Gruppo linguistico che comprende la maggior parte dei popoli europei, dell'Asia
sud-occidentale, dell'area del Gange e del Golfo del Bengala e parte delle
popolazioni che, in tempi anteriori alla storia scritta, vivevano sulle coste
dell'Atlantico. Il punto d'unione di tutte queste popolazioni era costituito dal
comune ceppo linguistico che, dividendosi in numerose parlate differenti, era
tuttavia originato da una medesima lingua-madre comune parlata in tempi
preistorici, nelle regioni europee ed asiatiche. Non esisteva però una
omogeneità antropologica fra i popoli appartenenti al ceppo
i.;
fra di essi si riscontravano notevoli differenziazioni razziali. La genesi della
civiltà
i. è, secondo gli studi più recenti, da
rintracciarsi attorno al IV millennio a. C. e la sua collocazione geografica
è presumibilmente da situare nelle steppe russo-asiatiche e tra le
popolazioni sedentarie del Turchestan. In ogni caso, qualunque siano state le
successive migrazioni e le successive divisioni interne alle popolazioni
i., è da ritenere che esse siano rimaste per un tempo molto lungo
sostanzialmente unite in una zona geograficamente delimitata. Comunemente le
lingue
i. vengono divise in
orientali ed
occidentali. Tra i
popoli che adottarono lingue
i. occidentali e che conservarono le
gutturali semplici: Celti, Gaelici, popolazioni del Galles, tutti popoli il cui
linguaggio è derivato dagli idiomi che erano anticamente parlati dai
Galli. Anticamente l'estensione della stirpe dei Celti era estremamente
più vasta dell'attuale e non si limitava all'area dell'arcipelago
britannico. Tra le parlate
i. del ceppo orientale ricordiamo
principalmente la germanica e l'italica; la prima era diffusa nella regione alla
destra del fiume Reno sino alla Vistola ed a tutto il mezzogiorno della regione
scandinava; la seconda occupava dapprima la parte peninsulare della regione
italica e si estese successivamente a quella settentrionale contemporaneamente
alla conquista romana, che ebbe come effetto quello di assimilare o di eliminare
le parlate dei Liguri e dei Galli Cisalpini. La stirpe germanica era dapprima
sostanzialmente isolata all'interno di una vasta area celtica con la quale ebbe
successivamente numerosi contatti e sulla quale estese poi la propria influenza,
venendo in questo modo a toccare un territorio estremamente vasto. Questa
espansione portò alla formazione in epoche successive di una cultura
germanica molto articolata, la cui produzione scritta venne però
conosciuta solo in epoca più tarda e divisa in numerosi sottorami. Le
somiglianze della lingua germanica con il latino sono principalmente di
carattere lessicale, mentre quelle con il celtico riguardano per lo più
la grammatica e la fonologia. Tali somiglianze hanno autorizzato a supporre che,
in un'epoca non sicuramente databile nel tempo, Germani, Slavi e Latini abbiano
avuto una serie di contatti prolungati ed intensi. È infatti da supporre
che gli Italici siano scesi nella nostra penisola proveniente dalle regioni
dell'Europa settentrionale, passando probabilmente per i valichi delle Alpi
centrali ed orientali. In un primo luogo queste popolazioni si sovrapposero alle
genti che abitavano le regioni italiane in precedenza e che non erano di origine
i. Attorno all'epoca nella quale ebbe inizio la storia romana, le
popolazioni di stirpe italica occupavano solamente una piccola parte del
territorio della nostra penisola che era invece dominata da stirpi aborigene e,
per quanto riguarda alcune regioni meridionali, da popolazioni di stirpe greca.
Vi era inoltre il caso particolare degli Illiri che abitavano le regioni venete
e che taluno suppone provenienti dalle isole dell'Egeo. Una posizione intermedia
fra gli Illiri ed i Greci è quella delle popolazioni di stirpe macedone
che, anche nel periodo più fulgido della loro storia (età di
Alessandro Magno), usarono come linguaggio colto il greco che si parlava
nell'Attica, mentre la loro lingua popolare, che per le sue particolarità
fonetiche si riallacciava alle lingue germaniche, veniva costantemente tenuta in
secondo piano. Diverso era invece il caso dei vari dialetti che si parlavano in
Tracia e che probabilmente si riallacciavano alle lingue
i. del gruppo
asiatico. Tale influenza asiatica era sentita anche nella regione del mare Egeo
e nel corso inferiore del Danubio. Altre lingue che, derivate dai dialetti della
Tracia, si espansero in Asia Minore, sono quelle dei Frigi (popolazione alla
quale appartennero probabilmente gli abitanti di Troia), i Cimmeri e gli Armeni.
