sostanziali modifiche che tendono a modificare lo stesso concetto tradizionale di l. Una maggiore flessibilità si è andata registrando nell'ambito dell'orario di l., sia con riferimento alla distribuzione delle ore settimanali, nell'ambito di una diminuzione generalizzata, sia con l'introduzione della "durata opzionale" o del tempo parziale (part-time) (V.), volontari o adattati alle situazioni specifiche. Un altro importante fenomeno riguarda il passaggio dalle grandi strutture produttive a unità di piccole dimensioni, altamente specializzate e tecnologicamente avanzate, capaci di progettare e di collocare sul mercato prodotti di alto livello. Contemporaneamente, si è registrato un incremento del l. autonomo, soprattutto nell'ambito dei servizi e del terziario avanzato (uffici di progettazione, consulenza, ecc.). Esiste poi una vasta area di "economia sommersa", nell'ambito della quale si è andato sviluppando il fenomeno del l. nero. Questa espressione è entrata a far parte del linguaggio corrente per indicare l'attività lavorativa svolta al di fuori della normativa contrattuale vigente e, quindi, ogni tipo di l. retribuito, ma non soggetto a controlli fiscali e non garantito da coperture assicurative e previdenziali. Questo tipo di prestazione d'opera può presentare le caratteristiche di l. autonomo o dipendente e, in quest'ultimo caso, può avere carattere continuativo o saltuario, svolgersi a domicilio o in un centro di produzione, senza tuttavia offrire alcuna garanzia al lavoratore dipendente, potendo la sua prestazione essere interrotta in qualsiasi momento, in quanto totalmente soggetto all'arbitrio del datore di l. Dato il suo carattere abusivo e illegale, il l. nero è difficilmente quantificabile, pur costituendo una parte non irrilevante della cosiddetta "economia sommersa", essendo largamente diffuso in Italia, sia con le caratteristiche di doppio-l., per chi è già regolarmente occupato, sia come reddito integrativo della famiglia, acquisito con qualche attività marginale da parte della donna casalinga, sia come l. precario svolto soprattutto da giovani, studenti o in attesa di occupazione, sia come attività lavorativa affidata a immigrati provenienti dai paesi del Terzo Mondo. Secondo una valutazione del Censis, all'inizio degli anni Ottanta, l'area del l. nero interessava, in misura diversa, il 23% circa delle famiglie italiane. L'economia sommersa, collegata al l. nero, in particolare al doppio l., coinvolge sia i redditi dei lavoratori sia i profitti dei datori di l., entrambi occultabili, consentendo a coloro che svolgono un secondo l. di acquisire un salario aggiuntivo, esente da trattenute fiscali e da contribuzioni sociali, e alle aziende che ne usufruiscono (in genere di piccole dimensioni) di tenere bassi i costi di produzione e di meglio fronteggiare la concorrenza, oltre che di accrescere i profitti. Negli ultimi anni del XX sec. l'evoluzione dell'organizzazione produttiva ha portato ad un ricorso crescente da parte delle imprese a forme di flessibilità contrattata (funzionale, retributiva, quantitativa) nell'utilizzo di l. In particolare, a partire dall'accordo stipulato nel 1993 tra governo e parti sociali, nuove forme di flessibilità sono state messe a disposizione dei diversi settori produttivi allo scopo di aumentare la competitività del sistema delle imprese. La flessibilità funzionale consente alle imprese di adeguare le condizioni di impiego del fattore l. all'andamento del mercato, modificando i regimi di orario di l. e, nelle fasi di espansione, intensificando il ricorso a prestazioni lavorative al di là dell'orario contrattuale. Dalla rilevazione effettuata dall'Istat nel 1997 per valutare le modalità ed il grado di utilizzo dei diversi strumenti di flessibilità nel mercato del l. si evince che, pur nella diversità degli strumenti utilizzati, sia le piccole che le grandi imprese sembrano utilizzare ampiamente i margini di flessibilità dell'orario effettivo di l. allo scopo di variare il grado di utilizzo degli impianti. Il sabato lavorativo è la forma di flessibilità organizzativa maggiormente utilizzata dalle imprese in tutte le ripartizioni territoriali, mentre per le altre modalità si registrano alcune caratterizzazioni: nel Nord-ovest, ad esempio, è maggiormente utilizzato il l. straordinario e nelle altre ripartizioni è più frequente il ricorso a quello su turni. La flessibilità retributiva, con particolare riferimento al ruolo assunto dal premio di risultato, ha assunto maggiore importanza nell'ambito dell'accordo del luglio 1993, che si proponeva di incentivare con sgravi contributivi il collegamento tra salario e risultati