Filosofo inglese. Professore dal 1860 di Filosofia morale al Ballion College,
considerava l'educazione come la più importante funzione sociale e si
occupò per tutta la vita del miglioramento dell'istruzione secondaria.
Fondatore dell'Idealismo inglese del XIX sec., conoscitore profondo della
filosofia tedesca, subì l'influenza, oltre che di Kant, di Fichte e di
Hegel. Da Kant derivò l'impostazione fondamentale della sua concezione
secondo cui ciò che noi definiamo natura e realtà altro non
è che il risultato dell'attività della coscienza. Come Kant, egli
considera la conoscenza l'attività unificatrice dell'io. Tuttavia, mentre
per Kant esiste una realtà antecedente alla coscienza e perciò
inconoscibile (
noumeno),
G. tende a risolvere tutta la
realtà nella coscienza e a spiegare in questa ogni valore. Egli elimina
quindi il dualismo kantiano fenomeno-noumeno e considera come unica antitesi
quella di molteplicità-unità pur risolvendo anche questo dualismo:
la natura molteplice in sé non ha realtà e acquista senso solo
nell'unità.
G. espresse la propria concezione in
Prolegomena to
Ethics, la sua opera principale pubblicata postuma nel 1883. Molto
importante è il contributo dato da
G. alla dottrina politica
nell'ambito della revisione idealistica del liberalismo. Alla base della sua
concezione idealistico-liberale esposta nelle
Lezioni sui principi
politici, raccolte e pubblicate postume (
Lectures on the principles of
political obligation, 1901), era un forte senso dell'ingiustizia morale di
una società che negava alla grande maggioranza dei suoi membri i beni
materiali e soprattutto spirituali che la sua cultura creava. Egli considerava
la piena partecipazione alla vita della società il massimo dello sviluppo
personale e indicava come fine della società liberale quello di creare la
possibilità per tale partecipazione. Principio centrale dell'etica di
G. è la reciprocità del rapporto tra l'individuo e la
comunità sociale di cui egli fa parte, dato che "la persona è una
persona sociale". L'argomento centrale in difesa della società liberale
è che essa riconosce questo fondamentale impulso sociale della natura
umana. Secondo
G., ogni forma di coercizione dovrebb'essere ridotta al
minimo per non diminuire la libertà morale degli individui; una
società veramente liberale non può avere altro scopo che di dare a
tutti gli uomini il diritto all'autodeterminazione morale e alla dignità
morale. Una comunità morale è quella in cui l'individuo limita le
sue istanze di libertà alla luce degli interessi sociali generali.
L'elemento fondamentale liberale dell'etica di
G. consiste nel suo
rifiuto di considerare un bene sociale quello che richiede alle persone che vi
partecipano soltanto sacrificio e abnegazione. Egli credeva possibile
l'esistenza di un governo liberale solo là dove la legislazione e la
politica pubblica fossero tenute sempre a rispondere a un'opinione pubblica
moralmente sensibile. Tra le altre sue opere:
Introduction to Hume's Treatise
on Human Nature (1874) (Birkin 1836 - Oxford 1882).