Locuzione latina: rinuncia effettuata davanti al magistrato. Nel diritto romano,
atto di trasferimento del diritto nella forma di un finto processo. Acquirente
ed alienante si presentano
in iure dinanzi al magistrato. L'acquirente,
che assume la veste di attore, rivendica la cosa che intende acquistare
pronunciando la formula "aio hanc rem meam esse ex iure quiritium" e toccando la
cosa stessa con la festuca, simbolo del dominio. Dopo queste parole il
magistrato chiede al cedente se egli vuole assumere la contra-vindicatio;
l'alienante nega o tace ed allora il magistrato conferma il diritto di
proprietà asserito dall'attore. Il procedimento è quello
dell'antica rivendica; si finge di voler instaurare una lite di
proprietà; il cedente rinuncia al suo diritto di dominio e consente in
pari tempo che lo abbia l'attore. Al magistrato non rimane pertanto altro che
constatare l'avvenuto acquisto. In tal modo l'atto è compiuto,
l'acquirente diviene proprietario a condizione però che lo sia
l'alienante, suo autore, perché solo così la rinuncia alla cosa da
parte dell'ultimo può operare il trasferimento della proprietà.
L'
i. è applicabile a tutte le cose, purché siano oggetto di
dominio
ex iure quiritium. La
i. si elaborò nel mondo
romano sotto l'influsso della giurisprudenza. Decaduto sin dai tempi di Gaio,
l'ultima menzione di questo istituto è in Diocleziano. È
definitivamente scomparso nel
Corpus iuris.