economici conseguiti dalle imprese. Il premio di risultato, nelle sue diverse forme di applicazione, si pone come un elemento decisamente innovativo, sostitutivo (anche se non totalmente) dei tradizionali meccanismi di incentivazione. Tra i principali meccanismi utilizzati nella definizione del premio di risultato è prevalente l'utilizzo di indicatori "economici" di performance delle imprese, ma importante è anche la presenza di indicatori di "qualità", cioè indicatori del miglioramento del processo produttivo (come la riduzione degli scarti di lavorazione, l'aumento della soddisfazione del cliente, gli obiettivi di aumento dell'utilizzo degli impianti) e quelli che permettono di verificare la rispondenza tra prodotto ottenuto e gli standard ufficiali di qualità previsti dalla legislazione comunitaria in materia. Infine, per quanto riguarda gli aspetti della flessibilità quantitativa, il dato sulla netta prevalenza di contratti "atipici" (contratti a termine, contratti stagionali, contratti di formazione e l., contratti di apprendistato) all'interno delle assunzioni effettuate nel 1996 rappresenta un'importante conferma del cambiamento della struttura contrattuale dell'occupazione in direzione di una maggiore flessibilità e, più in generale, mobilità del l. Oltre il 50% dei nuovi assunti nelle imprese industriali e dei servizi con almeno 10 addetti nel 1996 esibisce, quindi, un contratto di l. diverso da quello a tempo indeterminato. L'incremento che ha caratterizzato nel 1996 l'occupazione nelle imprese industriali e dei servizi è totalmente attribuibile a forme di contratti atipici. Anche il crescente ricorso al contratto di l. a tempo parziale (part-time) costituisce una delle più cospicue manifestazioni della diversificazione e "flessibilizzazione" del rapporto di l. rispetto al modello tradizionale. Nel 1997 il "peso" del l. a tempo parziale è stato pari al 18% sul totale dei nuovi avviati al l.. Tale dato può essere giustificato, da un lato, dalle nuove esigenze del mondo produttivo orientate ad un utilizzo sempre più articolato e flessibile della manodopera e, dall'altro, dai diversi atteggiamenti assunti da lavoratori e lavoratrici spesso alle prese con molteplici impegni di carattere familiare, di studio o di altro genere. Alla mutata rilevanza del part-time sullo scenario del mercato del l. consegue, come è naturale attendersi, un continuo adattamento dello strumento normativo alle concrete esigenze aziendali. Le imprese in cui è maggiore il ricorso al part-time sono quelle che svolgono servizi di ristorazione veloce, nelle quali la maggior parte della manodopera è costituita da giovani, studenti o persone alle prime esperienze di l. La legislazione nazionale (in particolare, la l. n. 196 del 1997) ha fornito anche sostegno normativo alla tendenza storica verso la riduzione dell'orario di l.; obiettivo, peraltro, dell'intesa raggiunta tra Governo e parti sociali nel Patto per il l. del 24 settembre 1996. Abbassando il limite dell'orario normale di l. e introducendo incentivi alla riduzione e rimodulazione degli orari di l., si è inteso agevolare una ridistribuzione delle occasioni di l. e insieme disincentivare il ricorso sistematico al l. straordinario, deviato dalla sua funzione di strumento fruibile in via transitoria per soddisfare esigenze tecnico-produttive difficili da fronteggiare con il normale organico. La norma ha fissato in 40 ore settimanali l'orario normale di l., già fissato in 8 ore giornaliere e in 48 ore settimanali dal Regio Decreto legge del 1923. Non si deve dimenticare che regimi generali e speciali stabiliti nei contratti collettivi nazionali e aziendali stabilivano già orari di l. settimanali che oscillavano tra le 35 e le 38 ore. La riduzione del limite legale della durata normale della prestazione lavorativa ha inoltre anticipato l'adempimento di alcuni obblighi posti al nostro ordinamento dall'appartenenza all'Unione Europea (direttiva n. 93/104/CEE sulla riorganizzazione degli orari di l. in funzione della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori). La già citata l. 196 del 1997 prevede incentivi all'adozione di forme di orario ridotto attraverso una modifica delle aliquote contributive nei casi in cui il ricorso alla riduzione dell'orario sia finalizzata a permettere nuove assunzioni oppure ad affrontare situazioni di eccedenza di personale. Il sistema consente un progressivo abbattimento dei costi indiretti del l. in funzione della durata della prestazione lavorativa ed è strutturato su quattro distinte fasce orarie: fino a ventiquattro ore; oltre ventiquattro e fino a trentadue ore; oltre trentadue e