Imperatore mongolo. Figlio di Tuluy e nipote di Genghiz Khan, fu re dei Tartari
e fondò la dinastia che mantenne il dominio della Cina dal 1280 al 1370.
L'unità dell'impero, salvaguardata per lungo tempo nonostante la
divisione tra i figli di Genghiz dopo la sua morte, venne minacciata, alla morte
di Mangu (1257) khan di Mongolia, dalle contese tra i gruppi familiari.
K., che già aveva guidato le spedizioni di conquista nel
territorio cinese, sconfisse il fratello Arigbuga e i discendenti di Ogutay:
dopo la rinuncia da parte del fratello Hulagu, conquistatore della Persia,
dell'Armenia e di parte della Mesopotamia, alla conduzione della guerra in
Siria,
K. proseguì le spedizioni verso il Sud e assunse il dominio
incontrastato dell'impero. Trasferì la capitale da Karakorum a Pechino
costituendovi una fastosissima corte, visitata e descritta da Marco Polo.
Divenuto il più potente sovrano del tempo, non poté tuttavia
evitare il progressivo smembramento dell'impero a causa dell'aggravarsi dei
conflitti interni alla sua famiglia; determinante fu anche, a questo proposito,
l'influenza della civiltà cinese che, se da un lato contribuì in
grande misura all'evoluzione del costume tartaro, dall'altro divenne elemento
disgregatore dell'unità nazionale.
K. svolse una politica
equilibrata, intesa soprattutto a unificare amministrativamente e culturalmente
le popolazioni soggette; pur accordando maggiore favore ai musulmani,
culturalmente ed economicamente più progrediti, non impose alcun modello
religioso, accolse anzi missioni cristiane e di altre chiese. Si occupò
pure intelligentemente dello sviluppo economico del Paese, incrementando
l'agricoltura e gli scambi commerciali. Un'imprudente politica espansionistica,
che lo spinse a tentare la conquista di terre lontane (ad esempio la fallita
spedizione contro il Giappone) compromisero il consolidamento del suo potere nei
territori già assoggettati, rendendo in questo senso difficile il compito
dei suoi successori (1214 circa - 1294).