Denominazione assunta dalle due correnti hegeliane tedesche, secondo la
distinzione fatta nel 1837 da D.F. Strauss che l'aveva desunta dalla
suddivisione in uso nel Parlamento francese. Tale denominazione divenne in
seguito comune per designare i seguaci di Hegel che poco dopo la morte del
maestro (1831) si erano divisi in due correnti, divergenti nell'interpretazione
e valutazione dell'hegelismo. In linea generale tale distinzione corrisponde a
quella tra conservatori (destra) e rivoluzionari (sinistra). Infatti, nei due
campi in cui si svolse il contrasto, ossia quello religioso e quello politico, i
rappresentanti della destra, denominati anche
vecchi hegeliani (K.F.
Göschel, A. Gabler, F. Richter, J. Schaller, J. Michelet, J.E. Erdmann,
K.F. Rosenkranz, F.C. Baur) tendevano a conciliare la filosofia di Hegel con
l'ortodossia religiosa e l'assolutismo politico; mentre i rappresentanti della
sinistra (
giovani hegeliani) giunsero a posizioni radicali, spinte, da un
lato, sino all'ateismo e, dall'altro, sino al comunismo. I rappresentanti della
destra non intesero il valore della dialettica così da rimanere attaccati
al sistema hegeliano come a una verità definitiva, tanto che la loro
filosofia ha potuto, giustamente, essere definita "la scolastica dell'hegelismo"
e nessuno dei suoi rappresentanti presenta particolare originalità di
pensiero. I rappresentanti della sinistra, invece, credevano in una
determinazione del corso della storia, mediante la filosofia critica e presero
attivamente parte alla battaglia per il trionfo della Ragione, entrando in lotta
aperta contro il regime conservatore e burocratico prussiano, per l'affermazione
della libertà e del progresso. Verso il 1840, la filosofia hegeliana
godeva del favore del governo prussiano e molti dei suoi rappresentanti
occupavano cattedre universitarie. Tuttavia, il rapido sviluppo economico e
sociale tedesco cominciava a fare esplodere le interne contraddizioni non solo
del regime, ma anche del sistema filosofico hegeliano. In particolare la
contraddizione massima tra
concezione dialettica dello sviluppo storico,
implicante un divenire incessante, un mutamento continuo, cui non è
possibile assegnare come limite e fine una forma storica determinata, e il
conservatorismo che aveva indotto Hegel ad attribuire un valore assoluto
alle istituzioni del suo tempo, in particolare alla religione cristiana e allo
Stato prussiano, arrestando a tali istituzioni il corso della storia. Pertanto,
data questa contraddizione tra il sistema politico reazionario e il metodo
dialettico rivoluzionario, era inevitabile che si arrivasse, all'interno della
scuola hegeliana, alla scissione tra un'ala destra conservatrice, comprendente i
discepoli ortodossi, e una sinistra progressista che si sforzava di adattare la
dottrina alle tendenze liberali della borghesia, vagliando la filosofia
hegeliana per ripudiarne gli elementi conservatori, salvandone la dialettica
rivoluzionaria. Così, come doveva rilevare Friedrich Engels (
Ludovico
Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, trad. it.