fino a trentasei ore; oltre trentasei e fino a quaranta ore settimanali. La finanziaria per il 1998 ha stanziato 800 miliardi per incentivare la riduzione e la rimodulazione dell'orario di l. Ai contratti collettivi nazionali è poi demandato di stabilire eventuali limiti di durata inferiore anche riferendo l'orario normale di l. alla durata media delle prestazioni lavorative su base settimanale, mensile o annuale. La base per il nuovo intervento del legislatore - già prevista dalla l. n. 196 del 1997 - è stata fissata dalle parti sociali nell'intesa raggiunta tra Confindustria e CGIL, CISL, UIL il 12 novembre 1997 che, oltre a confermare l'importanza del metodo della "concertazione" nella disciplina di questioni di rilevanza sociale, ha posto i criteri guida per una globale ridefinizione della materia (orario normale di l., straordinario, riposi e pause, l. notturno, l. a turni, ecc.) nel rispetto dei vincoli comunitari, delle esigenze di flessibilità delle imprese e delle politiche di creazione di nuova occupazione perseguite dal Governo e dalle associazioni sindacali dei lavoratori. • Dir. - Il l. nella Costituzione: la carta costituzionale italiana pone il l. a base dello Stato, proclamando nell'art. 1 che "l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul l.". A tale affermazione di principio fanno corollario il riconoscimento del diritto di ogni cittadino al l., con il correlativo obbligo da parte dello Stato di promuovere le condizioni che rendano effettivo quel diritto e la prescrizione ad ogni cittadino di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Altri principi costituzionali attengono alla parificazione della donna all'uomo nei diritti nascenti dal rapporto di l., al diritto dei lavoratori alla previdenza e all'assistenza sociale, all'organizzazione sindacale e al diritto di sciopero. ║ Rapporto di l.: il codice vigente ha dedicato al l. un intero libro, il quinto, intendendo però il l. in senso molto lato, tanto da comprendervi tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali. Il l. in senso più ristretto, quello cioè prestato in forma subordinata in cambio di una retribuzione, è disciplinato nel titolo secondo, intitolato al l. dell'impresa, una sezione del quale è dedicata al rapporto di l.Contratto di l.: subordinato può definirsi quello per il quale una persona si obbliga verso altri, che assume sopra di sé il rischio del risultato, a prestare il proprio l. in cambio di una retribuzione. Elementi essenziali e distintivi del contratto di l. sono la subordinazione, cioè la dipendenza del prestatore di l. nei confronti del datore di l., e la collaborazione. Oggetto della prestazione può essere ogni attività dell'uomo capace di soddisfare bisogni tramite degli uffici di collocamento. Il contratto di l. ha, di regola, inizio con un periodo di prova, che deve però risultare da atto scritto. Durante il periodo di prova, ciascuna delle parti può recedere dal contratto senza obbligo di preavviso o d'indennità. Superato favorevolmente il periodo di prova, il lavoratore viene assunto definitivamente e il servizio prestato si computa nell'anzianità. Il contratto può essere stipulato a tempo indeterminato, cioè senza prefissione di durata, oppure a tempo determinato (o a termine). La principale obbligazione del datore di l. è quella di corrispondere la retribuzione nella misura pattuita. La retribuzione, però, non può essere inferiore alla misura minima stabilita dai contratti collettivi, nel caso in cui questi siano obbligatori per le parti, e deve comunque essere tale da assicurare al lavoratore un'esistenza libera e dignitosa. In mancanza di contratti collettivi obbligatori o di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice. Il lavoratore, a sua volta, deve prestare il proprio l. con la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e dall'interesse dell'impresa; deve osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del l. impartite dall'imprenditore e dai suoi collaboratori; non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, ne divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio; deve osservare l'orario di l., ecc. Ha diritto, oltre alla retribuzione, a particolari compensi per il l. straordinario e notturno, al riposo settimanale, a un periodo annuale di ferie retribuite, ecc. Ha diritto, altresì, alle prestazioni di previdenza e assistenza obbligatoria. Il rapporto di l. si estingue con la scadenza del termine nel caso in cui il contratto sia a tempo determinato o, qualora si tratti di contratto a tempo indeterminato, con il recesso di una delle due parti, cioè con il licenziamento, se chi recede