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Laos.

Stato (236.800 kmq; 6.063.000 ab.) dell'Asia sud-orientale, nella penisola indocinese. Confina a Nord con la Cina, a Est col Vietnam, a Sud con la Cambogia, a Ovest con la Thailandia e il Myanmar. Capitale: Vientiane (442.000 ab.). Città principali: Xieng Khouang, Thakhek, Saravane e Paksé. Ordinamento: Repubblica popolare. Il potere legislativo è affidato al Congresso Supremo del popolo, il cui presidente è anche Capo dello Stato; quello esecutivo è esercitato dal governo. Moneta: il nuovo kip. Lingue ufficiali: il lao e il francese. Religione: buddhista.

GEOGRAFIA

Il Paese è prevalentemente montuoso a Nord e a Est, dove si elevano le alte terre annamitiche, profondamente incise da numerosi corsi d'acqua. Una zona pianeggiante si estende lungo il confine sud-occidentale, segnato in gran parte dal corso del Mekong, nel quale confluisce gran parte dei fiumi del Paese: Nam Hou, Nam Seng, Sé-Bang Fai, Sé-Bang Hieng. Il clima è tropicale, di tipo monsonico.
Cartina del Laos


ECONOMIA

Le foreste forniscono particolarmente tek ed essenze pregiate, ma non sono ancora convenientemente sfruttate. L'attività agricola, ristretta alle zone pianeggianti e alle vallate dei fiumi, produce riso, mais, tabacco, caffè, arachidi. Allevamento del bestiame, particolarmente bovino e suino. Modesti giacimenti di stagno. Industria alimentare e della lavorazione del legname.