1950) verso la fine del decennio 1830-1840, la scissione nella scuola hegeliana
apparve sempre più marcata: "l'ala sinistra, i cosiddetti Giovani
hegeliani, nella lotta contro i pietisti ortodossi e i reazionari feudali,
rinunciarono a quel rispettabile ritegno filosofico verso le questioni ardenti
del giorno che, sino allora, aveva assicurato alla loro dottrina la tolleranza e
persino la protezione dello stato". Fu solo gradualmente, nel corso di una lotta
politica che, in un primo tempo, ebbe carattere esclusivamente filosofico e
religioso, che la sinistra hegeliana operò la propria trasformazione
dell'hegelismo e ne fece uno strumento di lotta liberale. In un primo tempo, i
Giovani hegeliani si limitarono a prendere posizione contro Hegel solo
indirettamente, opponendo a un Hegel che aveva fatto concessioni sempre
più vaste alla reazione, un Hegel riposto, di cui bisognava afferrare il
segreto pensiero e che essi presentavano come un pensatore rivoluzionario. Una
posizione di compromesso che essi abbandonarono solo quando, con l'inasprirsi
della lotta politica, questo compromesso fu reso insostenibile ed essi passarono
a una critica diretta della filosofia hegeliana nel suo complesso. La
separazione tra destra e sinistra hegeliana si realizzò sul terreno della
religione, dove fu condotta la lotta decisiva tra le due tendenze. Ciò fu
dovuto semplicemente al fatto che, come rivela Auguste Cornu (
Marx e Engels,
dal liberalismo al comunismo, 1962) era meno pericoloso criticare la Chiesa
e i suoi dogmi che lo Stato e le sue istituzioni. Pertanto, la disputa si
aggirò dapprima intorno a questo punto: religione e filosofia
appartenevano, come sosteneva Hegel, alla stessa essenza oppure erano
sostanzialmente eterogenee e incompatibili tra di loro? Assimilando la religione
alla filosofia, Hegel aveva eliminato il lato mistico della religione e
trasformato i dogmi in simboli che esprimevano i concetti fondamentali della
filosofia. Così, egli faceva di Dio il simbolo dell'Idea assoluta, del
Cristo e dell'incarnazione il simbolo dell'unione dell'universale e del
particolare; della redenzione il simbolo dello spirito; della trinità il
simbolo del movimento dialettico attraverso cui si realizza l'unità dei
contrari. I primi attacchi contro il sistema hegeliano dovevano partire dai
teologi ortodossi che mossero violente critiche alla filosofia hegeliana della
religione. Da parte loro, con intenti opposti, insorsero contro la distinzione
hegeliana tra "contenuto" e "forma" della religione cristiana. Gli hegeliani
ortodossi, insistendo sulla positività del
contenuto, ritrovavano
facilmente la concordanza tra la filosofia hegeliana e la fede tradizionale,
ritenendo quindi di poter conservare integralmente i princìpi
fondamentali del cristianesimo e la storia evangelica. La sinistra, invece,
affermava l'inconciliabilità tra l'hegelismo e la religione tradizionale,
conducendo una critica biblica radicale e dimostrando l'impossibilità di
mantenere le notizie storiche dei Vangeli, così da ridurre l'istanza
religiosa sul piano delle esigenze e dei bisogni umani. Il maggiore
rappresentante della critica religiosa della sinistra fu D.F. Strauss
(1808-1874) che nel 1835 condusse il primo decisivo attacco da parte dei
razionalisti, pubblicando
Das Leben Jesu Kritisch bearbeitet, un libro
sulla vita di Gesù, che, attraverso le polemiche che suscitò, fu
determinante per la formazione della sinistra hegeliana. Con tale opera, Strauss
spezzava l'armonia hegeliana tra religione e filosofia, dimostrando che ciascuna
di esse aveva un suo particolare carattere e un proprio ambito e che non erano
quindi riducibili l'una all'altra; inoltre egli affermava l'esistenza, accanto
alla verità razionale, di una realtà storica che non coincide
necessariamente con essa, distinguendo l'identità hegeliana
dell'evoluzione storica e dello sviluppo razionale. Infine, con la negazione di
un principio primo esterno e superiore all'uomo, egli toglieva all'hegelismo il
suo carattere metafisico e trascendentale e, negando valore assoluto alla
religione cristiana, scuoteva una delle basi del sistema conservatore di Hegel.