è il datore di l., e con le dimissioni, se chi recede è il lavoratore. La generale riorganizzazione del mercato del l. negli anni Novanta del XX sec. ha comportato anche la rivisitazione del contratto a tempo determinato, che rientra tra le tipologie dei contratti di l. flessibili (insieme al part-time e al contratto di formazione e l.). La l. n. 196 del 1997 è intervenuta a modificare l'apparato sanzionatorio disposto con la l. n. 230 del 1962 in caso di violazione delle norme poste a tutela del lavoratore assunto a tempo determinato. La legge del 1962 prevedeva che la continuazione del rapporto di l. a termine anche per un brevissimo lasso di tempo dopo la scadenza del contratto (era sufficiente un solo giorno) venisse sanzionata con la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato fin dalla data della stipula del contratto. La nuova disciplina permette la continuazione del rapporto di l. oltre il termine inizialmente stabilito (o stabilito in sede di proroga) determinando solamente un aggravio retributivo proporzionato al tempo di semplice prosecuzione del contratto. Più in particolare, se il rapporto di l. si protrae fino al 10° giorno successivo alla scadenza del termine, il lavoratore riceve un aumento dello stipendio pari al 20% della retribuzione; se il rapporto continua ancora, per il periodo dall'11° al 20° o 30° giorno (a seconda se il contratto iniziale sia inferiore o superiore a 6 mesi) gli è dovuto un aumento pari al 40% della retribuzione. Nell'ipotesi, particolarmente grave, di prosecuzione del rapporto oltre i termini sopra ricordati, il contratto si trasforma a tempo indeterminato a partire dalla loro scadenza (10°, 20° o 30° giorno) ma - diversamente da quanto stabilito dalla disciplina precedente - è senza effetti retroattivi. La legge disciplina anche le ipotesi di riassunzione del lavoratore inizialmente assunto a termine. Se il lavoratore è riassunto dallo stesso datore di l. entro un periodo di 10 o 20 giorni dalla data di scadenza di un precedente contratto di durata inferiore o superiore a sei mesi, la legge sanziona ciò ritenendo il secondo contratto stipulato a tempo indeterminato. Anche in questo caso la sanzione non ha effetti retroattivi. Se il lavoratore è riassunto dallo stesso datore di l. immediatamente dopo la scadenza del precedente contratto, cioè senza soluzione di continuità, il rapporto di l. si considera a tempo indeterminato a decorrere dalla stipulazione del primo contratto. Salvo che per le indicate ipotesi, il datore di l. può effettuare tutte le assunzioni a termine che ritiene necessarie purché rispetti gli intervalli temporali di 10 o 20 giorni tra un'assunzione e l'altra. Non va dimenticato, infine, che il datore di l. può assumere con contratto a termine solamente nelle ipotesi previste dalla l. n. 230 del 1962 o dalla contrattazione collettiva che individua le ragioni giustificatrici dell'apposizione del termine nei rispettivi ambiti contrattuali. ║ Diritto del l.: parte dell'ordinamento giuridico che disciplina la prestazione di l. In senso più stretto comprende il complesso delle norme attinenti al rapporto di l. subordinato, incluse anche quelle attinenti alla disciplina delle fonti non statuali di regolamentazione del rapporto stesso. Nel diritto del l. si fa rientrare anche quella parte della legislazione sociale che riguarda la disciplina amministrativa del l., includendone la parte relativa alle assicurazioni sociali, cui si tende ad attribuire, sotto la denominazione di diritto alla previdenza sociale, autonomia scientifica e didattica. Tra le fonti del diritto del l. sono da ricordare, oltre la legge, i contratti collettivi di l. e gli usi. Questi ultimi sono applicabili solo in mancanza di leggi o di contratti collettivi, a meno che siano più favorevoli ai lavoratori, nel qual caso prevalgono sulle norme dispositive di legge. • Chim. e Fis. - Principio del massimo l.: principio enunciato da M. Berthelot (1876) che considerava l'affinità chimica un l. e come tale lo misurava in base al calore sviluppato nella formazione di un composto chimico; secondo l'enunciazione usuale, il principio afferma che di tutti i possibili processi chimici che possono aver luogo senza intervento di energia esterna, avviene sempre quello che porta al massimo sviluppo di calore. • Econ. - La scienza economica considera il l. come fattore di produzione e lo valuta in base al suo contributo al prodotto complessivo, cioè in base alla produttività marginale, che a sua volta dipende dalla scarsità o abbondanza relativa del l. in confronto alla disponibilità degli altri fattori di produzione (terra, materie