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Haiti.

Stato (27.750 kmq; 9.300.000 ab.) dell'America centrale nelle Grandi Antille; occupa la parte occidentale dell'isola di Hispaniola. Confina a Est con la Repubblica Dominicana, a Nord è bagnata dall'Oceano Atlantico, a Sud e a Ovest dal Mar delle Antille. Capitale: Port-au-Prince. Ordinamento: Repubblica presidenziale; capo del potere esecutivo è il presidente, mentre il potere legislativo spetta al Congresso Nazionale. È ripartita in 5 dipartimenti. Moneta: gourde, diviso in 100 centesimi. Lingua ufficiale: francese, diffuso il creolo. Religione: cattolica. La popolazione è formata da neri (90%) e mulatti (5%).

GEOGRAFIA

Il territorio è prevalentemente montuoso, formato da due cordigliere (altezza massima: Pic La Selle, 2.680 m), tra le quali s'intercala una catena minore. Le coste sono articolate, alte e rocciose. Il clima è tropicale, caldo e umido, temperato dall'altezza.
Cartina di Haiti


ECONOMIA

È piuttosto arretrata, in prevalenza agricola, con produzione di granoturco, patate, caffè, banane, sisal, cotone, zucchero. Le foreste forniscono ottimo legname, in particolare da ebanisteria, quali il mogano e il cedro.

