Architetto e teorico dell'architettura tedesco. Assistente di Behrens dal 1907
al 1910, in quell'anno iniziò a lavorare autonomamente, ottenendo ampi
riconoscimenti. Dopo la fine della prima guerra mondiale, venne invitato ad
assumere la direzione di due importanti istituti di architettura di Weimar, che
vennero successivamente fusi in un'unica sede: la Staatliches Bauhaus.
L'impostazione data da
G. alla sua scuola si evidenziò subito per
modernità e serietà di prospettive, che intendevano coinvolgere la
situazione dell'insegnamento e dell'arte nell'ambito più vasto delle
funzioni sociali. Alla Bauhaus vennero invitati, con incarichi di insegnamento,
gli artisti e gli operatori culturali più notevoli della cultura tedesca
di quel momento, tra i quali Kandinskij, Breuer, Moholy-Nagy, Van Doesburg
Mondrian, Piscator. Nel 1925 a seguito di contrasti con il Governo regionale
della Turingia, la Bauhaus dovette essere trasferita a Dessau e nel 1929
G. decise di dimettersi dalla direzione per dedicarsi alla libera
professione. Nel 1934, perseguitato dal Governo nazista, fu costretto a
rifugiarsi in Gran Bretagna, dove rimase fino al 1937, lavorando in stretta
collaborazione con l'architetto Fry. Successivamente venne chiamato negli Stati
Uniti, dove insegnò all'Harvard University fino al 1953. In America
riprese la sua collaborazione con Breuer, dedicandosi soprattutto all'ipotesi di
realizzazione della grande abitazione collettiva, e contemporaneamente alla
ricerca di un metodo per l'educazione all'arte. Per valutare obiettivamente
l'opera e la figura di
G., e per comprendere l'immensa influenza che ebbe
sull'evoluzione dell'arte e della progettazione architettonica e industriale nel
nostro secolo, occorre prendere in esame la sua produzione di architetto non
separandola dalla sua attività didattica. Rifiutando ogni ipotesi
idealistica della creazione artistica
G. negò che l'artista possa
agire in nome di sensazioni o di idee astratte, poiché i valori e le
ragioni di esistere dell'arte, nell'attuale società, vanno ricercate
nella sua utilità o "funzionalità": un oggetto d'arte è
valido non in quanto tale, ma in quanto si offre come metodo di costruzione, e
come chiave di comprensione della sua funzione. Per
G., soltanto mediante
un'indagine razionale della realtà è possibile dare una risposta
ai problemi dell'esistenza. Essendo la nostra l'epoca della meccanizzazione,
l'arte deve offrire all'uomo la possibilità di non perdere la coscienza
del proprio lavoro. Il significato e la validità del lavoro artigianale
devono essere recuperati. Per il grande architetto, dunque, il vero problema era
quello di "... evitare la schiavitù dell'uomo da parte della macchina.
Ciò significa progettare prodotti ed edifici specificatamente studiati
per la produzione industriale.... Ciò spiega perché ci
concentrammo sulla progettazione di prodotti tecnici e sulla organica catena dei
loro processi di fabbricazione" (dalle note relative alla nascita del Bauhaus,
1919). Per realizzare queste intenzioni,
G., partendo dall'analisi
razionale dei bisogni sociali, ricercò la forma funzionale e il
più possibile priva di spreco (concetto della forma
standard)
adatta a soddisfarli. Il fine di tale impegno è la formulazione di una
oggettività assoluta che nasca dalla reciproca rispondenza tra i bisogni
e le esigenze, e l'efficienza degli oggetti creati a soddisfarli. L'arte deve
essere anche un modo per far capire all'uomo il tipo di organizzazione da lui
impresso alla natura. Non è un dono innato, ma metodo per costruire. Un
metodo che a tutti è dato di imparare attraverso lo studio e
l'applicazione. È razionale ed internazionale. Va quindi ricordata
l'organizzazione data alla scuola, tutta basata sulla sperimentazione e
sull'apprendimento delle tecniche più svariate nella lavorazione dei
materiali: dalla tessitura all'ebanisteria, dalla ceramica agli esperimenti
sulla natura del colore, all'uso delle tecniche più avanzate di
progettazione e di produzione. Il clima di internazionalismo e di fecondo
scambio, che si era venuto a creare intorno a
G., per l'intervento di
personalità notevolissime, venne spazzato via con il nazionalismo nazista
e
G. fu costretto all'esilio. Anche dopo questa esperienza la sua
architettura rimase fedele e coerente ai principi, tentando di risolvere i
problemi della casa minima, che deve assolvere in modo massimamente funzionale
ai problemi dell'uomo moderno. Le sue architetture, fatte di materiali e
prodotti in serie, si basano sulla composizione di piani semplici, di superfici
che delimitano volumi variamente incastrati. Alcune facciate delle realizzazioni
di
G. ricordano il neoplasticismo di Mondrian, ma hanno indubbiamente
molti elementi in comune con il Cubismo, al quale l'architetto aderì,
nelle sue formulazioni teoriche, nell'intento di fare dell'arte un discorso in
termini scientifici ed oggettivi. Tra gli scritti più importanti di
G. ricordiamo:
Concetto e costituzione della Bauhaus di Weimar
(1923);
Gli edifici della Bauhaus a Dessau (1928);
Architettura e
disegno nell'età della scienza (1952) (Berlino 1883 - Cambridge,
Massachusetts 1969).