(voce inglese). Mus. - Genere di musica sviluppatosi, negli Stati Uniti
d'America, intorno alla fine del XIX sec., da un'elaborazione di elementi della
cultura musicale negro-americana (canti popolari quali
work songs, gospels,
spirituals, blues) e della tradizione europea (musica bandistica, musica da
ballo, musica popolare). Caratterizzato dall'uso costante del tempo binario,
della poliritmia, del libero contrappunto e dal particolare linguaggio melodico,
diede origine ad alcuni stili fondamentali: New Orleans,
dixieland, swing,
be-bop, cool, hard bop, free j. (V. SINGOLE
VOCI). • Encicl. - Le tre tappe fondamentali che segnarono
l'evoluzione stilistica del
j. trovano un preciso corrispondente
geografico in altrettante città degli Stati Uniti: New Orleans, Chicago,
New York. ║
New Orleans: il primo
j. nacque a New Orleans
intorno alla metà del XIX sec. Nella Louisiana francese, in quegli anni,
la popolazione di colore era passata dalla schiavitù, che accomunava i
neri in una sorte comune, a una prima divisione in classi. Consistente era
inoltre, nella regione, la presenza dei creoli, figli generati da coppie miste,
che godevano di una particolare libertà ed erano vicini alla cultura
europea, soprattutto francese. La loro musica, il
ragtime pianistico (che
deve il suo nome alla sincope, derivata dall'Africa e applicata alla musica
francese), unita alle forme del
blues e alle rielaborazioni profane degli
spirituals, determinò la nascita del
j. A New Orleans
sorsero le prime
band composte dalla triade cornetta-clarinetto-trombone,
mentre il banjo e il basso-tuba assolvevano funzioni ritmiche. Questi gruppi, i
cui componenti avevano generalmente una scarsa preparazione formale e facevano
largo ricorso all'improvvisazione, si incontravano nel quartiere di Storyville
(luogo in cui si trovavano tutti i locali malfamati della città), oppure
si esibivano in parate stradali e funzioni religiose (funerali, matrimoni). I
più famosi musicisti di questo primo periodo della storia del
j.
furono il trombettista Buddy Bolden, il pianista Ferdinand Jelly Roll Morton e
il batterista Zutty Singleton. ║
Chicago: dopo la chiusura del
quartiere Storyville di New Orleans, ordinata dal Governo nel 1917, molti
musicisti si trasferirono a Chicago, capitale del
j. negli anni Venti. In
quegli anni ebbe anche inizio la diffusione dei
race records, incisioni
che si rivolgevano al mercato negro. I più noti jazzisti attivi a Chicago
furono Joe King Oliver, Freddie Keppard, Tommy Ladnier, Louis Armstrong, Johnny
Dodds, Jimmy Noone, Jelly Roll Morton. Il
j. di Chicago risultò
radicalmente diverso dallo stile di New Orleans: le piccole formazioni si
allargarono progressivamente, trasformandosi in
big bands;
l'improvvisazione collettiva iniziò a lasciare il posto a una serie di
assoli, che valorizzavano le doti individuali dei musicisti; venne, inoltre,
introdotto il principio dell'insieme armonico, forma derivata dalla tradizione
occidentale, che sostituì la giustapposizione lineare. ║
New
York: le successive tappe evolutive del
j. ebbero come principale
centro di diffusione la città di New York. La musica nera si
sviluppò inizialmente nelle grandi orchestre sincopate (il dominatore
della scena jazzistica fu per lungo tempo il
band-leader negro Jim
Europe) e nella prima versione
hot jazzistica del
ragtime (alcuni
pianisti, infatti, misero a punto lo stile
stride piano, in cui è
particolarmente evidente il gioco della mano sinistra martellante, la quale
alterna i bassi della ritmica alle variazioni armoniche). Nel 1917 giunse a New
York la Original Dixieland Jazz Band di Nick La Rocca, orchestra di artisti
bianchi che riscossero immediatamente un enorme successo. In quegli anni
infatti, si manifestò spesso la tendenza, da parte del pubblico, a
preferire musicisti bianchi che suonassero con uno stile derivato dagli artisti
neri, piuttosto che gli stessi jazzman neri. A partire dal 1920 iniziò la
trasformazione delle orchestre di New York, all'interno delle quali assunsero un
rilievo sempre crescente le figure del solista e dell'arrangiatore. I principali
protagonisti di questa evoluzione furono l'arrangiatore e direttore d'orchestra
negro Fletcher Henderson, il trombettista e cantante Luois Armstrong, il
sassofonista Coleman Hawkins. In quello stesso periodo ai complessi di Louis
Armstrong e all'orchestra di Fletcher Henderson si contrapposero alcune
esperienze dei musicisti bianchi, che trasformarono il
j., eliminando gli
elementi folcloristici e istintivi insiti nella musica afro-americana. Paul
Whiteman e il compositore George Gershwin crearono il cosiddetto
j.