Il colpo fu accusato dagli hegeliani ortodossi, preoccupati di conservare
l'unità hegeliana di religione e filosofia e che rimproveravano a Strauss
di aver deformato il pensiero di Hegel. La difesa, anche contro gli attacchi che
venivano all'hegelismo dai rappresentanti dell'ortodossia evangelica, fu
condotta con particolare ardore dal giovane Bruno Bauer (1809-1882) che,
però, poco più tardi, sarebbe passato anch'egli alla sinistra,
portando alle ultime conseguenze le critiche di Strauss ai testi biblici,
così da giungere a posizioni di estremo ateismo. ║
Formazione
della sinistra hegeliana: si apriva così, attraverso la breccia di
Strauss, la via per l'attacco decisivo della sinistra contro l'intero sistema
hegeliano. Insorgendo sia contro i cristiani ortodossi che pretendevano di
subordinare la filosofia alla religione, sia contro gli hegeliani conservatori
che volevano assimilare la religione alla filosofia, i Giovani hegeliani presero
posizione a favore di D.F. Strauss, rivendicando alla filosofia e alla scienza
il diritto di sottoporre la religione ad analisi critica. Inoltre,
contrapponendo lo sviluppo dialettico delle idee al sistema conservatore
hegeliano, essi derivarono dalla filosofia di Hegel una dottrina dell'azione
conforme alle aspirazioni liberali della borghesia e, operando un
capovolgimento, trasformarono una filosofia che aveva servito a giustificare la
politica reazionaria della Santa Alleanza in una dottrina rivoluzionaria. Una
seconda tappa che doveva operare, su un terreno diverso, una trasformazione non
meno profonda di quella provocata dall'attacco di D.F. Strauss contro la
filosofia hegeliana, fu segnata da A. von Cieszkowski. Nel 1838, egli
pubblicò
Prolegomena zur Historiosophie (Prolegomeni alla
filosofia della storia), in cui sosteneva la necessità di sostituire alla
filosofia hegeliana, puramente speculativa, incapace di esercitare alcuna
influenza sui destini umani, una filosofia dell'azione, volta alla
trasformazione del mondo, ossia una filosofia della
praxis: un concetto,
questo, che doveva essere poi ripreso e sviluppato da Marx. Secondo il
Cieszkowski, questa filosofia dell'azione, che consentiva all'uomo di
partecipare alla storia del mondo, invece di esserne lo strumento inconsapevole,
aveva trovato una prima espressione nelle nuove dottrine socialiste, in
particolare in quella di Fourier; dottrine che, però, avevano il difetto
di essere troppo legate al presente, mentre bisognava distaccarsi da esso per
determinare l'avvenire in modo puramente razionale. Come tutti gli idealisti,
von Cieszkowski non concepiva infatti la
praxis, ossia la filosofia
integrata nell'attività sociale, come un'attività rivoluzionaria
che si proponesse come scopo immediato la trasformazione effettiva della
società, ma come determinazione
a priori dell'avvenire. E questa
filosofia dell'azione, che si proponeva di dirigere il corso della storia
mediante l'attività spirituale, sarebbe diventata la filosofia dei
Giovani hegeliani. Tuttavia, mentre Cieszkowski superava il liberalismo,
proponendo già un socialismo utopistico, i Giovani hegeliani,
tendenzialmente liberali, difendevano ideologicamente le aspirazioni e gli
interessi della classe borghese. Pertanto, la sinistra hegeliana
trasformò la filosofia in un'arma politica, riprendendo la lotta del
razionalismo borghese contro l'organizzazione assolutistica e feudale. Per
