Conflitto scoppiato nel 1911 in Libia tra l'Italia e la Turchia. Grazie alla
debolezza dell'Impero ottomano e a un tacito accordo con Francia e Gran
Bretagna, l'Italia aveva già in precedenza ottenuto dalle potenze europee
assenso alla penetrazione economica e al controllo sulla costa di Tripoli, in
cambio di analogo assenso alla penetrazione inglese in Egitto e francese in
Marocco. L'occasione all'intervento venne a Giolitti, premuto dall'opinione
pubblica italiana, dalla seconda crisi marocchina nella quale parve si
manifestassero minacce di occupazione di Bengasi da parte della Germania, in
quel periodo protettrice dell'Impero ottomano. Il Governo italiano inviò
allora alla Turchia un ultimatum, imponendole di acconsentire allo sbarco di
forze italiane a Tripoli. Avuta una risposta negativa, esso inviò un
corpo di spedizione, composto da 34.000 uomini e 72 pezzi d'artiglieria,
comandato dal generale Caneva, mentre la marina mobilitò squadre navali
al comando dell'ammiraglio Aubry. Il 19 ottobre le truppe sbarcarono presso
Bengasi, a punta della Giuliama. Altri sbarchi si ebbero a Tobruk, il 4 ottobre,
a Derna, il 18 ottobre ed a Homs, il 21 ottobre. Gli Arabo-Turchi tentarono di
respingere l'attacco a Sciara Sciat, Sidi Messri ed a Henni, ma fallirono nel
loro intento: in questi scontri gli Italiani persero però 40 ufficiali e
650 soldati. Le operazioni di guerra si estesero, ben presto, dalla costa
all'interno della Libia. Il 5 novembre 1911 Giolitti proclamò con un
decreto regio l'annessione dell'Italia alla Libia, malgrado quest'ultima fosse
ancora in buona parte da conquistare. Questo provvedimento era giustificato dal
timore d'improvvise opposizioni da parte della diplomazia europea al
proseguimento della guerra: infatti sia la Francia, che aveva avuto recentemente
un incidente con l'Italia nelle acque della Sardegna per contrabbando di armi,
sia soprattutto l'Austria, volevano impedire che l'Italia indebolisse
ulteriormente la Turchia. La situazione italiana era resa grave anche dalle
difficoltà di far affluire nuovi rinforzi all'esercito, mentre la Turchia
era libera di ottenerne frequentemente per la protezione concessale da tutti gli
Stati europei interessati al suo territorio. Disarmata l'opposizione della
diplomazia europea, l'Italia, anche per sconfiggere gli attacchi della
guerriglia del popolo arabo, unitosi ai Turchi nel resistere alla conquista
della Libia, cercò di risolvere il conflitto in uno scacchiere più
vitale per la Turchia. Le truppe italiane sbarcarono a Rodi e nelle isole
circostanti (Dodecanneso) il 5 maggio 1912 e dopo breve tempo i Dardanelli
furono forzati dalle torpediniere del comandante Millo. La Turchia, in
difficoltà anche nei Balcani per sommosse nella Serbia, nella Bulgaria,
nel Montenegro e nella Grecia, fu costretta a scendere a trattative e, con la
pace di Losanna dell'ottobre 1912, riconobbe la sovranità italiana sulla
Libia. Le truppe italiane avrebbero dovuto abbandonare Rodi e il Dodecanneso, ma
lo sgombero fu subordinato alla fine della guerriglia araba, guidata dai Turchi.
Poiché quest'ultima continuava anche dopo le trattative di pace, le isole
del Dodecanneso restarono come garanzia all'Italia, mentre alla Turchia fu
permesso di mantenere presidi in Cirenaica. Allo scoppio della guerra mondiale,
quindi, solo l'occupazione della Tripolitania era sicura, mentre in Cirenaica la
guerriglia continuava. La
g.i. ebbe importanti ripercussioni sul piano
internazionale: infatti il conseguente indebolimento della Turchia acuì
nei popoli balcanici il già vivo desiderio di libertà. Per quanto
riguarda le cause dello scoppio del conflitto, esse vanno ricercate nell'ondata
di nazionalismo che aveva nuovamente investito l'Italia agli inizi del '900,
dopo il periodo di stasi succeduto alla sconfitta coloniale di Adua. Fu infatti
soprattutto l'opinione pubblica, che vedeva nell'espansione coloniale l'unica
soluzione al grave problema dell'emigrazione, a spingere il primo ministro
Giolitti all'ultimatum e alla dichiarazione di guerra.