STORIA

Abitato da popolazioni thai, il territorio del L. assunse una configurazione politica unitaria solo nel 1353 quando fu costituito il Regno di Lan'ch'ang (Milione d'elefanti). Esso ebbe breve durata e il territorio laotiano cadde nuovamente sotto la sfera d'influenza dei Paesi vicini e dovette subire numerosi smembramenti. Nel 1664 fu diviso in tre principati: Vientiane (centro), Luang Prabang (Nord), Champassak (Sud), che passarono sotto il controllo del Siam (Thailandia). Nel 1893, quando venne posto sotto protettorato francese, il territorio laotiano risultava diviso in tre regni distinti. Data la scarsa coesione del territorio, il movimento nazionalista anticoloniale stentò a farsi strada e nonostante gli scarsi progressi sociali compiuti durante la dominazione francese, non si costituì alcun movimento di resistenza sino al 1941. In quell'anno il Siam, con l'avallo del Giappone, procedette all'annessione dei territori laotiani a Ovest del fiume Mekong e solo al termine della guerra la Francia ne ottenne la restituzione. Approfittando della disfatta giapponese e della sconfitta francese ad opera del Viet Minh, nell'autunno del 1945 il movimento di resistenza laotiano Lao Issara aveva costituito un Governo rivoluzionario che la Francia, appoggiata dall'aristocrazia locale, spodestò facilmente nel 1946. Divenuto regno unificato sotto la sovranità del re del Luang Prabang, Sisavang Vong, nel 1949 ottenne l'autonomia amministrativa, pervenendo all'indipendenza nel 1953, nell'ambito della Comunità Francese. Frattanto, la guerra franco-vietnamita si era estesa al territorio laotiano in cui operava il movimento rivoluzionario Pathet Lao, capeggiato dal principe Souphanouvong che giunse a controllare le province settentrionali, alleandosi col Viet Minh. Gli accordi di Ginevra, firmati il 21 luglio 1954, portarono al riconoscimento del L. come Stato indipendente e sovrano e al ritiro delle truppe francesi nel novembre successivo. Nonostante fosse stato riconosciuto al Pathet Lao il diritto di partecipare alla vita politica del Paese, solo nel 1957, dopo la costituzione di un Governo neutralista presieduto dal principe Suvanna Phuma (marzo 1956), fu concluso un accordo per il ritorno alla legalità del Pathet Lao. L'affermazione elettorale dei neutralisti nelle elezioni parziali dell'aprile 1958 e l'ancor più travolgente successo del Pathet Lao scatenarono la violenta reazione della destra che riuscì a rovesciare Suvanna Phuma e a costituire un Governo presieduto da Phui Sananikone, scatenando una violenta reazione contro le forze di sinistra. Nell'agosto 1960, un colpo di Stato neutralista riportò al potere Suvanna Phuma che, nell'ottobre successivo, fu nuovamente destituito dalla destra e costretto a rifugiarsi nel territorio controllato dal Pathet Lao, mentre a Vientiane si insediava il Governo di destra presieduto dal principe Boun Oum, anch'egli appartenente alla famiglia reale. Nel giugno 1962, mentre la guerriglia divampava in tutto il Paese, le tre fazioni raggiunsero un accordo che portò alla costituzione di un Governo di unità nazionale presieduto da Suvanna Phuma. Si trattò di un'unità solo nominale, poiché i tre gruppi mantennero ciascuno proprie formazioni armate e il Pathet Lao, che aveva nel Governo quattro rappresentanti, continuò a controllare i tre quinti del territorio. Condizionato sempre più dall'aggressività della destra che aveva operato vari tentativi di colpo di Stato, Suvanna Phuma finì col perdere l'appoggio di una parte di neutralisti di sinistra che, dopo un nuovo tentativo di colpo di Stato da parte della destra nel maggio 1964, vennero esclusi dal Governo insieme coi rappresentanti del Pathet Lao. Per quanto formalmente ancora neutralista, il Governo laotiano finì con l'assumere un orientamento decisamente filo-occidentale, tanto da avallare la politica statunitense nel Vietnam. Accettò inoltre la presenza di reparti armati statunitensi. Vennero così a costituirsi di fatto due centri di potere, l'uno a Vientiane, l'altro nelle province settentrionali controllate dai comunisti del Pathet Lao, mentre il Paese era investito in pieno dalla guerra vietnamita. L'estendersi della guerra rompeva definitivamente una neutralità ormai soltanto nominale. Nel febbraio 1970 il Pathet Lao, unitamente a reparti nord-vietnamiti, sferrò una grande controffensiva sulla Piana delle Giare, riuscendo a rioccuparla. Seguì poi l'occupazione della base di Muong Soui e l'accerchiamento della capitale Luang Prabang. Nel febbraio 1971, oltre ventimila soldati sud-vietnamiti entrarono in territorio laotiano, appoggiati dall'aviazione e dall'artiglieria statunitense per interrompere la pista di Ho Chi Minh, cioè la via di passaggio per il rifornimento ai guerriglieri sud-vietnamiti. Ormai strettamente legata alle sorti del conflitto vietnamita, la questione laotiana fu portata a parziale soluzione immediatamente dopo la fine del conflitto vietnamita. Il 21 febbraio 1973, il Governo di Vientiane e il Pathet Lao raggiunsero un accordo per la fine della guerra e per una spartizione, su un piano di parità, degli incarichi nel futuro Governo provvisorio, mentre ciascuna delle parti conservò il controllo sui territori occupati sino alla costituzione di uno stabile Governo di unità nazionale, dopo le elezioni di dicembre. La disfatta delle formazioni politiche indocinesi, appoggiate dagli Americani, non mancò di ripercuotersi sullo sviluppo pacifico della situazione laotiana, minacciando di far crollare il fragile equilibrio politico fra gli esponenti del Neo Lao Haksat, il fronte patriottico laotiano, e gli ambienti della destra più oltranzista. Questi ultimi, nel maggio del 1975, con l'appoggio del regime conservatore thailandese, tentarono un nuovo colpo di Stato, dimettendosi dal Governo dopo il fallimento dell'iniziativa, mentre sei province del L. meridionale, già controllate dalla destra, vennero poste sotto l'autorità del Governo di coalizione. Il 23 agosto 1975 le sinistre presero definitivamente possesso della capitale amministrativa, dopo aver occupato la capitale reale, Luang Prabang. Nel dicembre dello stesso anno il Congresso nazionale del popolo, riunito a Vientiane, prese atto della rinuncia al trono di re Savang Valthana e decretò la fine della Monarchia. Il pieno controllo del Paese, trasformato in Repubblica popolare, passò in tal modo al partito Neo Lao Haksat, di matrice rivoluzionaria. Presidente della Repubblica diventò il principe Suphanouvong, mentre a Kaysone Phomvihane andò la carica di primo ministro, cioè l'effettivo controllo del Paese. Il problema dei profughi e dei rapporti con la Thailandia costituì il leit-motiv della politica laotiana della seconda metà degli anni Settanta. La posizione dei due Paesi non subì mutamenti, giungendo ad un modus vivendi nelle zone di confine. Ugualmente grave fu la crisi nata tra la Cina e il L. dopo l'alleanza stretta da quest'ultimo con il Vietnam filo-sovietico. La risposta della Cina fu immediata: concentrò alle frontiere con il L. alcune divisioni (marzo 1979) e tentò di sostenere in tutti i modi la guerriglia laotiana antigovernativa. La situazione di tensione con la Cina proseguì per tutti gli anni Ottanta ed il Vietnam accentuò gradualmente la propria presenza nel Paese per contrastare la guerriglia ed aiutare il Governo laotiano alleato. La gravissima crisi economica del Vietnam e il miglioramento delle relazioni internazionali tra l'URSS e la Cina portarono (1989) alla nascita di trattative tra il Vietnam e la Repubblica Popolare Cinese per il ritiro dal L. delle truppe vietnamite. Dopo le elezioni politiche del 1989 fu varata una nuova Costituzione (1991) che ribadì il monopolio politico del Partito popolare rivoluzionario (PPR), pur ammettendo alcune concessioni in campo economico (proprietà privata e libero mercato). L'Assemblea Nazionale, eletta nel 1992, designò come capo dello Stato N. Phoumsavan e K. Siphandon primo ministro. Il L. sostenne un sistema politico chiuso, approfondendo le riforme economiche di orientamento capitalista e autorizzando nel 1993 il principe Suvana Fuma a fare ritorno nel Paese in qualità di rappresentante di imprese straniere. La spinta liberalizzatrice in economia si tradusse nell'adesione del L. all'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN); il sistema politico rimase, però monopartitico e le lezioni del 1998 portarono alla nomina a presidente di Siphandon, mentre S. Keobounphan passò a occupare la carica di primo ministro. La spinta liberalizzatrice in economia si tradusse nell'adesione del L. all'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN). Il sistema politico rimase monopartitico e le elezioni del 1998 decretarono la nomina a presidente di Siphandon. Nella primavera del 2000 riprese vigore la guerriglia anticomunista hmong nella provincia di Xieng Khouang, finanziata dalla diaspora hmong negli Stati Uniti; milizie vietnamite aiutarono le forze governative a combattere la guerriglia. Nel giugno 2000 alcuni attentati dinamitardi provocarono vittime e danni a Vientiane e in altre città. Nel marzo 2001 Siphandon fu rieletto alla presidenza del Paese.
Il palazzo reale di Luang Prabang

Monaco buddista