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Jihād.

(o Gihād). Voce araba: sforzo verso un determinato obiettivo. Nel Corano (Sura LX, 1) questo termine era inteso come il cammino del fedele sulla via di Allāh: da questa accezione si arrivò a quella della legge canonica musulmana di guerra santa, cioè azione di diffusione e difesa dell'Islam. Il J. infatti fu sentito come un dovere collettivo della comunità, prescritto da Dio e dal Suo Profeta, il cui scopo era l'islamizzazione del mondo intero. Ai combattenti per la fede veniva assicurato il premio celeste e ai caduti durante il J. l'aureola di martiri. Al bellicismo intransigente dei primi secoli dell'Islam, seguì, almeno da parte dell'ortodossia sunnita, una riflessione teorica che approdò a una interpretazione del J. in senso simbolico e spirituale. Tuttavia a partire dal 1980, alcuni gruppi politici sciiti filo-iraniani, in Iran ma anche in Libano e nei territori palestinesi occupati dallo Stato di Israele, cominciarono a definirsi come combattenti per il J., commettendo sotto questa denominazione numerosi atti terroristici quali attentati, omicidi e sequestri di persona.