Quest'ultima parlata venne a lungo considerata come appartenente al ceppo delle
lingue iraniche, probabilmente a causa delle continuate influenze iraniche cui
la lingua armena fu sottoposta nel corso del periodo storico che vide gran parte
dell'Asia Minore dominata dalla stirpe persiana degli Achemenidi. Di altre
parlate della medesima regione, come l'hittito e il mitannico, è stato
accertato che, accanto ad elementi di fonetica e grammatica tipicamente
appartenenti al ceppo
i., possedevano caratteristiche non
i., ma
parzialmente asiatiche e caucasiche. Le varie popolazioni di stirpe
i. si
situarono dunque, nel corso di un lungo processo storico, nelle sedi che sono
loro attuali e si organizzarono politicamente e socialmente. Per quanto riguarda
le lingue
i. orientali, cioè le
letto-lituane, le
slave
e le
indo-iraniche, le prime sono attualmente o scomparse o ridotte
su aree a diffusione estremamente limitata. Hanno tuttavia una notevole
importanza dal punto di vista scientifico dal momento che vi sono conservati
alcuni caratteri dell'indo-europeo più antico, quali la coniugazione e la
declinazione, come pure l'accentuazione originaria delle parlate
i.. Per
quanto riguarda gli Slavi notiamo come la loro parlata sia quella più
orientale delle lingue
i. d'Europa. Essi si sono estesi lungo le steppe
meridionali e verso l'Oceano Glaciale, respingendo davanti a sé le
popolazioni turche e ugro-finniche che, nei periodi precedenti, avevano occupato
quelle regioni. Più tardi, nel corso del medioevo, le popolazioni slave
avanzarono di preferenza verso Ovest, occupando la Germania orientale fino alle
rive del fiume Elba. Occuparono in seguito la zona più orientale delle
Alpi e la penisola balcanica. Tutta questa grande espansione si attuò in
modo non cruento: gli Slavi si infiltrarono tra le popolazioni preesistenti che
erano state indebolite dalla degradazione del loro sistema economico o da
precedenti ampie migrazioni. Così è accaduto, per esempio, per le
popolazioni russe che hanno gradatamente occupato i territori di popolazioni
che, dal Turkestan allo stretto di Bering, non erano più in grado di
opporre resistenza alla loro avanzata. Sebbene gli elementi arcaici non siano
così presenti come accade in quelle baltiche, le lingue slave conservano
numerosi elementi dell'originaria grammatica
i., mentre la loro fonetica
si distingue principalmente per la presenza di sibilanti e consonanti addolcite.
Per quanto riguarda le lingue indoiraniche, è stata sostenuta per lungo
tempo l'ipotesi che esse avessero come lingua madre il sanscrito. Attualmente si
tende a considerare le parlate indoiraniche come appartenenti al medesimo ceppo
di quelle europee e che le differenziazioni e le deviazioni che sono presenti al
loro interno rispetto alla lingua originaria siano dovute a vicende storiche che
ne hanno ritardato e, in qualche caso, distorto lo sviluppo. La lingua iranica
generò successivamente il persiano medievale e, attraverso questo, il
persiano moderno. Similmente ad altri casi già considerati, la
penetrazione delle parlate
i. nella penisola indiana si scontrò
con la resistenza delle parlate preesistenti. Il rigido sistema di caste che
venne ben presto instaurato per rendere più stabile la situazione delle
popolazioni conquistatrici non impedì tuttavia l'alterazione della
cultura e della lingua dei vincitori. Essi assorbirono infatti una serie di
elementi allogeni. Più della lingua letteraria si modificò la
lingua parlata ed i dialetti derivati dal sanscrito, detti
pracriti, si
diffusero in tutta l'Asia orientale assieme all'espansione della cultura
buddhista.