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Heliand.

(Il Salvatore). Poema epico-religioso popolare in antico sassone. Narra, sulla base dell'Armonia evangelica di Taziano e del commento al Vangelo di Rabano Mauro, la vita di Gesù Cristo. L'opera, di 600 versi, risale alla seconda metà del IX sec. ed è conservata in due manoscritti autentici e due frammentari. La prima questione riguardante il poema concerne l'individuazione del suo autore. Proprio perché fondato sul commento di Rabano Mauro, abate di Fulda, alcuni studiosi ritengono che sia stato composto nel cenobio di Fulda; altri pensano sia stato scritto nel convento di Werden. È stato senza dubbio steso da un teologo con una notevole preparazione culturale e, secondo quanto si legge in una introduzione latina (aggiunta però, con ogni probabilità, in epoca posteriore), "non sconosciuto"; il poema gli fu commissionato da Ludovicus Piissimus Augustus. L'identificazione del committente costituisce un ulteriore problema. Potrebbe essere Ludovico il Pio o Ludovico il Germanico: nella prima ipotesi il poema sarebbe stato terminato prima dell'840, anno in cui morì Ludovico il Pio; nella seconda l'opera andrebbe datata tra l'843 e l'876. Ma il vero mistero che circonda l'H. è costituito dal fatto che esso presenta le caratteristiche di un testo evoluto, con un'impostazione teologica, linguistica e metrica precisa, senza che sia attestata una tradizione letteraria precedente. L'autore ha preso a prestito la struttura sintattica del latino e l'ha applicata a quello che probabilmente era il dialetto parlato dai Sassoni, costruendo in tal modo una lingua del tutto nuova. Questo serviva a diffondere la religione cristiana, permettendo a tutti i Sassoni convertiti da Carlo Magno di conoscere i fondamenti della nuova fede. Il lessico del Vangelo è trasformato in quello tipico della poesia cavalleresca: Cristo è il re, Pietro un eroico cavaliere, Marta e Maria sono baronesse.