STORIA

Già centro dell'attività corsara nei Caraibi, la parte orientale dell'isola Hispaniola fu stabilmente occupata dalla Francia nei primi decenni del 1600 e nel 1697 fu riconosciuta dalla Spagna come colonia del Governo di Parigi. Con la rivoluzione nel territorio metropolitano, ebbe inizio l'agitazione dei negri per l'abolizione della schiavitù. Nel 1792 l'Assemblea francese aboliva la schiavitù e concedeva i diritti politici ai mulatti ed ai negri. La situazione si complicò ulteriormente per l'intervento della Spagna e dell'Inghilterra (1793), che fece alleare Negri e Francesi. Toussaint- Louverture, sconfitto il generale inglese Maitland, divenne generale, e quindi governatore. Nel 1800 e 1801 occupò San Domingo, che nel 1795, con la pace di Basilea, era stata ceduta dalla Spagna alla Francia. Nel 1801 un'assemblea haitiana nominava Toussaint governatore a vita e promulgava una costituzione, pur riconoscendo H. come territorio francese. Il posto di Toussaint, catturato da una spedizione inviata dal Bonaparte (1802), veniva preso da un altro capo, Dessalines, il quale costringeva l'esercito francese a ritirarsi (1803) e nel 1804 proclamò a Gonaives l'indipendenza del Paese (il cui nome di St. Domingue veniva mutato in H.), diventandone governatore a vita. Nel 1804 Dessalines si proclamava imperatore, col nome di Jacques I; l'impero finì nel 1806 con l'assassinio di Dessalines. Il paese si divise allora sotto due capi: Christophe che si proclamò dittatore, e quindi re col nome di Henry I (1811); e Pétion, che, in seguito alla secessione della regione del Sud elettasi a Repubblica, ne assumeva la presidenza (1807). J.P.Boyer, nel 1820 riunì il Nord ed il Sud, estese nuovamente nel 1822 il dominio di H. su San Domingo (che nel 1809 era tornato alla Spagna) e governò per più di vent'anni su tutta quanta l'isola. L'indipendenza di H. veniva riconosciuta dalla Francia nel 1825. Caduto Boyer nel 1843, la separazione dell'isola in due unità politico-amministrative distinte era ormai definitiva. La vita politica fu molto agitata: dal 1866 al 1915 tutti i presidenti furono deposti da colpi di mano, finché gli Statunitensi sbarcarono nel 1915 (rimasero fino al 1934), per proteggere l'elezione di Dartiguenave. H. rimase uno dei Paesi più arretrati dell'America centrale. Presentatosi come portavoce delle istanze dei diseredati, il presidente nero François Duvalier instaurò un regime dispotico che anziché sottrarre le masse contadine al loro primitivismo culturale ne aumentò il lato oscuro e magico, facendo leva sul vodù, la religione magica nata dalla mescolanza del cattolicesimo con ataviche credenze africane. Negli anni Sessanta il Paese raggiunse livelli tali di degradazione da indurre numerosi organismi internazionali a prendere posizione contro la miseria e l'ignoranza in cui veniva tenuta la popolazione e contro le efferatezze di Duvalier, autoproclamatosi presidente a vita nel 1964. La morte di Duvalier nell'aprile del 1971 non lasciò spazio all'opposizione, operante all'estero e per buona parte rappresentata dalla vecchia classe dominante espressa dall'élite mulatta. Veniva rispettata la formula disposta dallo stesso Duvalier che, poco prima della morte, aveva emendato la Costituzione per consentire l'ascesa alla presidenza del figlio ventenne, Jean-Claude. Il primo atto di una certa importanza compiuto dal giovane presidente fu l'esonero, nel novembre 1972, del ministro della Difesa, già "uomo forte" del regime, costretto a lasciare il paese. La nomina di R. Lafontant, già console generale a New York, indicò un riavvicinamento alla politica degli Stati Uniti e la volontà del presidente di dare al duvalierismo un volto più moderno. Tale linea si concretizzò in un tentativo di rinnovamento democratico del Paese, sostenuto dal presidente americano Carter il quale, inviando un suo rappresentante sull'isola, permise nel 1977 il rilascio di molti prigionieri politici. Il processo di liberalizzazione continuò negli anni seguenti: nel 1978 nacque una lega per i diritti dell'uomo e la stampa iniziò una campagna a sostegno delle lotte operaie. Le elezioni del 1979 decretarono la sorprendente vittoria, a Cap Haïtien, del candidato dell'opposizione Alexandre Lerouge con il 90% dei voti. Tale exploit elettorale unito alla caduta di Carter e alla successiva elezione di Ronald Reagan alla presidenza degli USA influirono notevolmente sulla politica interna haitiana. Il processo di democratizzazione terminò bruscamente (nel dicembre 1980 vennero attuati massicci arresti nelle file dell'opposizione) e il presidente Duvalier rafforzò ulteriormente il proprio potere. Nel 1982 il presidente della DC, Sylvio Claude, ed altri 21 compagni di partito, rei di aver espresso critiche contro il dilagante sistema di corruzione, furono condannati a 6 anni di carcere per "aver attentato alla sicurezza dello Stato" e per "insulti al presidente". La politica duvalieriana continuava dunque sulla linea del despotismo, mentre gli aiuti economici elargiti dal Fondo Monetario Internazionale e dall'amministrazione Reagan non erano in grado di risolvere la grave crisi economica del paese. Nel maggio dell'83 scoppiarono violenti disordini, in seguito all'aumento dei generi alimentari ed al taglio ai programmi di lavori pubblici. La sproporzione di forze tra i dimostranti e l'apparato repressivo, sostenuto ancora una volta quanto meno dall'inerzia dell'alleato americano, fece sì che la violenta ribellione si risolvesse come di consueto in