Architetto italiano. Dotato di una salda preparazione umanistica, risentì
nei primi anni di attività dell'influenza di Brunelleschi ed in seguito,
ed in modo assai più decisivo, di quella di Leon Battista Alberti, che
forse ebbe modo di incontrare durante il suo soggiorno a Mantova (attorno al
1460). Nella città dei Gonzaga
L. realizzò probabilmente
una parte del portico nello stradone di Sant'Andrea. Trasferitosi a Pesaro, dove
venne ospitato da Alessandro Sforza, elaborò il progetto per la facciata
del palazzo ducale. Sempre nelle Marche
L. diresse i lavori per la
sistemazione del palazzo ducale di Urbino, per la quale dovette affrontare
complessi problemi in quanto fu costretto ad operare su due unità
preesistenti separate da un certo dislivello. L'architetto riuscì a
comporre in modo perfetto le due entità in una composizione che, pur
raccordandosi alla tradizione rinascimentale di Alberti, se ne discosta per
l'estremo rigore delle superfici, in cui è evidente il richiamo
all'architettura tardoromanica del resto della città. All'interno dello
splendido palazzo, indiscusso capolavoro di
L., è notevole il
cortile, su cui si aprono ampi archi marmorei, in netto contrasto con il coccio
rosso della muratura. Mirabile anche la facciata detta dei Torricini, in cui i
primitivi elementi della costruzione vengono uniti da una serie sovrapposta di
balconi sormontati da archi. Dopo l'esperienza urbinate,
L. fu nuovamente
attivo a Pesaro, ove collaborò alla realizzazione della rocca e della
fortezza. L'influenza della sua opera è chiaramente visibile in numerosi
edifici delle Marche: tra gli altri si rifecero infatti alla sua lezione gli
architetti della rocca di Sassocorvaro e della casa Luminati di Urbino (Zara
1420 circa - Pesaro 1479).