sostenere le loro tesi, i Giovani hegeliani si servirono degli
Annali di
Halle che Arnold Ruge (1802-1880) e Theodor Echtermeyer (1805-1844), avevano
fondato nel 1838 in contrapposizione col conservatorismo degli
Annali
berlinesi di critica scientifica, organo dei Vecchi hegeliani. Sotto
l'impulso di Ruge, gli
Annali di Halle assunsero un carattere sempre
più marcato di opposizione al sistema, diventando il centro di raccolta
della sinistra hegeliana. ║
Dall'Idealismo al Materialismo: una
parte di primissimo piano nell'evoluzione della sinistra hegeliana fu sostenuta
da Ludwig Feuerbach (1804-1872). Egli era stato idealista sino al 1838 e aveva
sostenuto dapprima il punto di vista hegeliano, ossia che la ragione è
l'essenza e l'elemento regolatore del mondo. Tuttavia, il suo interesse per la
natura li indusse a una diversa valutazione del mondo sensibile e, quindi, a
passare dall'idealismo al materialismo. Questo passaggio si realizzò
mediante un rovesciamento dell'hegelismo, maturato in una serie di articoli
pubblicati negli Annali di Halle. Attraverso una critica più profonda e
più generale di quella già svolta da Strauss e da Cieszkowski,
egli distruggeva la metafisica hegeliana, fondata sul postulato che solo
l'essenza spirituale, l'
idea, è veramente reale, e rovesciava la
concezione idealistica dei rapporti tra pensiero ed essere. Invece di fare
dell'idea il principio creatore e regolatore del mondo, egli la subordinava alla
realtà concreta, distruggendo in tal modo non soltanto la filosofia
hegeliana, ma ponendo le basi di una nuova filosofia di tipo materialistico,
che, partendo dal mondo sensibile, sostituiva l'
idea con la realtà
oggettiva, la
natura, come principio primo. Secondo Feuerbach, il difetto
fondamentale della dialettica hegeliana consisteva nella sua incapacità
di spiegare la natura, per cui il rapporto posto da Hegel tra Spirito e Natura
andava capovolto, considerando il primo come una pallida immagine della seconda.
E poiché l'essenza stessa della natura consiste in ciò che
è concreto, ne consegue che la sola realtà è l'individuo.
Pertanto, è nell'uomo che si realizzerà l'unità tra finito
e infinito e la "filosofia dell'avvenire" non sarà più
teologia bensì
antropologia. Nell'ambito di questa
concezione, la religione si spiega psicologicamente come l'illusione originata
dal fatto che l'uomo, aspirando a qualcosa di più alto, contrappone a se
stesso, come qualcosa di reale, diverso e staccato da sé, la propria
essenza, innalzandola poi all'infinito e venerandola come Dio. È questo
il processo
dell'alienazione, per cui l'uomo trasferisce in Dio le
qualità più alte che egli vorrebbe avere. Pertanto, è
l'uomo che, per soddisfare le proprie esigenze psicologiche, crea Dio come
proiezione idealizzata della propria essenza. È chiaro che questa
filosofia materialistica che dava un indirizzo antropologico alla filosofia,
mettendo a nudo il nocciolo stesso della filosofia hegeliana, non poteva servire
da base per un movimento politico della borghesia, impegnata in una lotta sempre
più aspra contro il proletariato e che, in campo filosofico, andava
orientandosi sempre più decisamente verso l'idealismo. Era quindi
inevitabile che Feuerbach si separasse dall'insieme dei Giovani hegeliani, i
quali, in quanto difensori degli interessi della classe borghese contro
l'assolutismo dello Stato prussiano, rimanevano sostanzialmente idealisti.
