Uomo politico e religioso iraniano. Studiò a Qum sotto la guida di
Khomeini e, a partire dal 1964, venne imprigionato per sei volte per ordine
dello scià Reza Pahlavi. Nel 1978 fu infine esiliato. Dopo l'ascesa al
potere di Khomeini in seguito alla vittoria della rivoluzione islamica,
K. ritornò in Iran dove entrò a far parte del Consiglio
superiore di difesa e divenne primo consigliere di Khomeini. Membro del
Consiglio rivoluzionario fino al 1979, nel 1980 venne nominato capo dei
pasdaran (guardiani della rivoluzione). Nel giugno 1981 venne ferito nel
corso di un attentato organizzato dai
Mugiahiddin, un gruppo terroristico
avverso alla politica di Khomeini: ciò gli valse il titolo di "martire
vivente". Nel 1981 venne eletto presidente della Repubblica iraniana, carica
nella quale venne confermato nel 1985. La sua seconda candidatura fu però
piuttosto contrastata, a causa dell'opposizione di Hashemi Rafsanjani, allora
presidente del Parlamento. Dopo essere scampato nel marzo 1985 a un secondo
attentato che causò la morte di sei persone,
K. si mise in lizza,
insieme a Rafsanjani e a Hussein-Ali Montazeri, per la successione al trono
dell'integralismo islamico. Il più probabile delfino di Khomeini sembrava
allora essere l'abile Rafsanjani, nominato nel 1988 comandante in capo delle
forze armate e principale fautore della tregua con l'Iraq. Le sue
capacità diplomatiche riuscirono infatti a isolare
K., che
comunque entrò nel 1988 nello speciale Consiglio formato per gestire gli
affari politici quotidiani che Khomeini, a causa delle sue precarie condizioni
di salute, non era più in condizione di seguire. Dopo la morte
dell'anziano ayatollah,
K. ne ha ereditato il ruolo di guida politica e
spirituale del Paese (n. Mashhad 1940).