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Green, Thomas Hill.

Filosofo inglese. Professore dal 1860 di Filosofia morale al Ballion College, considerava l'educazione come la più importante funzione sociale e si occupò per tutta la vita del miglioramento dell'istruzione secondaria. Fondatore dell'Idealismo inglese del XIX sec., conoscitore profondo della filosofia tedesca, subì l'influenza, oltre che di Kant, di Fichte e di Hegel. Da Kant derivò l'impostazione fondamentale della sua concezione secondo cui ciò che noi definiamo natura e realtà altro non è che il risultato dell'attività della coscienza. Come Kant, egli considera la conoscenza l'attività unificatrice dell'io. Tuttavia, mentre per Kant esiste una realtà antecedente alla coscienza e perciò inconoscibile (noumeno), G. tende a risolvere tutta la realtà nella coscienza e a spiegare in questa ogni valore. Egli elimina quindi il dualismo kantiano fenomeno-noumeno e considera come unica antitesi quella di molteplicità-unità pur risolvendo anche questo dualismo: la natura molteplice in sé non ha realtà e acquista senso solo nell'unità. G. espresse la propria concezione in Prolegomena to Ethics, la sua opera principale pubblicata postuma nel 1883. Molto importante è il contributo dato da G. alla dottrina politica nell'ambito della revisione idealistica del liberalismo. Alla base della sua concezione idealistico-liberale esposta nelle Lezioni sui principi politici, raccolte e pubblicate postume (Lectures on the principles of political obligation, 1901), era un forte senso dell'ingiustizia morale di una società che negava alla grande maggioranza dei suoi membri i beni materiali e soprattutto spirituali che la sua cultura creava. Egli considerava la piena partecipazione alla vita della società il massimo dello sviluppo personale e indicava come fine della società liberale quello di creare la possibilità per tale partecipazione. Principio centrale dell'etica di G. è la reciprocità del rapporto tra l'individuo e la comunità sociale di cui egli fa parte, dato che "la persona è una persona sociale". L'argomento centrale in difesa della società liberale è che essa riconosce questo fondamentale impulso sociale della natura umana. Secondo G., ogni forma di coercizione dovrebb'essere ridotta al minimo per non diminuire la libertà morale degli individui; una società veramente liberale non può avere altro scopo che di dare a tutti gli uomini il diritto all'autodeterminazione morale e alla dignità morale. Una comunità morale è quella in cui l'individuo limita le sue istanze di libertà alla luce degli interessi sociali generali. L'elemento fondamentale liberale dell'etica di G. consiste nel suo rifiuto di considerare un bene sociale quello che richiede alle persone che vi partecipano soltanto sacrificio e abnegazione. Egli credeva possibile l'esistenza di un governo liberale solo là dove la legislazione e la politica pubblica fossero tenute sempre a rispondere a un'opinione pubblica moralmente sensibile. Tra le altre sue opere: Introduction to Hume's Treatise on Human Nature (1874) (Birkin 1836 - Oxford 1882).