L'influenza di Feuerbach si fece pienamente sentire solo dopo il fallimento del
movimento della sinistra hegeliana, su quella parte di Giovani hegeliani che
andavano orientandosi verso il comunismo per difendere gli interessi di classe
del proletariato. All'inizio del 1840 A. Ruge indicò il nuovo
orientamento degli
Annali di Halle, attaccando l'atteggiamento
reazionario dei Vecchi hegeliani e il passaggio della sinistra dalla critica
filosofico-religiosa alla critica politica. Contemporaneamente cominciò
la regolare collaborazione agli
Annali del "Circolo dei dottori", cui
appartenevano Karl Marx e Bruno Bauer. Quest'ultimo, proseguendo nel suo esame
critico dei vangeli, era giunto alla conclusione che all'umanità
s'imponeva il compito di liberarsi, mediante la critica, dal dominio della
religione (in particolare della religione cristiana), divenuto ormai un elemento
reazionario e, quindi, di distruggere gli ostacoli ch'essa opponeva al progresso
della coscienza universale. In tal modo, la dialettica di Bauer distruggeva
definitivamente il sistema conservatore di Hegel, di cui conservava soltanto
l'idea dello sviluppo dialettico infinito della storia. Marx che, come tutti i
Giovani hegeliani, si interessa di filosofia più per ragioni politiche
che speculative, sin dall'inizio divergeva dagli altri su un punto essenziale,
rifiutandosi (fedele in ciò al pensiero fondamentale di Hegel) di
dissociare l'
idea dal reale, il pensiero dall'essere, la coscienza dalla
sostanza; ma respingendo la concezione dell'assoluto potere dello spirito di
modificare il mondo a suo arbitrio. Marx, perciò, tendeva a mantenere
alla dottrina di Hegel il carattere oggettivo, conservandone due concetti
essenziali: che lo spirito non ha vera esistenza fuori dalla realtà
ch'esso crea e alla quale è legato; che il movimento dialettico generato
dalle contraddizioni interne a ogni realtà non può essere
arbitrariamente determinato dal pensiero staccato dal reale. Questa divergenza
dipendeva dal fatto che, mentre gli altri Giovani hegeliani non pervenivano a
un'effettiva unità della teoria e dell'attività pratica, svolgendo
quindi una critica puramente teorica, Marx, spinto da sentimenti già
fondamentalmente democratici, intendeva agire efficacemente sul mondo per
trasformarlo. Pertanto, mentre Bauer e gli altri giovani hegeliani si staccavano
da Hegel per ritornare a Fichte, Marx considerava il movimento dialettico come
immanente al reale; ma, d'altra parte, superando Hegel, doveva sempre più
sostituire al punto di vista speculativo il punto di vista storico, ponendo
tutti i problemi sul terreno della storia. Come gli altri giovani hegeliani,
Marx criticava l'atteggiamento conciliativo che aveva portato Hegel a stringere
un compromesso con la reazione e a farle sempre maggiori concessioni; ma invece
di accettare la contrapposizione tra un Hegel
esoterico, tendenzialmente
rivoluzionario e un Hegel
essoterico che tradisce i suoi principi e
patteggia con la reazione, egli si sforzava di mostrare che il comportamento
ambiguo e incoerente di Hegel era la conseguenza dei suoi stessi principi.
Attraverso un'approfondita analisi critica, Marx giungeva a una migliore
comprensione di Hegel e a una più esatta valutazione del movimento della
sinistra hegeliana, così da giungere al superamento, nello stesso tempo,
di Hegel e dei giovani hegeliani. Da un'analisi dei rapporti dialettici tra
filosofia e mondo (nella misura in cui il mondo, diventando razionale, assume un
carattere filosofico), la filosofia, integrandosi cessa di essere una
totalità astratta e diventa totalità concreta e, quindi, la sua
realizzazione coincide con la sua negazione come filosofia in sé Marx
deriva una prima concezione dell'azione reciproca tra pensiero ed essere, tra
spirito e realtà concreta. Per questa via Marx superava Hegel, non solo
perché non poneva più limiti allo sviluppo della storia, ma anche
perché attribuiva al mondo una realtà indipendente dallo spirito,
così da giungere a una nuova concezione dei loro rapporti dialettici.
Contemporaneamente, egli supera i Giovani hegeliani perché, a differenza
di loro, non pone lo spirito in continua opposizione con la sostanza, ossia col
mondo, ma sottolinea il carattere dialettico dei loro rapporti, in un'azione e
reazione reciproca che determina un avvicendarsi di integrazione e di
opposizione. Questa concezione dialettica dei rapporti reciproci tra la
filosofia e il mondo, per quanto ancora idealistica, costituisce la prima
formulazione di quella concezione dei rapporti di azione reciproca tra l'uomo e
il suo ambiente che, più tardi, avrebbe condotto Marx all'elaborazione
del materialismo storico e dialettico.