Pseudonimo di
Knut Pedersen. Scrittore norvegese. Nel 1882 emigrò
in America, dove lavorò soprattutto nel Wisconsin e nel Minnesota.
Raccontò poi le sue esperienze, quasi esclusivamente negative,
sull'America, nel libro
La vita spirituale dell'America moderna, dopo
aver esordito con
Fame. In quest'ultimo romanzo, allo schematismo
naturalistico
H. contrappone la raffigurazione dell'anima umana nella sua
incoerenza ed enigmaticità; allo stile scientifico, lo slancio lirico e
musicale, il linguaggio dell'inconscio e dell'inconoscibile. A
Fame
seguirono una trilogia drammatica d'ispirazione nietzschiana:
Alle porte del
Regno; Il gioco della vita; Tramonto; una raccolta di liriche:
Il coro
selvaggio; romanzi, novelle e racconti di viaggi e di vita vissuta:
Pan;
Siesta; Victoria; Un paese di sogno; Uomini d'oggi; I frutti della terra,
ecc. Nel 1920 fu insignito del premio Nobel. Se nella caratterizzazione
psicologica
H. ha assorbito da Dostoevskij e da Mark Twain, il suo
naturalismo mistico è forse l'espressione più originale e
più alta della poesia norvegese dopo Ibsen. Il senso panteistico della
natura pervade il suo libro migliore,
Pan, mentre ne
I frutti della
terra il sentimento religioso della natura s'incarna nella figura del
pioniere Isak. Nei libri successivi
H. torna ai suoi misantropici
sarcasmi e ai suoi paradossi, attraverso i quali, però, traspare sempre
un eccezionale intuito psicologico, specialmente nel raffigurare i vizi da lui
più detestati, la presunzione e il dogmatismo (
Donne alla fontana;
Ultimo capitolo). Nei suoi ultimi romanzi (
Vagabondi; Augusto; La vita
continua; Il cerchio s'è chiuso) ritorna il motivo centrale:
l'antitesi natura-cultura, che culmina in una specie di mito del nomade,
rivendicatore di un anarchico individualismo e di un ingenuo idealismo di fronte
al dilagante materialismo della civiltà moderna (Garmostraeet,
Gudbrandsdal 1859 - Nörholm, Grimstad 1952).