arresti, ferimenti, "sparizione" di persone. Nei mesi successivi furono arrestati non solo leader sindacali e politici, ma anche esponenti della stampa. Nel febbraio dell'86 Duvalier fuggì e dopo la caduta della trentennale dittatura della famiglia Duvalier, H. iniziava un lento tentativo di ritorno alla normalità. Il potere veniva preso in mano da una giunta militare diretta dal generale Henri Namphy; nel maggio del 1987 un referendum approvava una nuova costituzione di tipo presidenziale e la data delle elezioni veniva stabilita per il 29 novembre successivo. La campagna elettorale dimostrava subito la difficoltà del progetto elettorale: le forze del centro, che avrebbero dovuto e potuto attirare il consenso anche della casta dominante provocando "un patto sociale", non riuscivano ad agglutinarsi, per cui sorgevano diversi partiti con ben 22 candidati alla presidenza. Ma la mancanza di un pur minimo accordo politico tra i militari, che avrebbero dovuto gestire la transizione, ed i partiti in lizza finiva per avere un esito drammatico. All'avvicinarsi della scadenza elettorale la violenza, scatenata dalle vecchie guardie della dittatura non veniva arginata dall'esercito; i comitati dei cittadini, che si erano coalizzati per permettere il processo elettorale, non riuscivano ad avere la meglio, cosicché la giornata elettorale finiva in un bagno di sangue e le elezioni venivano annullate. Nel frattempo il generale Namphy continuava a esercitare il potere reprimendo ogni manifestazione di protesta. Dopo due colpi di Stato, nel 1988 otteneva il mandato presidenziale il generale Prosper Avril che, dichiarata valida la Costituzione del 1987 e indette nuove libere elezioni, non accontentava però le forze di opposizione che ritenevano troppo lento il processo di democratizzazione. Le proteste popolari e la pressione internazionale spingevano nel 1990 il generale Avril a dimettersi. Alla fine del 1990 veniva eletto presidente Jean-Bertrand Aristide, portavoce degli strati più miseri della popolazione haitiana, che avviava un programma di politica sociale basato sull'istruzione e sul rilancio dell'agricoltura. Ma un nuovo colpo di Stato nel 1991 costringeva Aristide alla fuga. In quest'occasione veniva costituita una giunta al comando del generale Raoul Cedras. Il colpo di Stato suscitava l'immediata reazione della popolazione, che vedeva svanire il primo tentativo di governo democratico dopo trent'anni di dittatura. Gli scontri tra militari e popolazione provocavano morti e feriti. In seguito a questi eventi, Francia e Stati Uniti decidevano di iniziare l'embargo totale nei confronti di H. Veniva inoltre inviata una forza di pace americana incaricata di contribuire al ripristino della democrazia. Nell'ottobre del 1993 scattava un'operazione militare, sostenuta dall'ONU, per cercare di destabilizzare la giunta militare al potere. Scoppiava sull'isola una rivolta popolare che impediva lo sbarco del contingente americano. Nel giugno 1994 H. rimaneva completamente isolata, in quanto venivano sospesi anche tutti i collegamenti aerei. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU concedeva l'autorizzazione all'intervento armato per riportare la democrazia nel Paese; la giunta haitiana presentava le dimissioni. Aristide rientrava ad H. e designava alla carica di primo ministro Smarck Michel. Alle elezioni presidenziali del 1996 venne eletto René Préval, candidato del partito di Aristide. L'instabilità seguitò comunque a caratterizzare la vita politica del Paese e la figura di Aristide continuò ad acquisire un prestigio sempre maggiore. Ciò trovò conferma nelle elezioni presidenziali svoltesi nel novembre del 2000 che, tra percentuali di astensionismo intorno all'80%, spogli dei voti durati circa due mesi e critiche da parte della comunità internazionale, regalarono una schiacciante vittoria ad Aristide facilitata anche dal fatto che l'opposizione come forma di protesta contro la maggioranza di Governo, non presentò alcun candidato. Nel biennio successivo si registrarono violente repressioni delle forze governative contro le frequenti manifestazioni organizzate dall'opposizione, fino ad arrivare, nel febbraio 2004, alla guerra civile, con la conquista di alcune città da parte dei ribelli del Fronte di resistenza dell'Arbonite. Di fronte all'avanzata dei ribelli e al venir meno dell'appoggio degli Stati Uniti e della Francia, Aristide fu costretto a dimettersi e a fuggire dal Paese. Dopo la fuga di Aristide, Boniface Alexandre, presidente della Corte Suprema, fu nominato presidente, con l'appoggio di Stati Uniti, Canada e Francia, mentre alla guida del nuovo governo veniva nominato Gerard Latortue. Nel febbraio 2006 si svolgevano finalmente le elezioni presidenziali, vinte da René Préval con il 51,15% dei voti. Nel gennaio del 2010 un violento terremoto colpiva l'entroterra di H. in prossimità della capitale Port-au-Prince distruggendo la maggior parte degli edifici e causando più di centomila vittime. Molti edifici della capitale, compresi i quattro ospedali cittadini, il Palazzo presidenziale e la sede del parlamento, la cattedrale, il quartiere generale della missione ONU andarono distrutti o furono gravemente danneggiati. La situazione si aggravò ulteriormente in seguito a una epidemia di colera che si diffuse tra la popolazione haitiana causando ulteriori vittime. Nel marzo del 2011 il musicista Michel Martelly, noto come Sweet Micky, vinceva il ballottaggio delle elezioni presidenziali, sconfiggendo l'ex first lady Mirlande Manigat.