prime, capitale, ecc.). Alla produttività marginale dovrebbe adeguarsi, in condizioni di equilibrio, la remunerazione o salario. L'offerta individuale di l., a differenza della normale offerta di beni o di fattori produttivi, in genere aumenta col diminuire del saggio dei salari, perché il lavoratore cerca con ogni sforzo di mantenere integro il suo reddito. L'offerta collettiva di l. risulta anzitutto dalla somma delle offerte individuali, ma risente anche delle variazioni nel numero degli individui che cercano l. Tipica la concezione ricardiana del salario naturale, sufficiente ad assicurare la semplice sussistenza della classe operaia, cui finirebbero sempre per livellarsi i salari correnti attraverso l'aumento o la diminuzione della stessa classe operaia. Grande importanza per la classe lavoratrice ha l'elasticità della domanda di l., sia in quanto a domanda più elastica corrisponde, in un dato momento, una ripartizione del prodotto più favorevole ai lavoratori, sia perché quanto più la domanda è capace di dilatarsi con il diminuire del costo del l., tanto meno il salario scende effettivamente quando l'offerta di lavoratori aumenta, come continuamente avviene nei paesi a popolazione crescente. Un maggior assorbimento dell'offerta di l. può essere facilitato mediante l'istruzione e la qualificazione dei lavoratori. Capitale e l., oltre che come fattori di produzione complementari, vanno anche considerati come fattori in parte sostituibili tra loro; un aumento dell'efficienza del capitale tecnico o una diminuzione del suo costo possono infatti indurre ad adottare nuovi metodi di produzione, in cui sia accresciuto l'impiego delle macchine e ridotto quello degli uomini. • Fin. - Regime fiscale dei redditi di l.: i redditi di l. sono colpiti in Italia dall'imposta di ricchezza mobile con aliquote diverse a seconda che siano redditi misti di capitale e l., derivanti cioè dall'esercizio di industrie e commerci, redditi di puro l. a carattere incerto e variabile, derivanti cioè dall'esercizio di arti e professioni, e redditi di puro l. a carattere fisso, costituiti da stipendi, salari, pensioni e assegni corrisposti dallo Stato e altri enti pubblici o privati o da persone fisiche. • Fis. - Si dice che una forza compie l. quando il suo punto di applicazione si sposta. Se la forza si mantiene vettorialmente costante durante lo spostamento, a misura del l. si assume il prodotto dello spostamento per la componente della forza secondo la direzione orientata dello spostamento, o il prodotto della forza per la componente dello spostamento, o il prodotto della forza per la componente dello spostamento secondo la direzione orientata della forza. ║ Dimensione fisica di un l.: dimensionalmente, energia e l. non differiscono. Viceversa da essi differisce la potenza, l. di una forza riportato all'unità di tempo. Le unità di misura più comuni per il l. sono: nel sistema kg. m. sec. il chilogrammetro (kgm); nel sistema CGS l'erg; nel sistema MKS il joule. Sinonimo di joule è il watt - secondo (Ws). ║ L. motore, l. resistente: a seconda che l'angolo formato da una forza con lo spostamento elementare del suo punto di applicazione è acuto od ottuso, il l. si dice motore o resistente. Al l. resistente portano contributo due tipi di forze resistenti: le resistenze utili, il cui l. si dice utile, e le resistenze passive (attriti, resistenze di mezzo, ecc.), il cui intervento provoca dissipazione di energia meccanica, e il cui l. ha perciò anche il nome di l. perduto. Il rapporto fra il l. utile e il l. motore si chiama rendimento della macchina. ║ L. esterno, interno: per un sistema materiale il l. esterno è il l. (positivo o negativo) compiuto dalla sollecitazione esterna al sistema; il l. interno è il l. (positivo o negativo) compiuto dalla sollecitazione interna. ║ L. virtuale: l. virtuale di una forza F, a un dato istante t, è il prodotto scalare della forza per uno spostamento virtuale del suo punto P di applicazione all'istante considerato. • Mar. - L'insieme dei sistemi funicolari, costituiti da cavi e bozzelli, dell'alberatura di un bastimento. • Med. - La medicina del l. è uno dei più importanti rami della medicina sociale. Comprende: la patologia del l., che ha come oggetto specifico lo studio degli effetti dannosi che possono derivare all'uomo direttamente dall'esercizio di un mestiere o professione o dal soggiorno in un particolare ambiente di l.; l'igiene del l., che con finalità protettive studia le cause di malattie, di infortunio, di invalidità precoce o di diminuzione della capacità produttiva di un lavoratore connessa con l'espletamento di una determinata attività lavorativa.