sinfonico, apprezzato in particolare dai bianchi, il medesimo pubblico che
frequentava il Cotton Club. Nel celebre locale di New York debuttò il
pianista e direttore d'orchestra Duke Ellington e il gruppo dei Washingtonians,
che suonavano una musica nella quale si potevano chiaramente individuare
elementi del
ragtime, dello
stride, del
blues classico e
della versione riveduta da Henderson della musica di New Orleans. Fra i jazzisti
che furono attivi in questo periodo non si può dimenticare il cornettista
Bix Beiderbecke, iniziatore di uno stile, all'interno della musica
afro-americana, cui si ispirarono gran parte degli artisti delle generazioni
successive. Superata la crisi economica del 1929, che portò alla chiusura
delle sale da ballo, dei teatri e dei locali notturni, negli anni Trenta
cominciò la rinascita delle orchestre: quelle del clarinettista bianco
Benny Goodman, di Jimmy e Tommy Dorsey, di Cab Calloway, di Fletcher Anderson,
di Jimmy Lunceford, di Chick Webb, di Duke Ellington. Queste formazioni,
risentendo del processo di commercializzazione del
j., ormai sottoposto
allo sfruttamento dell'industria discografica, crearono uno stile denominato
swing, che mostrava chiaramente l'influsso della musica leggera e da
ballo. Negli anni Quaranta i solisti neri, provenienti dalle grandi orchestre
dello
swing, iniziarono a riunirsi per misurarsi e sfidarsi tra loro
nelle
jam sessions. Questi incontri musicali, che si tenevano nei locali
della Cinquantesima strada di New York, diedero origine a una nuova forma di
j., il
be-bop, caratterizzato da una nuova complessità
ritmica e da una ricerca armonica e melodica più complessa. I musicisti
che si misero in evidenza come creatori di questo stile furono: il sassofonista
Charlie Parker, i pianisti Thelonious Monk e Bud Powell, il trombettista Dizzy
Gillespie, il batterista Kenny Clarke. Alla fine degli anni Quaranta si
registrò la nascita del
cool, uno stile più staccato ed
equilibrato del precedente, che avvicinava per certi versi il
j. alla
musica europea. Le prime manifestazioni di questa forma si ebbero con Miles
Davis, che nel 1945 suonava nel quintetto di Charlie Parker. L'esempio del
trombettista nero venne poi seguito da altri musicisti; in particolare il
pianista Lennie Tristano nel 1951 fondò a New York la New School of Music
e, con la sua tecnica esecutiva e il suo pensiero, diede il fondamento teorico
del
cool j. Tra i principali interpreti di questo tipo di musica
ricordiamo John Lewis e alcuni musicisti bianchi tra i quali Gil Evans, Gerry
Mulligan, Chet Baker, Dave Brubeck. La concezione
cool dominò per
molti anni e raggiunse la sua forma più rappresentativa nell'orchestra
Miles Davis-Capital che si costituì nel 1948. La seconda metà
degli anni Cinquanta fu caratterizzata dall'
hard-bop, stile che traeva
origine dall'esperienza del
be-bop e mirava al conseguimento di una
maggiore complessità ritmica e al ritorno ad elementi sonori e stilistici
tipicamente africani. Tra i musicisti di questa tendenza ricordiamo: il pianista
Horace Silver, il trombettista Clifford Brown, i batteristi Max Roach e Art
Blakey, i sassofonisti Sonny Rollins e John Coltrane. Dopo il movimento
dell'
hard-bop negli Stati Uniti si affermò un nuovo stile, il
free-j., la cui nascita ufficiale viene fatta coincidere con l'uscita del
disco
Free Jazz (1961), una suite realizzata dai quartetti dei
sassofonisti Ornette Coleman ed Eric Dolphy. La forma
free si
caratterizzò per la tendenza a svincolarsi dagli schemi armonici,
melodici e ritmici precedenti, e per l'apertura verso l'atonalità. Tra i
più noti interpreti
free ricordiamo, oltre a Coleman e Dolphy,
anche John Coltrane, il pianista Cecil Taylor, il trombettista Don Cherry, i
sassofonisti Archie Shepp, Steve Lacy. Tra i complessi principali si segnalarono
l'Arkestra di Sun Ra e L'Art Ensemble of Chicago dei polistrumentisti Lester
Bowie, Roscoe Edward Mitchell, Joseph Jarman, Malachi Favors.
Duke Ellington al piano
"Anni Venti: le tappe del jazz" di Daniele Ionio